2020-01-13
Ugo Intini: «Craxi aveva ragione. Mani pulite ha lasciato solamente macerie»
L'ex dirigente del Psi: «I giudici sognavano di governare l'Italia Non ci sono riusciti, ma hanno distrutto tutto senza ricostruire».Onorevole Intini, ha visto il film di Gianni Amelio su Bettino Craxi?«L'ho anche presentato, a Roma». E che ne pensa? «Prima c'è un discorso più generale da fare sul senso di questo anniversario per la storia socialista». Lei è ancora un dirigente socialista?«Sono orgogliosamente socialista, nel partito di Bobo Craxi, ma non più da dirigente». Andrà ad Hammamet il 17 per la celebrazione del ventennale della morte di Craxi?«Naturalmente. Sono anche nel comitato promotore delle manifestazioni, e bisogna dire che è un merito di Stefania Craxi averne costituito uno, unitario, composto da tutte le diverse anime del nostro mondo, che di fatto ricompone la diaspora dei socialisti per questa occasione». Al contrario di quello che è accaduto in occasione del decennale. «Esatto». Cosa dirà ad Hammamet?«Io? Assolutamente nulla: ci vado per ascoltare e rendere omaggio, non per parlare». Perché?(Sorriso) «Non ambisco alla prima fila. Certo è che il film di Amelio, come la cerimonia, quest'anno segnano un dato politico». Quale? «Partiamo da Amelio. Non mi è piaciuta per nulla la parte che ricostruisce il congresso socialista dell'Ansaldo». Quello della famosa scenografia a piramide ideata da Filippo Panseca, l'architetto di Bettino. «Proprio quello. Quella parte del film è decisamente deludente». E cosa contesta? «Tutto. È una ricostruzione caricaturale e grottesca. Il partito non era così! Il congresso viene raffigurato come l'assemblea di un centinaio di persone... Come dire?». Ricorriamo alla formula di Rino Formica: «Nani e ballerine». «Ecco. È un falso perché c'erano migliaia di persone, di militanti, di professionisti e di lavoratori, fu un grande congresso di un partito di massa, radicato nella società». Sta stroncando il film? «Per nulla. Quello è solo l'antefatto. Ma la gran parte del film è girata ad Hammamet, addirittura nella casa di Bettino, ed è la ricostruzione di Craxi nell'esilio». E questa parte come la giudica? «Mi ha colpito moltissimo, anche sul piano emotivo». Spieghi meglio. «Quella che si racconta è stata una fase complicatissima della vita politica e della biografia di Craxi. È qui Amelio è riuscito in una operazione difficile e felicissima».Quale? «Il contesto durissimo, le difficoltà, gli umori, riflessioni e le invettive politiche di quel Craxi sono ricostruire con straordinaria fedeltà».Mi faccia un esempio. «Il Craxi di Hammamet era fisicamente, moralmente politicamente ed esattamente così». È il risultato di cui parlava collegando il ventennale al film? «È accaduto qualcosa di profondo nel senso comune italiano, che il film racconta per la prima volta e che il bel dibattito sul ventennale sta registrando». Cosa? «A sinistra, ormai, sostanzialmente tutti riconoscono che le grandi polarità dialettiche che avevamo posto con la segreteria di Bettino era giuste». A quali si riferisce? «Fra Filippo Turati e Antonio Gramsci aveva ragione Turati. Fra Pietro Nenni e Palmiro Togliatti aveva ragione Nenni. Fra Craxi ed Enrico Berlinguer aveva ragione Craxi». Ugo Intini, 68 anni. Nell'era di Bettino Craxi fu tutto: volto ufficiale, storico, teorico, penna, ghost writer, portabandiera e insieme animatore infaticabile del craxismo. Il suo rivale sulle colonne dell'Unità - l'allora giovane Michele Serra - lo ribattezzò, sarcasticamente, Ugo «Palmiro» Intini, per il tono martellante della sua campagna revisionistica sul comunismo. Il Craxi di Hammamet.«Era molto lucido, pessimista, addirittura cupo nella sua analisi». E lei cosa pensava? «Nei nostri dialoghi di allora io ero molto pessimista, ma meno di lui. E invece aveva ragione Bettino. Il suo ragionamento sulla politica decapitata a mezzo inchieste dalla magistratura era assolutamente fondato, e non dettato dallo sconforto per la drammatica situazione personale in cui si trovava».Siete stati uniti fino all'ultimo? «Al contrario, ci siamo riconciliati ad Hammamet dopo una rottura drammatica». Su cosa? «Sulla mia scelta di ricostruire un partito socialista e farlo presentare alle elezioni del 1996, credo». Crede?«Seppi che si era amareggiato. Ma in Tunisia non fece il minimo accenno e ci riconciliammo». Come si arriva ad Hammamet?«La prima Repubblica si chiude con l'Italia che raggiunge i grandi Paesi sviluppati dell'Occidente». E oggi? «Ha perso il 30% della sua forza produttiva, della sua ricchezza. E anche chi non conosce questo dato avverte il dramma del declino». Lei queste cose le ha scritte. «Ho con un saggio che si intitolava La privatizzazione della politica. Tutti i partiti d'Europa sono stati travolti da inchieste sul finanziamento della politica». In Inghilterra no. «Parlo dell'Europa continentale: è accaduto a Helmut Khol in Germania. È accaduto a destra e sinistra - in Francia, Spagna e Grecia». Lo dice per relativizzare le condanne di Mani pulite? «Lo dico per spiegare cosa è accaduto e alcune cose importanti che non si sanno». Sono curioso. «Esisteva un patto Ukusa che univa, in funzione anti europea, il mondo anglosassone. Un piano di intercettazioni sistematiche praticato in Occidente. E una centrale denominata Echelon con sede a Fort Meade negli Usa, che aveva sotto controllo le classi dirigenti...». E cosa si faceva con Echelon? «Si spiava». Con che obiettivo? «Semplice. Destabilizzare l'Europa e l'Italia: per colpirle». Una vendetta contro Sigonella, la ribellione di Craxi all'egemonia americana? «Sarebbe riduttivo dirlo. Volevano colpire tutti i governi». Europei? E perché? «Finita la minaccia comunista, dopo la caduta del Muro, ai padroni del patto Atlantico non sono serviti più i leader forti che avevano mal sopportato». Si rompe la solidarietà? «C'è anche molto altro: all'inizio del Novecento l'Europa aveva il 25% del Pil mondiale, oggi solo lo 0,5%. Aveva il 20% della popolazione mondiale, oggi meno del 10%». E poi? «C'è un'opinione pubblica nel mondo che vota la sinistra democratica e avverte tutto ciò». Ma la sinistra perde la sfida con le destre innervate dal turbopopulismo.«Sì. Ma governa tutte le grandi capitali del mondo: Parigi, Berlino, Madrid, Budapest Varsavia e persino Istambul, Londra. E mettiamoci pure Milano». Città contro campagne, centro contro periferie. «Anche in Gran Bretagna tutti i giovani hanno votato Jeremy Corbyn. Un leader che a tratti mi è sembrato molto radicale, ma mi ricorda il socialismo di sinistra di Riccardo Lombardi o Lelio Basso. Quindi la sinistra c'è».E in Italia?«Non abbiamo questo problema: l'Italia ne ha uno più grande, deve salvare la sua democrazia dalla catastrofe». Non è un po' esagerato? «Il Parlamento ha perso qualunque ruolo. Il disastro della classe dirigente è sotto gli occhi di tutti». E poi? «Chiunque governi cambia la legge elettorale sperando di vincere. Ridicolo».E poi? «I leader si consumano come le saponette». E Matteo Salvini? «È un fenomeno non diverso da quello di Donald Trump, anche se oserei dire che Trump cavalca qualcosa di molto più pericoloso». Cioè? «Salvini per guadagnare consensi fa la guerra agli immigrati. Trump all'Iran. Un rischio più grande».E la Libia? «Un problema intrattabile. Prima me la prendevo con gli americani, e i francesi che l'hanno destabilizzata. Silvio Berlusconi aveva visto giusto: la guerra a Muhammar Gheddafi è stata una follia».Perché? La Libia era un paese inventato dagli italiani ai tempi di “Tripoli/ bel suol d'amore", con la fusione di Cirenaica e Tripolitania. Con Giovanni Giolitti l'Italia ha cacciato i turchi dalla Libia. Oggi noi abbandoniamo la Libia e tornano i turchi. Buffo, no?». E come si può evitare? «L'Europa dovrebbe avere una politica unica almeno sul Mediterraneo. Persino i francesi faticano a capire che non conteranno più». E i socialisti italiani? «Penso che abbia ragione Emanuele Macaluso: il più saggio e il più vecchio nella sinistra italiana. I socialisti si sono divisi per effetto del bipolarismo. Se finisce il bipolarismo si uniranno». Contro cosa? «C'è il rischio di una democratura. C'è una evidente intromissione nella politica della magistratura». Odia i magistrati? «No, ma sono come i generali turchi. Una tecnocrazia burocratica che sognava di governare il Paese. E non ci sono riusciti». I generali o i magistrati? (Ride) «Entrambi. Possono distruggere ma non ricostruire». Sicuro? «Nel 1994 c'è stata una rivoluzione che aveva una straordinaria pars destruens ma non la costruens».Abbiamo fatto il giro del mondo e siamo tornati a Craxi. (Sorriso) «Le finte rivoluzioni distraggono senza costruire. E questa è, esattamente, la lezione di Hammamet».
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