
Il Führer considerava gli arabi razzialmente inferiori e disprezzava la «guerra santa». Poi un colloquio tra il Gran Mufti di Gerusalemme e il gerarca Rosenberg portò a una alleanza strategica contro i nemici comuni: le potenze coloniali e gli ebrei.«I nemici dei miei nemici sono amici miei». È una strategia un po’ rozza, ma bisogna riconoscere che ha una ferrea logica. La Francia e la Gran Bretagna sono state potenze coloniali. Hanno portato qualche interessante dono, l’alfabeto latino, il concetto di asepsi e un paio di altre cose, ma hanno anche portato disprezzo, dolore, morte, schiavizzazione, sfruttamento. Molti colonizzati hanno pertanto amato Hitler, il nemico dei loro colonizzatori. Con la prima guerra mondiale crolla l’Impero Ottomano e il Medio Oriente diventa un protettorato inglese. Per le persone di religione islamica fu una catastrofe. Si trovavano sotto il comando di infedeli. Il crollo dell’Impero Ottomano, il fatto che non ci fosse più nel mondo una superpotenza islamica, dimostrava la sconfitta dell’Islam. In Palestina, landa fatta di sassi, scorpioni, paludi malariche e deserto, i latifondisti avevano venduto a carissimo prezzo le terre ai sionisti, che le avevano rese coltivabili. Sotto l’Impero ottomano i sionisti, ebrei, erano stranieri che compravano terre, terre che però sarebbero comunque appartenute all’Impero ottomano, cioè a uno Stato islamico. Avevano lo statuto di dhimmi, termine con cui si indica un infedele cui, in cambio di sottomissione e del pagamento di un tributo, è concessa «protezione». Dhimmi vuol dire anche che in qualsiasi momento le terre vendute avrebbero potute essere espropriate e loro cacciati, esattamente come è successo con i 900.000 ebrei espulsi da un giorno all’altro, dopo averne incamerato i beni, dai Paesi islamici nel 199: si trattava di popolazioni che vivano in quelle terre da più di un millennio, in molti casi dalla Diaspora, da molto prima quindi dell’arrivo degli arabi, che vengono dall’Arabia, e ovunque si trovino al di fuori dell’Arabia ci sono arrivati con la guerra e la violenza. Queste popolazioni sono state espulse senza il minimo problema etico e giuridico in quanto dhimmi: l’esistenza dello Stato di Israele, ebrei armati, ha tolto a tutti gli ebrei lo stato di dhimmi trasformandoli in nemici. Se l’Impero ottomano è rimpiazzato dagli inglesi, l’espulsione non è più possibile, le terre vendute diventano veramente vendute, vendute per sempre. La spartizione fu decisa nel 1916 con l’accordo Sykes-Picot. Ci fu poi un ininterrotto stillicidio di violenze, per cui il 2 novembre 1917 il governo britannico per voce del suo ministro degli Esteri Balfour si impegnò a sostenere la costituzione di un «focolare nazionale» ebraico in Palestina. Nell’islam se una terra è appartenuta all’islam, deve essere islamica per sempre, è blasfemia che non sia più islamica. Dopo questa concessione però non ci fu nessuna benevolenza da parte dell’Impero britannico, che continuò a centellinare nuovi accessi. Le navi di ebrei venivano rimandate indietro. Le parole «focolaio nazionale» sono molto vaghe. In un memorandum del 1° luglio 1922, Churchill chiarì che il Regno Unito non intendeva permettere che la Palestina diventasse «tanto ebraica quanto l’Inghilterra è inglese». Sarebbe stata consentita un’ulteriore immigrazione, ma solo in misura compatibile con le esigenze dell’economia. Inoltre, la Transgiordania fu separata dalla Palestina e l’immigrazione ebraica in Transgiordania fu proibita. Iniziò così una spirale di estorsioni arabe. Dopo ogni scoppio di violenza, veniva istituita una commissione d’inchiesta britannica per identificarne le cause, e ogni rapporto finale avrebbe stabilito che gli arabi avevano paura di essere cacciati dagli ebrei. Per ridurre i disordini, le commissioni raccomandavano sempre lo stesso rimedio, in dosaggi variabili: porre limiti all’immigrazione ebraica. Il Gran Mufti di Gerusalemme Amin el-Husseini, guidò le azioni di guerriglia, veri e propri pogrom, dal 1929 in poi. Nel momento in cui Adolf Hitler comparve sulla scena, inevitabilmente attirò le speranze islamiche da un lato dei palestinesi, dall’altro degli involontari sudditi degli imperi coloniali francese e britannico. Era nemico dell’Impero britannico e della Francia, ed era nemico degli ebrei. Ha ricostruito tutta questa oscura parte della storia il libro Nazi Palestine, the plans for extermination of the Jews in Palestine, di Klaus Michael Mallmann e Martin Cuppers. I campi di concentramento non sono stati fatti in un giorno. All’inizio ci fu un allontanamento dalle cariche pubbliche, il divieto di matrimoni misti, e ovvi progetti di espulsione. Alla Conferenza di Evian del 1938 tutte le nazioni con l’esclusione dell’Honduras rifiutarono di accogliere gli ebrei tedeschi, sia perché non avevano capito che rischiavano la vita, sia per non destabilizzarsi accogliendo minoranze. La Gran Bretagna vietò che andassero in Palestina per evitare altri disordini. Il Mein Kampf conteneva un passaggio violentemente anti arabo, in un primo tempo Hitler aveva rifiutato con disprezzo la «guerra santa» dei musulmani, che aveva bollato come inferiori razzialmente. Una serie di colloqui del Gran Mufti con il gerarca nazista Alfred Rosenberg portò invece ad una alleanza strategica. Le righe del Mein Kampf furono emendate nelle versioni per il mondo arabo e ci fu una arianizzazione degli arabi, che furono dichiarati non semiti. L’odio condiviso per gli ebrei creò una convergenza crescente che portò a un cambiamento epocale nella politica estera tedesca, che alla fine degli anni Trenta spostò il suo focus dal cercare di accelerare l’emigrazione ebraica al fornire sostegno diretto ai nazionalisti arabi. Nel momento in cui Hitler salì al potere è evidente e ovvio che divenne la speranza di chi voleva distruggere quell’embrione di nazione che sarebbe diventata Israele. Nel 1941 la Germania nazista sembrava invincibile. Nel Nord Africa la sua vittoria sembrava certa. Con l’invasione dell’Egitto alle porte, molti nazionalisti arabi che cercavano di eliminare la presenza britannica e francese nel Nord Africa e nel Vicino Oriente si rivolsero a un leader, il Gran Mufti di Gerusalemme, Haj Amin el-Husseini, come guida. Il Mufti visitò le capitali dell’Asse e ebbe diversi incontri con Adolf Hitler. La Germania nazista non solo promise di porre fine alla «presenza coloniale» europea che aveva sostituito l’Impero ottomano, ma si impegnò anche a spazzare via gli ebrei che vivevano in Palestina da tempo immemorabile, così come i nuovi arrivati con il movimento sionista moderno nel XIX secolo e in seguito alla Dichiarazione Balfour del 1917. Il processo di sterminio stava per essere attivato e gli ufficiali delle Ss e dell’Sd (Sicherheitsdienst Servizio di Sicurezza) erano stati selezionati e assegnati al compito. Dovevano operare dietro le linee con l’aiuto di coloro che nella regione erano ansiosi di unirsi alla task force. Quando l’Afrika Korps fu sconfitto a El Alamein, l’Einsatzkommando (nome dato a squadre della morte mobili come quelle che agirono in Ucraina) spostò le sue operazioni in Tunisia, dove per molti mesi attuò crudeli politiche antiebraiche. Fu uno specifico programma di sterminio regionale nel contesto dell’Olocausto, di cui resta traccia negli statuti di Hamas e Al Fatah, che prevedono al primo articolo la distruzione dello Stato di Israele. L’articolo 7 di Hamas afferma che saranno assassinati gli ebrei ovunque si trovino nel mondo. Questo è un programma genocidario.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.





