2021-02-01
Cosa può mai venire di buono da Bruxelles? Ecco a voi il cavoletto
Selezionato in Belgio otto secoli fa e oggi coltivato anche in Italia, il piccolo germoglio vitaminico è il contorno ideale per ogni secondo.Li chiamiamo cavolini di Bruxelles, ma si chiamano anche cavoletti e cavolotti di Bruxelles e, a questo punto, proponiamo di aggiungere anche cavolucci e cavolelli al novero dei vezzeggiativi e dei diminutivi che li definiscono riferendosi alla minutezza che li contraddistingue, decisamente atipica in rapporto alla canonica misura maxi degli altri esponenti della grande famiglia dei cavoli (e broccoli), cioè le Crucifere o Brassicacee. Famiglia che oggi comprende oltre 3.500 specie e vanta una tradizione e un apprezzamento ben radicati nel tempo: gli antichi romani, oltre ad andare ghiotti delle Crucifere allora esistenti, usavano, per esempio, le foglie del cavolo cappuccio - che Catone il Vecchio nel De re rustica definì «superiore a qualsiasi altro ortaggio» - per bendare le ferite di guerra, sfruttando la proprietà antibatterica della pianta. Nei secoli successivi, i cavoli sono stati un grande alleato dell'alimentazione popolare: colture forti che resistono al freddo meglio di altre, invise ai ricchi per l'odore sulfureo, fornivano nutrienti che le classi meno abbienti non potevano recuperare in altro modo (innanzitutto il micronutriente vitamina C).Se cavoli e broccoli sono palle, infatti si chiamano anche teste, i cavolini di Bruxelles sono, come dire, palline. Il record di peso di un cavolo è stato raggiunto nel 2012: ben 63 chili. Un cavolino di Bruxelles arriva a pesare circa un terzo di un millesimo di quel super cavolo, perché, con circa 30 millimetri di diametro, più o meno un cavolino di Bruxelles pesa 20 grammi. I cavolini di Bruxelles dimostrano che Bruxelles, sede delle principali istituzioni dell'Unione europea che spesso deliberano in maniera decisamente insalubre per noi italiani, ha fatto anche qualcosa di buono. I cavolini di Bruxelles, infatti, si chiamano così perché nel Tredicesimo secolo sono stati selezionati nelle campagne circostanti la capitale belga, da lì si sono poi diffusi nel resto dei paesi circostanti. La prima attestazione scritta dell'esistenza di questa varietà si trova nei libri del medico e botanico olandese Remberto Dodoneo del Sedicesimo secolo. Solo dopo li si battezzò col nome che hanno oggi, uno dei pochi nomi di alimenti con incluso il toponimo di provenienza, come il peperoncino di Cayenna, il puzzone di Moena o il cacio marcetto di Castel del Monte. I cavolini di Bruxelles sono così piccoli perché sono i germogli ascellari della pianta. Il nome botanico della quale è Brassica oleracea bullata var. gemmifera, varietà della Brassica oleracea, e i germogli si raccolgono quando hanno 3 centimetri di diametro. Hanno forma globulare e sono costituiti da strati e strati di foglioline «embricate» cioè sovrapposte. I nostri piccoli amici mal sopportano il caldo eccessivo e crescono bene nei climi freddi, ma non in quelli estremamente freddi, perciò il loro habitat ideale è quello del centro-nord Europa. Se coltivati in luoghi più freddi bisogna optare per la serra, se in luoghi più caldi per l'ombreggiatura, onde mitigare la calura. Si seminano nei mesi da maggio ad agosto e si raccolgono per tutto l'autunno e parte dell'inverno. Per apprezzarli di campo, gennaio è l'ultima occasione. Tuttavia, probabilmente nessuno di noi ha mai mangiato cavolini di Bruxelles di campo, perché quelli che troviamo al supermercato sono solitamente importati dall'Olanda e di serra, infatti li troviamo tutto l'anno.Va però detto che possiamo incappare in cavolini di Bruxelles… di Italia, perché, per quanto non tantissimi, li coltiviamo anche noi (nel 2020 abbiamo prodotto 55.164 quintali di cavolini di Bruxelles in pieno campo, impiegando 259 ettari, dati Istat). Le varietà più diffuse in Nord Europa sono Fest und Viel, Hilds Ideal, Wilhelmsburger e Cavalier, quelle più in uso in Italia Mezzo nano, Perfection, Westlandia e Anagor. Facciamoci caso quindi facendo la spesa: se li troviamo italiani, preferiamoli senz'altro a quelli di altra provenienza. I cavolini di Bruxelles sono molto simili al cavolo cappuccio, che sembrano replicare in forma bonsai. Se loro sono piccoli, la pianta non lo è: ognuna ne produce tra i 30 e i 40, raggiungendo anche un metro di altezza, mentre le varietà nane arrivano a 60-70 centimetri e una di queste ultime si può anche coltivare in vaso sul balcone (se le si vogliono affiancare altre verdure, è bene optare per pomodoro, sedano, rosmarino e salvia). Rispetto agli altri cavoli e broccoli ben più grandi, i cavoletti di Bruxelles presentano il vantaggio di una veloce preparazione alla cottura: bisogna recidere mezzo centimetro della base e lavarli, poi sono pronti per la pentola. Si possono mangiare anche crudi, anche se di solito sono consumati cotti. Da crudi, però, mantengono intatti alcuni micronutrienti, in primo luogo la vitamina C. I cavolini, infatti, sono ricchi di acido ascorbico come tutta la famiglia delle Crucifere alla quale appartengono. Pensate che quando si iniziò a navigare abitualmente su lunga distanza dopo la scoperta dell'America, a un certo punto di questi lunghissimi andirivieni i marinai mostrarono sintomi di quello che poi avremmo chiamato scorbuto, ossia carenza grave di vitamina C, che porta non pochi problemi nervosi, gastrici e in generale organici e può condurre anche alla morte. Fu proprio grazie a scorte di arance e cavoli crudi stipati in stiva che si ovviò al problema.I cavolini di Bruxelles sono arrivati dopo, ma sono anch'essi una miniera di vitamina C. Nello specifico contengono 81 milligrammi di vitamina C ogni 100 grammi, un po' di più della dose giornaliera raccomandata (Rda): mangiarli crudi o cuocerli in pentola a pressione, al microonde e al vapore, anziché lessarli, può aiutare a preservare maggiormente la vitamina che rafforza il sistema immunitario perché combatte virus e batteri e aiuta a velocizzare la guarigione, se non si è riuscito a prevenirle, dalle malattie da raffreddamento (un grammo di vitamina C al giorno riduce la durata del raffreddore del 18% nei bambini e dell'8% negli adulti). Inoltre, svolge un'importante funzione antiossidante ed è fondamentale nella sintesi del collagene. A potenziare la funzione antiossidante del nostro piccolo cavolo contribuiscono anche la vitamina A, 220 microgrammi ogni 100 grammi che aumentano la resistenza alle infezioni e, combattendo i radicali liberi, proteggono la vista favorendo la visione notturna, la pelle dai danni solari e dall'invecchiamento, l'organismo dall'inquinamento e anche, pare, dal cancro alla prostata. Antitumorali sono anche altri micronutrienti del nostro cavoletto, come i glucosinolati. Sono composti glucosidici che contengono zolfo. La loro degradazione enzimatica dà origine a una complessa miscela di composti tra i quali gli isotiocianati e loro derivati. Un etto di cavolini contiene poi 85,7 grammi di acqua, 4,2 di proteine, 4,2 di carboidrati e ben 5 di fibra alimentare. Anche la fibra, che svolge una funzione meccanica di stimolazione della peristalsi intestinale contrastando un'eventuale stipsi o anche un «semplice» intestino pigro, è considerata un fattore protettivo dal tumore al colon. La fibra, insieme poi con l'acqua ancor di più, garantisce un elevato potere saziante e perciò i cavolini sono il contorno ideale di carni, formaggi, pesci, in generale di un secondo piatto, ma sono anche un ottimo condimento per la pasta, della quale aumenta molto, più che raddoppiandolo, il contenuto di fibre (100 grammi di maccheroni ne hanno circa 3,2 grammi). Oltre a favorire lo sviluppo della flora intestinale (i batteri che la compongono hanno bisogno di fibre solubili per produrre gli acidi grassi a catena corta che nutrono le cellule della mucosa), consumare fibre aiuta anche a diminuire i livelli di zucchero nel sangue.I nostri cavolelli aiutano il cuore: sono tra le più generose fonti vegetali di omega 3, che contrastano gli eccessi di colesterolo e trigliceridi. Anche il potassio, che contengono in altrettanto abbondante quantità, ben 450 milligrammi ogni etto (la Rda del potassio è di 2 grammi al giorno), aiuta a regolare la contrazione muscolare, compresa quella del cuore, a coordinare la trasmissione nervosa, a ridurre la ritenzione idrica, a prevenire e ridurre la pressione arteriosa anche perché attenua gli effetti di un eccesso di sodio, a ridurre il rischio di calcoli renali, a contrastare la fragilità ossea, a sentirsi più energici e a combattere ansia e insonnia. Per la presenza di vitamina K, che aiuta la coagulazione del sangue, i piccoli cavoli di Bruxelles vanno consumati con moderazione da chi assume anticoagulanti. Per quella dei goitrogeni, antinutrienti che possono interferire con l'assorbimento dello iodio, vanno consumati con altrettanta moderazione da chi soffre di patologie tiroidee. Infine per la presenza di purine devono essere consumati con cautela da chi soffre di iperuricemia o gotta. Quanto alle calorie, ne abbiamo soltanto 43.