2022-09-14
I guariti si ammalano per il vaccino. Rezza farfuglia: «Stiamo valutando»
Nel riquadro, Gianni Rezza (Imagoeconomica-IStock)
Nuovi studi. E a «Fuori dal coro» parla una coppia che ha superato il virus ma ora subisce gli effetti avversi delle fiale. Il tecnico: «Revisioneremo le indicazioni». Intanto però si fanno iniezioni a chi si era già infettato.Vaccinare i guariti? «È un punto sotto revisione», dice Gianni Rezza, direttore della Prevenzione al ministero della Salute. Speriamo che, mentre erano intenti a revisionare, i cervelloni del governo abbiano ascoltato la storia di Alessandra e Roberto, raccontata ieri sera, a Fuori dal coro, da Marianna Canè. Entrambi i coniugi avevano superato senza problemi l’infezione. Entrambi, costretti a vaccinarsi dalle norme ricattatorie messe in piedi dallo Stato, dopo la seconda dose, hanno iniziato a stare malissimo. «È come se camminassi sui carboni ardenti», singhiozza la donna ai microfoni di Rete 4. «Ho dolore al cuore», lamenta il marito. Alessandra, nonostante gli otto mesi e mezzo di tormentosi bruciori a tutti gli arti, sa ancora usare la logica meglio di chi l’ha obbligata a porgere il braccio: «Guarisci tranquillamente da una malattia e poi ti fai un vaccino per ammalarti?». Obiezione accolta. Dunque, in attesa che finisca di revisionare, visto che si occupa di prevenzione, Rezza ci illumini: si poteva prevenire il calvario di Alessandra e Roberto? E quello di chissà quanti altri come loro?«Ci sono delle novità rispetto a un anno fa, due anni fa», bofonchia, al telefono con Fuori dal coro, l’epidemiologo. C’è la ricerca di Altamedica, presentata al congresso della Società italiana di genetica umana, secondo cui chi ha già contratto il virus non ha bisogno del vaccino. Si può contagiare ancora - e che problema c’è? Capita anche ai vaccinati, anzi, in diverse fasce d’età capita più di frequente a questi ultimi - però non si può ammalare gravemente. «Questo come per ogni influenza stagionale», ricordava Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’istituto. «Nessun soggetto che ha superato l’infezione è mai finito in un reparto di rianimazione a causa del Covid». Nessuno. Giorlandino lo ha dichiarato una settimana fa. Non è stato smentito da Rezza, né dai suoi colleghi. D’altronde, è quello il tipo d’immunità che ci interessa, giusto? Allo scudo impenetrabile contro l’infezione ci abbiamo rinunciato da un pezzo, altrimenti avremmo dovuto infrangere il dogma vaccinale. Ci accontentiamo, perché se chi si becca il Sars-Cov-2 resta asintomatico, o deve solo mettersi a letto con qualche lineetta di febbre, gli ospedali saranno sufficientemente sgombri per curare chi soffre di altre patologie. Tanto basta. Ma siamo sicuri che di elementi per diverse valutazioni non ve ne fossero prima di settembre 2022? Ad esempio, allorché Mario Draghi blaterava che chi non si vaccina muore? E quando il suo governo, con la rapida escalation del green pass e l’obbligo vaccinale imposto a sanitari, forze dell’ordine e insegnanti, forzava pure i guariti a farsi inoculare il medicinale? A luglio 2021, per dire, The Lancet aveva pubblicato uno studio su oltre 627.000 individui, dal quale era emerso che «gli effetti collaterali sistemici erano più comuni (1,6 volte dopo la prima dose di Astrazeneca e 2,9 volte dopo la prima dose di Pfizer) tra gli individui con pregressa infezione da Sars-Cov-2, che non tra quelli senza alcuna passata infezione». Già allora, scienziati serissimi certificavano che, per chi era precedentemente uscito dal Covid, il vaccino rappresentava un pericolo più grosso che per quelli che non erano mai entrati in contatto con il coronavirus. È intuitivo: può determinarsi, come spiega a Rete 4 l’immunologo Riccardo Ortolani, un eccesso di risposta anticorpale. A tali evidenze, bisognerebbe aggiungere la mole di paper sui miracoli dell’immunità naturale. Citiamo - uno tra i tanti - l’articolo uscito quest’estate sul New England journal of medicine, basato sulle rilevazioni condotte in Qatar. L’esito? Rispetto al contagio, essere non vaccinati o vaccinati, se si è guariti, non fa nessuna differenza. Quanto alla malattia grave, vale l’argomento di Giorlandino: volete presentarci la legione di reinfettati che, la seconda volta, sono stati peggio della prima?All’Iss, in lungotevere Ripa e a Palazzo Chigi sarebbe stato sufficiente unire i puntini. E da un bel pezzo. La stima dei rischi e dei benefici dell’assunzione di un farmaco non è una fisima da complottisti; è una buona prassi della medicina. Dovrebbe essere uno dei principi guida di chi si fregia di seguire la scienza. Sono i vaccini un tanto al chilo, semmai, la policy irrazionale. Pensare di immunizzare chi ha già superato indenne una malattia significa, praticamente, infischiarsene di decenni, se non di secoli, di pratiche mediche efficaci. Adesso, garantisce finalmente Rezza, questo è «un punto sotto revisione». Sono emerse prove della cui esistenza, i nostri eruditi «competenti», non avrebbero potuto mai sospettare. Ma frattanto che i tecnici revisionano, l’esecutivo che combina? Comincia un’altra campagna di punturine, con i bivalenti anti Omicron. Premurandosi di specificare che, al netto della corsia preferenziale accordata a fragili, over 60, personale delle Rsa e puerpere, tutti gli italiani con più di 12 anni hanno facoltà di sottoporsi alla vaccinazione, anche se sono guariti, purché il loro test negativo risalga ad almeno quattro mesi fa. E se tra quelli - pochi, invero, a giudicare dalla partenza stentata dell’ennesima tornata di iniezioni - che correranno all’hub o in farmacia ci fossero altri Alessandra e Roberto? Cosa racconteremmo loro? Che si sono ammalati perché Rezza e compagni stavano ancora passando in rassegna le «novità»? Perché stavano «revisionando»? Anche in quel caso, come con Alessandra e Roberto, la risolveremmo con una pacca sulla spalla e l’eterno oblio?
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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