2024-06-17
Così provarono a far cadere il governo
Oscar Luigi Scalfaro (Ansa)
A 12 anni dalla morte di Oscar Luigi Scalfaro e a 12 mesi da quella di Silvio Berlusconi, Camillo Ruini rivela che l’ex presidente della Repubblica chiese aiuto per schiantare Silvio. «Per la Cei il capo di Fi non era eversivo». Se l’arbitro gioca la partita... a maggior ragione serve il premierato. Ci sono molte buone ragioni per ritenere che l’elezione diretta del presidente del Consiglio potrebbe risolvere il trasformismo di cui da sempre il nostro Paese è vittima. Consentire agli italiani di scegliere da chi farsi governare, senza lasciare che a deciderlo sia il capo dello Stato o i partiti, impedirebbe i ribaltoni e pure i governi tecnici, che negli ultimi decenni sono diventati una costante della nostra vita politica. I motivi per cui riteniamo che il premiarato sia la cosa giusta da fare li abbiamo più volte elencati, portando anche ad esempio il parere di Indro Montanelli, da sempre critico verso una Costituzione che non assegna alcun potere al capo del governo per consentire al Parlamento di tenerlo meglio in pugno. Ma oltre al fondatore de il Giornale, a sostenere l’elezione diretta del premier e il potere di nomina e revoca dei ministri, togliendolo al presidente della Repubblica, fino a qualche tempo fa c’era la sinistra, la stessa che oggi sostiene che la riforma del centrodestra sarebbe una specie di colpo di Stato. Nel 1994 il premierato era una delle proposte cardine di Achille Occhetto, che la infilò nel suo programma, senza preoccuparsi troppo di togliere poteri all’inquilino del Quirinale, cosa che oggi il Pd rappresenta come una sorta di attentato alla democrazia. Perché quello che andava bene prima non va bene oggi è evidente: ai compagni non preme la governabilità dell’Italia, la stabilità degli esecutivi, ma solo la cacciata di Giorgia Meloni. Dunque, l’elezione diretta del presidente del Consiglio è ritenuta una pericolosa minaccia: non per il Paese, ma per la nomenclatura di sinistra che vedrebbe sfumare la possibilità di organizzare le solite trappole per poter ribaltare il voto degli italiani.Di come lavorino di concerto i progressisti e, ahinoi, anche le alte cariche istituzionali ne abbiamo avuto riprova ieri, grazie all’intervista concessa dall’ex presidente della Cei Camillo Ruini al Corriere della Sera. L’alto prelato, che è stato protagonista di una stagione storica durante il papato di Karol Woytila, oltre a descrivere la famosa battaglia contro il referendum per abolire le norme sulla fecondazione assistita, ha ricordato i suoi rapporti con Silvio Berlusconi e soprattutto, cosa assai più importante, quelli con Oscar Luigi Scalfaro. Dovete sapere che il nono presidente della Repubblica aveva fama di essere uomo assai devoto, tanto da essere soprannominato il campanaro. Proprio per questo noi immaginavamo una frequentazione continua con i rappresentanti vaticani. E Ruini nel suo racconto conferma, ricordando di quando, subito dopo la vittoria del Cavaliere alle elezioni di trent’anni fa, l’allora presidente della Repubblica gli chiese di aiutarlo a far cadere Berlusconi, cosa che per la verità poi accadde a dicembre, con l’uscita di Bossi dalla maggioranza, un addio incentivato proprio dallo stesso Scalfaro, che al capo della Lega garantì che non avrebbe sciolto le Camere, come poi effettivamente evitò di fare. Perché è importante la rivelazione del cardinale? Perché conferma ciò che abbiamo sempre sospettato e raccontato. Il capo dello Stato, colui che dovrebbe garantire il rispetto della Costituzione e del popolo sovrano, nel 1994 lavorò per sovvertire il voto degli italiani e far cadere Berlusconi. Fosse ancora vivo il campanaro, le forze politiche dovrebbero chiederne l’incriminazione per attentato agli organi costituzionali, perché tra i compiti del presidente non c’è quello di rovesciare la volontà degli elettori. Siccome Scalfaro è morto da tempo, il pericolo di vederlo in Tribunale non si corre. Tuttavia, il racconto dell’ex presidente della Cei è ugualmente importante, perché spiega meglio di tante chiacchiere quanto sia urgente istituire l’elezione diretta del premier e fare in modo che il suo incarico sia legato alla durata della legislatura. Garantendo la “vita” politica del presidente del Consiglio si garantisce il rispetto della volontà popolare, impedendo ribaltoni, governi tecnici e, soprattutto, le manovre di cospiratori e dei presidenti della Repubblica. Con la nomina diretta, la democrazia sarebbe garantita e compiuta. Ruini, con poche parole, non solo ha spazzato via le preoccupazioni dei suoi colleghi vescovi (leggi monsignor Matteo Zuppi, il quale appare più interessato a quel che accade alla Camera che di ciò che succede dentro la Chiesa), ma ha fornito agli italiani la miglior ragione per sostenere l’elezione diretta del premier. Con una simile riforma, in futuro a nessun Oscar Luigi Scalfaro e a nessun altro capo dello Stato sarà mai più possibile complottare contro un governo legittimamente eletto.
Il caffè di ricerca e qualità è diventato di gran moda. E talvolta suscita fanatismi in cui il comune mortale si imbatte suo malgrado. Ascoltare per credere.