2024-09-17
Il Fauci boy si assolve: nessuna bugia. E scarica i flop su fede e fake news
Il genetista statunitense Francis Collins, ex capo dell'Istituto di sanità americano (Ansa)
Per l’ex capo del Nih, la sfiducia verso la scienza nata con la pandemia è frutto di disinformazione e qualche errore di comunicazione. Le autorità, però, non si spiegavano male, ma mentivano e censuravano il dissenso.Era l’8 ottobre del 2020, e alle 14.30 Francis S. Collins, attuale ex direttore del National Institutes of Health statunitense, era molto preoccupato. Aveva appena letto un appello che sarebbe diventato noto con il nome di Great Barrington Declaration e non poteva credere ai suoi occhi. Un folto gruppo di scienziati aveva firmato un testo di pesante contestazione delle restrizioni sanitarie, dipingendole di fatto come dannose, e in questa uscita godeva addirittura del supporto di nomi celeberrimi come il premio Nobel Mike Leavitt di Stanford. Francis Collins non poteva accettarlo: si trattava di una radicale messa in discussione delle politiche messe in campo fino a quel momento dallo zar del Covid, Anthony Fauci, con il suo supporto. Non c’era un attimo da perdere: Collins inviò una mail a Fauci chiedendo se fosse già pronto o in preparazione un articolo che smontasse l’appello degli scienziati critici (che sarebbero poi diventati 900). Occorreva, disse, una azione «veloce e devastante» per scardinare le premesse di quella contestazione. Fauci gli rispose dopo poco, spiegando che era stato pubblicato un pezzo su Wired. Un articolo che, per inciso, non smontava proprio nulla.Nemmeno troppo tempo dopo, il mondo intero si sarebbe reso conto del fatto che gli scienziati della Great Barrington non solo non erano «marginali» come Collins li definiva. Ma avevano pure ragione. Lui, intanto, il suo scopo lo aveva raggiunto: i critici furono attaccati e offesi, talvolta minacciati. Alcuni persero il posto, altri furono ferocemente perseguitati. Tutto per aver cercato quel che ogni uomo di scienza (e ogni uomo dotato di senno) dovrebbe cercare: il dialogo, il confronto. Oggi, a quattro anni esatti di distanza, Francis S. Collins ha il fegato di uscirsene con un libro intitolato The Road to Wisdom: On Truth, Science, Faith, and Trust (La strada verso la saggezza: su verità, scienza, fede e fiducia) di cui la prestigiosa rivista americana The Atlantic ha pubblicato un estratto. Collins si pone una domanda: «Perché affrontare un nemico comune (il Covid, ovviamente, ndr) non ci ha uniti?». E spiega: «Mentre dirigevo il National Institutes of Health durante la pandemia, ho capito che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nella nostra cultura». E che cosa sia questo «qualcosa» Collins provvede a spiegarlo con dovizia di dettagli. Prima di tutto, egli difende le restrizioni che ha così entusiasticamente sostenuto. «Oggi», scrive, «molti sostengono che queste misure nei primi mesi della pandemia siano state troppo draconiane. Alcuni affermano addirittura che abbiano fatto più male che bene. Ma un’analisi dettagliata del 2021 basata sulle prove dei risultati delle misure di «appiattimento della curva» in 41 paesi ha mostrato che la maggior parte di esse ha fornito benefici nel ridurre la trasmissione durante la prima ondata della pandemia. Tra le varie misure, la chiusura di scuole e università e la limitazione degli assembramenti a dieci persone o meno hanno avuto l’effetto più significativo. La chiusura di attività non essenziali che forniscono servizi alla persona (come palestre e parrucchieri) ha avuto un effetto moderato. Le chiusure mirate di attività faccia a faccia con un alto rischio di infezione, come ristoranti, bar e discoteche, hanno avuto un effetto da piccolo a moderato. L’aggiunta di un ordine di restare a casa ha fornito solo un piccolo beneficio aggiuntivo a queste altre misure. Questi sono i dati». Già queste frasi basterebbero a fare capire che l’impatto di quelle misure non fu poi così strabiliante. Collins però continua con qualche ammissione interessante: «C’erano dei compromessi; senza dubbio, anche queste misure di sanità pubblica hanno causato danni, in particolare nelle aree meno popolate, e questi hanno iniziato ad aumentare con il passare dei mesi». Di conseguenza, dice, «la fiducia del pubblico nel governo cominciò a venir meno». Ed eccoci al punto. Collins, quattro anni dopo i fatti, riflette sull’incrinatura (o la distruzione, fate voi) del rapporto di fiducia tra cittadini e autorità sanitarie. E prova a spiegarne le ragioni, ma lo fa con tesi abbastanza sorprendenti. Comincia infatti puntando il dito contro i credenti. «Le persone di fede sono state particolarmente colpite dalla disinformazione», sostiene. «I cristiani evangelici bianchi (il mio stesso gruppo) erano il gruppo demografico più resistente di tutti, preoccupati dalle voci secondo cui i vaccini contenevano chip di tracciamento o rappresentavano il marchio della bestia del Libro dell’Apocalisse. Anche l’appartenenza politica ha avuto un ruolo importante. Un recente studio trasversale in Ohio e Florida ha mostrato che il tasso di mortalità in quegli Stati era fortemente associato all’affiliazione a un partito politico. Dopo maggio 2021, quando i vaccini erano liberamente disponibili per tutti gli adulti, il tasso di mortalità degli elettori repubblicani era del 43% più alto di quello degli elettori democratici». Secondo Collins, «siamo in guai seri quando alcune persone credono che la loro fede imponga loro di diffidare della scienza, o quando altri credono che le alleanze politiche siano una fonte di saggezza migliore della verità, della fede o della scienza. Qualcosa di profondo nella nostra cultura non va. In molti aspetti del nostro discorso quotidiano, i legami tra verità, scienza, fede e fiducia sembrano essere stati spezzati». Molto suggestivo. Ma perché mai, secondo il luminare, questi credenti non si fidano più degli scienziati (e non sono i soli)? Collins, a questo punto, cerca di impostare un minimo di autocritica. «Prima di dare la colpa di tutto questo ad altre fonti di disinformazione», ragiona, «devo puntare il dito contro me stesso e contro gli altri miei colleghi; la nostra comunicazione non è sempre stata chiara o utile come avrebbe dovuto essere. Spesso abbiamo fatto un pessimo lavoro nello spiegare la natura emergente della nostra comprensione. Persone come me erano consapevoli di quanto fosse incerta la nostra immagine del virus in un dato giorno, ma non sempre lo abbiamo trasmesso nelle dichiarazioni pubbliche. In ogni pronunciamento su Cnn, Msnbc o Fox, abbiamo presentato ciò che pensavamo fosse vero in quel momento (...). Ma avremmo dovuto dire: “La raccomandazione di oggi è la migliore che possiamo fare in base alle prove attuali: le informazioni cambiano rapidamente e le raccomandazioni della prossima settimana potrebbero dover essere diverse”». Collins, all’apparenza, non si risparmia. «Ci sono molti esempi in cui la narrazione ha dovuto evolversi, ma ciò ha spesso sorpreso e frustrato il pubblico», scrive.Insomma, a suo parere i medici hanno sbagliato a comunicare. Le convinzioni religiose e la disinformazione hanno fatto il resto, contribuendo a creare enorme scetticismo verso la scienza. In realtà, le cose stanno in maniera piuttosto diversa. Come dimostrano alcuni studi (uno uscito di recente su Science) negli Stati Uniti gli elettori repubblicani sono più disponibili ad ascoltare le argomentazioni della parte politica avversa rispetto ai democratici, cosa che smentisce la presunta chiusura destrorsa vagheggiata da Collins. Soprattutto, però, è drammaticamente falso che gli scienziati abbiano sbagliato a comunicare. La verità è che hanno comunicato benissimo ciò che la politica imponeva loro di comunicare. Detto in altri termini: hanno mentito. Come fece lo stesso Collins con la Great Barrington Declaration, le autorità sanitarie hanno impedito il dibattito, trascurato i dati scomodi, nascosto la vera origine del virus. Sono stati volutamente impermeabili alle critiche e hanno agito in malafede. Il punto non è che non si siano fatti capire, ma che avevano torto e hanno preteso di avere ragione. E più oggi insistono a negare l’evidenza, più la sfiducia della popolazione cresce. Su una cosa Collins ha solo in parte ragione: in effetti esiste un problema con la fede. Ma non con la fede cristiana, bensì con la scienza trasformata in religione. Un culto che i medici come lui continuano impunemente a praticare, poiché ha donato loro fama e ricchezza.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.