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2021-04-17
Contro il primato tedesco delle dosi Parigi fa resistenza, Roma aspetta
Ursula von der Leyen (Ansa)
Ieri la cancelliera tedesca, Angela Merkel (66 anni), si è vaccinata con Astrazeneca. Il giorno prima, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (62 anni), ha invece ricevuto una dose di Biontech-Pfizer così come gli altri funzionari della Commissione cui vengono inviate delle fiale «dalle autorità belghe, non abbiamo la possibilità di scegliere», ha spiegato un portavoce.
Ma la vera geopolitica dei vaccini si gioca sul campo dei contratti. Negli ultimi giorni si sono fatte sempre più insistenti le voci da Bruxelles sul mancato rinnovo degli accordi tra l'Ue e Az e anche Johnson&Johnson (utilizzano la stessa piattaforma a vettore virale). Obiettivo: privilegiare case farmaceutiche più affidabili e prodotti meno controversi come Pfizer e Moderna. Tanto che la stessa Von der Leyen ha già annunciato l'arrivo di 50 milioni di dosi aggiuntive di Pfizer nel secondo trimestre e l'apertura di una trattativa con Biontech-Pfizer per un terzo contratto su 1,8 miliardi di dosi da qui al 2023 e per la produzione europea dei componenti essenziali. Non solo. L'ad di Pfizer, Albert Bourla, ha detto che le persone avranno «probabilmente» bisogno di una terza dose del vaccino contro il coronavirus entro 12 mesi dalle prime due. Quindi, i contratti nei prossimi mesi saranno ancora più ricchi considerando anche che il prezzo delle singole dosi dovrebbe aumentare da 15,5 a 19,5 euro.
La partita per consegnare le chiavi dei vaccini Ue alla Germania, via Biontech, non è però ancora chiusa. Lo dimostrano le dichiarazioni fatte in tv dal ministro francese dell'Industria, Agnès Pannier Runacher, che considera, sì, «fortemente probabile» che l'Ue non rinnovi il contratto con Az. Ma non parla di J&J. E soprattutto, si aspetta che «i vaccini di Novavax e Sanofi siano pronti nella seconda parte di quest'anno». Facendo così intendere che a Bruxelles si può anche dare la precedenza ai vaccini a mRna ma tra qualche mese non si potrà non considerare anche le new entry come appunto l'americana Novavax (in fase di rolling con l'Ema, potrebbe essere messo in commercio tra un mese e i negoziati con la Commissione sul contratto sono in corso) e il prodotto a mRna della francese Sanofi che è in dirittura d'arrivo con due nuovi vaccini: uno a base di proteine sviluppato con l'inglese Gsk e l'altro (basato su mRna) con l'americana Translate Bio. Senza dimenticare l'altro vaccino francese, Valneva, basato su una quarta tecnologia (conta su due stabilimenti produttivi, uno in Svezia e l'altro in Scozia) che ha riportato ottimi risultati preliminari nelle fasi 1 e 2 dei test clinici e si appresta a iniziare la fase 3 (test di massa) previa approvazione. Insomma, se i tedeschi puntano a diventare dominanti nella produzione post emergenza, i francesi non si accontenteranno di fare i subfornitori di Berlino. Dove, come abbiamo già scritto nei giorni scorsi, la partita sulla produzione futura dei vaccini va letta attraverso la lente della campagna elettorale tedesca che andrà avanti fino a settembre, quando la Merkel lascerà il comando. Campagna in cui si sta combattendo una guerra interna alla coalizione - non di governo, ma di federazione - tra Csu e Cdu, che ha in mano la gestione politica della sanità del partito Popolare al Parlamento Ue. Non a caso quello che la von der Leyen ha lasciato solo intuire, è stato espresso in maniera esplicita dall'eurodeputato della Cdu tedesca Peter Liese, medico e portavoce per la salute del Ppe: «La Commissione in futuro non comprerà più vaccini da J&J e Az, ma si affiderà ai vaccini a mRna di Biontech/Pfizer, Moderna e Curevac per combattere nel lungo termine la pandemia».
Di certo, i riposizionamenti sono in corso e i grandi player già pensano all'anno prossimo. Novavax, ad esempio, prevede di produrre nel 2022 un miliardo di dosi, Moderna già quest'anno arriverà a quota un miliardo tra Usa, Ue e resto del mondo. Curevac dovrebbe essere approvato entro giugno e le prime dosi arriveranno a luglio. Stanno continuando le sperimentazioni su vaccini in età pediatrica negli Usa (sia Moderna sia Pfizer) e il prossimo 20 aprile verranno comunicati anche i risultati della valutazione dell'Ema su J&J dopo lo stop precauzionale dell'Fda americana. La stessa multinazionale Usa, secondo il Wall Street Journal, avrebbe contattato le concorrenti nella produzione del vaccino anti Covid per proporre uno studio congiunto sul rischio di trombosi ed esporsi mediaticamente con una sola voce: Pfizer e Moderna avrebbero rifiutato, mentre Az avrebbe accettato l'offerta. Nonostante la musica suonata dalle campane tedesche che incanta Bruxelles, dunque, J&J non è fuori dai giochi, anche perché il costo è una frazione di quello dei vaccini attualmente in somministrazione, e nel suo caso parliamo di un monodose che potrebbe avere un vantaggio logistico per la distribuzione nei Paesi più poveri.
Nel prossimo match dei vaccini resta ancora da capire quale posizione terrà l'Italia: si schiererà con i tedeschi monopolisti o con i francesi e quindi con il mercato? Vedremo.
Vaccinatori, ora arrivano i rinforzi
«Io il crollo di fiducia in Astrazeneca non lo vedo nei dati», ha detto ieri il premier, Mario Draghi, in conferenza stampa lasciando quasi tutte le domande dei giornalisti sulla campagna vaccinale al ministro della Salute, Roberto Speranza, seduto accanto a lui. Speranza ha quindi confermato che non c'è un crollo nei dati delle vaccinazioni, ma «una maggiore richiesta di informazione dagli hub vaccinali», anche se in questi giorni era stato il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, a dire che «troppi italiani non si prenotano». In ogni caso il ministro ha ribadito che si tratta di un vaccino «efficace e sicuro, continuiamo a puntarci. L'evidenza scientifica ci ha portato a una raccomandazione di natura anagrafica. Quindi in queste ore il vaccino Astrazeneca è utilizzato sopra i 60 anni e intendiamo continuare a utilizzarlo. I dati che ci arrivano dai territori sono incoraggianti. Chiaramente chi rifiuta questo vaccino va in coda e non ha una possibilità immediata di sostituirlo». Proprio ieri, la Regione Lazio ha deciso di proporre il vaccino Astrazeneca per gli under 60, ma solo a chi si offre volontario. L'obiettivo è «non mandare sprecate le dosi». I volontari con meno di 60 anni che sceglieranno Astrazeneca non dovranno firmare liberatorie aggiuntive oltre al consenso informato che normalmente si sottoscrive al momento della vaccinazione.
In Italia oltre 10 milioni di persone hanno ricevuto almeno una dose di un vaccino anti Covid, secondo i dati del ministero della Salute, e hanno quindi una qualche forma di protezione dal coronavirus. Di questi, oltre 4,2 milioni hanno ricevuto anche il richiamo. E ieri è stata raggiunta anche la soglia del 50% con almeno una dose tra gli over 70 (over 80 compresi). Nel report settimanale, diffuso sempre ieri dalla struttura commissariale, si legge che dal 10 al 16 aprile in Italia sono state somministrate 1.749.937 dosi di vaccino anti Covid, per 291.656 dosi al giorno. A oggi sono state iniettate 14.259.835 dosi. Sono 102 i punti vaccinali in più nell'ultima settimana e 843 in più dal 25 febbraio. Sono 2.276 in totale i punti vaccinali attivi. Il 76,09% degli ultraottantenni in Italia ha ricevuto almeno la prima dose del vaccino, ovvero 3.451.064 persone. Ad aver fatto il richiamo è anche il 45,19% della stessa categoria di età. Nella fascia tra i 70 e i 79 anni, il 30,14% ha ricevuto almeno la prima dose e il 3,41% anche la seconda. Le due dosi di vaccino anti Covid sono state somministrate al 76% degli ospiti delle Rsa, al 75,65% dei sanitari e all'1,35% del personale scolastico. La prima dose è stata invece somministrata al 92,38% degli ospiti delle Rsa, al 92,68% del personale sanitario e al 73,55% del personale scolastico. In pole position, sul fronte degli over 80, ci sono le Marche, dove la prima dose è andata al 100% del target, pari a 111.567 persone, mentre prima e seconda dose sono state iniettate al 53,69%.
Sul fronte dei vaccinatori, a essere assoldati saranno anche i biologi, le ostetriche e i radiologi. Dopo l'anamnesi da parte di un medico, per loro sarà possibile inoculare le dosi nei laboratori di analisi aderenti alla campagna vaccinale. Lo riferisce il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Massimiliano Fedriga, che ieri ha firmato assieme a Speranza, un protocollo con l'Ordine nazionale dei biologi e anche con le Federazioni degli ordini della professione di ostetrica e dei tecnici di radiologia medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. «Potranno partecipare alla campagna vaccinale, dopo aver frequentato lo specifico corso dell'Istituto superiore di sanità. Nei protocolli è previsto l'impegno del governo allo stanziamento delle risorse necessarie», ha spiegato Fedriga. Nel frattempo, agli appartenenti alle forze armate non sarà inoculato alcun tipo di vaccino fino a nuova disposizione, per dare priorità alle fasce a rischio indicate dal commissario Francesco Paolo Figliuolo.
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L'Ue si appresta a scaricare Az e J&J, favorendo Biontech-Pfizer. Ma il governo francese invita ad attendere anche i nuovi farmaci in arrivo. Il 20 aprile atteso il verdetto dell'Ema su J&J, che non è ancora fuori dai giochi.Massimiliano Fedriga (Conferenza delle Regioni) annuncia l'impiego di biologi, ostetriche e radiologi. Raggiunta la soglia del 50% degli over 70. Il Lazio propone Az agli under 60 volontari.Lo speciale contiene due articoli.Ieri la cancelliera tedesca, Angela Merkel (66 anni), si è vaccinata con Astrazeneca. Il giorno prima, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (62 anni), ha invece ricevuto una dose di Biontech-Pfizer così come gli altri funzionari della Commissione cui vengono inviate delle fiale «dalle autorità belghe, non abbiamo la possibilità di scegliere», ha spiegato un portavoce. Ma la vera geopolitica dei vaccini si gioca sul campo dei contratti. Negli ultimi giorni si sono fatte sempre più insistenti le voci da Bruxelles sul mancato rinnovo degli accordi tra l'Ue e Az e anche Johnson&Johnson (utilizzano la stessa piattaforma a vettore virale). Obiettivo: privilegiare case farmaceutiche più affidabili e prodotti meno controversi come Pfizer e Moderna. Tanto che la stessa Von der Leyen ha già annunciato l'arrivo di 50 milioni di dosi aggiuntive di Pfizer nel secondo trimestre e l'apertura di una trattativa con Biontech-Pfizer per un terzo contratto su 1,8 miliardi di dosi da qui al 2023 e per la produzione europea dei componenti essenziali. Non solo. L'ad di Pfizer, Albert Bourla, ha detto che le persone avranno «probabilmente» bisogno di una terza dose del vaccino contro il coronavirus entro 12 mesi dalle prime due. Quindi, i contratti nei prossimi mesi saranno ancora più ricchi considerando anche che il prezzo delle singole dosi dovrebbe aumentare da 15,5 a 19,5 euro. La partita per consegnare le chiavi dei vaccini Ue alla Germania, via Biontech, non è però ancora chiusa. Lo dimostrano le dichiarazioni fatte in tv dal ministro francese dell'Industria, Agnès Pannier Runacher, che considera, sì, «fortemente probabile» che l'Ue non rinnovi il contratto con Az. Ma non parla di J&J. E soprattutto, si aspetta che «i vaccini di Novavax e Sanofi siano pronti nella seconda parte di quest'anno». Facendo così intendere che a Bruxelles si può anche dare la precedenza ai vaccini a mRna ma tra qualche mese non si potrà non considerare anche le new entry come appunto l'americana Novavax (in fase di rolling con l'Ema, potrebbe essere messo in commercio tra un mese e i negoziati con la Commissione sul contratto sono in corso) e il prodotto a mRna della francese Sanofi che è in dirittura d'arrivo con due nuovi vaccini: uno a base di proteine sviluppato con l'inglese Gsk e l'altro (basato su mRna) con l'americana Translate Bio. Senza dimenticare l'altro vaccino francese, Valneva, basato su una quarta tecnologia (conta su due stabilimenti produttivi, uno in Svezia e l'altro in Scozia) che ha riportato ottimi risultati preliminari nelle fasi 1 e 2 dei test clinici e si appresta a iniziare la fase 3 (test di massa) previa approvazione. Insomma, se i tedeschi puntano a diventare dominanti nella produzione post emergenza, i francesi non si accontenteranno di fare i subfornitori di Berlino. Dove, come abbiamo già scritto nei giorni scorsi, la partita sulla produzione futura dei vaccini va letta attraverso la lente della campagna elettorale tedesca che andrà avanti fino a settembre, quando la Merkel lascerà il comando. Campagna in cui si sta combattendo una guerra interna alla coalizione - non di governo, ma di federazione - tra Csu e Cdu, che ha in mano la gestione politica della sanità del partito Popolare al Parlamento Ue. Non a caso quello che la von der Leyen ha lasciato solo intuire, è stato espresso in maniera esplicita dall'eurodeputato della Cdu tedesca Peter Liese, medico e portavoce per la salute del Ppe: «La Commissione in futuro non comprerà più vaccini da J&J e Az, ma si affiderà ai vaccini a mRna di Biontech/Pfizer, Moderna e Curevac per combattere nel lungo termine la pandemia».Di certo, i riposizionamenti sono in corso e i grandi player già pensano all'anno prossimo. Novavax, ad esempio, prevede di produrre nel 2022 un miliardo di dosi, Moderna già quest'anno arriverà a quota un miliardo tra Usa, Ue e resto del mondo. Curevac dovrebbe essere approvato entro giugno e le prime dosi arriveranno a luglio. Stanno continuando le sperimentazioni su vaccini in età pediatrica negli Usa (sia Moderna sia Pfizer) e il prossimo 20 aprile verranno comunicati anche i risultati della valutazione dell'Ema su J&J dopo lo stop precauzionale dell'Fda americana. La stessa multinazionale Usa, secondo il Wall Street Journal, avrebbe contattato le concorrenti nella produzione del vaccino anti Covid per proporre uno studio congiunto sul rischio di trombosi ed esporsi mediaticamente con una sola voce: Pfizer e Moderna avrebbero rifiutato, mentre Az avrebbe accettato l'offerta. Nonostante la musica suonata dalle campane tedesche che incanta Bruxelles, dunque, J&J non è fuori dai giochi, anche perché il costo è una frazione di quello dei vaccini attualmente in somministrazione, e nel suo caso parliamo di un monodose che potrebbe avere un vantaggio logistico per la distribuzione nei Paesi più poveri.Nel prossimo match dei vaccini resta ancora da capire quale posizione terrà l'Italia: si schiererà con i tedeschi monopolisti o con i francesi e quindi con il mercato? 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In ogni caso il ministro ha ribadito che si tratta di un vaccino «efficace e sicuro, continuiamo a puntarci. L'evidenza scientifica ci ha portato a una raccomandazione di natura anagrafica. Quindi in queste ore il vaccino Astrazeneca è utilizzato sopra i 60 anni e intendiamo continuare a utilizzarlo. I dati che ci arrivano dai territori sono incoraggianti. Chiaramente chi rifiuta questo vaccino va in coda e non ha una possibilità immediata di sostituirlo». Proprio ieri, la Regione Lazio ha deciso di proporre il vaccino Astrazeneca per gli under 60, ma solo a chi si offre volontario. L'obiettivo è «non mandare sprecate le dosi». I volontari con meno di 60 anni che sceglieranno Astrazeneca non dovranno firmare liberatorie aggiuntive oltre al consenso informato che normalmente si sottoscrive al momento della vaccinazione. In Italia oltre 10 milioni di persone hanno ricevuto almeno una dose di un vaccino anti Covid, secondo i dati del ministero della Salute, e hanno quindi una qualche forma di protezione dal coronavirus. Di questi, oltre 4,2 milioni hanno ricevuto anche il richiamo. E ieri è stata raggiunta anche la soglia del 50% con almeno una dose tra gli over 70 (over 80 compresi). Nel report settimanale, diffuso sempre ieri dalla struttura commissariale, si legge che dal 10 al 16 aprile in Italia sono state somministrate 1.749.937 dosi di vaccino anti Covid, per 291.656 dosi al giorno. A oggi sono state iniettate 14.259.835 dosi. Sono 102 i punti vaccinali in più nell'ultima settimana e 843 in più dal 25 febbraio. Sono 2.276 in totale i punti vaccinali attivi. Il 76,09% degli ultraottantenni in Italia ha ricevuto almeno la prima dose del vaccino, ovvero 3.451.064 persone. Ad aver fatto il richiamo è anche il 45,19% della stessa categoria di età. Nella fascia tra i 70 e i 79 anni, il 30,14% ha ricevuto almeno la prima dose e il 3,41% anche la seconda. Le due dosi di vaccino anti Covid sono state somministrate al 76% degli ospiti delle Rsa, al 75,65% dei sanitari e all'1,35% del personale scolastico. La prima dose è stata invece somministrata al 92,38% degli ospiti delle Rsa, al 92,68% del personale sanitario e al 73,55% del personale scolastico. In pole position, sul fronte degli over 80, ci sono le Marche, dove la prima dose è andata al 100% del target, pari a 111.567 persone, mentre prima e seconda dose sono state iniettate al 53,69%. Sul fronte dei vaccinatori, a essere assoldati saranno anche i biologi, le ostetriche e i radiologi. Dopo l'anamnesi da parte di un medico, per loro sarà possibile inoculare le dosi nei laboratori di analisi aderenti alla campagna vaccinale. Lo riferisce il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Massimiliano Fedriga, che ieri ha firmato assieme a Speranza, un protocollo con l'Ordine nazionale dei biologi e anche con le Federazioni degli ordini della professione di ostetrica e dei tecnici di radiologia medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. «Potranno partecipare alla campagna vaccinale, dopo aver frequentato lo specifico corso dell'Istituto superiore di sanità. Nei protocolli è previsto l'impegno del governo allo stanziamento delle risorse necessarie», ha spiegato Fedriga. Nel frattempo, agli appartenenti alle forze armate non sarà inoculato alcun tipo di vaccino fino a nuova disposizione, per dare priorità alle fasce a rischio indicate dal commissario Francesco Paolo Figliuolo.
«Amadeus» (Sky Original)
Confrontarsi con il capolavoro di Miloš Forman era una sfida quasi impossibile. La serie Amadeus di Sky, pur priva della stessa potenza narrativa, si distingue per cura visiva, cast convincente e fedeltà al mito della rivalità tra Mozart e Salieri.
Reggere il confronto con un film come quello di Miloš Forman, vincitore di ben otto premi Oscar, è pressoché impossibile. Amadeus, l'Amadeus del 1984, adattamento a sua volta dell'opera teatrale di Peter Shaffer, è stato un capolavoro, fuori dal suo tempo e dalle logiche che lo governavano. Era eclettico, rock nell'accezione più pura del termine. Era avanguardia. E stare al passo, quarant'anni più tardi, sarebbe stato difficile. Non c'è da sorprendersi, dunque, se la serie omonima, l'Amadeus di Sky, al debutto nella prima serata di martedì 23 dicembre, non sia dotato di una stessa potenza narrativa. E non c'è da sorprendersi nemmeno nel constatare la mancanza di una colpa e di un colpevole. Amadeus, quello di Sky, è bello, un prodotto ben fatto e ben pensato, fedelissimo - per giunta - agli originali che lo hanno preceduto.
La storia è quella del film, la stessa della pièce teatrale: cronaca di una rivalità solo presunta. Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Salieri, che Shaffer e Forman hanno raccontato con clamore ed enfasi, non sono mai stati rivali. Eppure, ci si è abituati ad assorbirli come tali: due compositori tanto celebri quanto fumantini, animatori entrambi della Vienna di metà Settecento. Era in fermento, quando Mozart vi ha fatto la propria comparsa. Era giovane, bello: una rockstar ante litteram, maledetto quel tanto che basta da portare scompenso all'interno della corte viennese, fra parrucconi imbalsamati e ragazze suscettibili. La sua musica non aveva niente a che vedere con quel che finora era stato composto. Spazzava via ogni tradizione, ogni abitudine, ivi compresa quella di applaudire il genio di Salieri, allora compositore di corte. Perciò, l'opera di Shaffer e gli adattamenti successivi. Perciò, la leggenda di una rivalità che, agli atti storici, non è mai finita.Shaffer, a suo tempo, ha ricamato sulla propria fantasia, immaginando come Salieri possa aver vissuto l'ingresso di Mozart alla corte di Vienna. Quanto deve aver sofferto, quanta rabbia deve aver provato di fronte a quel ragazzo senza fede e senza Dio, geniale e talentuoso.
La serie televisiva, cinque episodi creati dal Joe Barton di Black Doves, ripercorre questa biografia stralunata, addentrandosi, lei pure, fra se e ma cui nessuno mai potrà dare risposta. Bravo il cast, bella la resa visiva, la potenza musicale. Peccato solo per il confronto, a perdere per chiunque ambisca, di qui a per sempre, a ricreare la rivalità fittizia tra i due compositori.
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Gianluca Zanella e Francesco Borgonovo affrontano uno dei nodi più controversi del caso Garlasco: il tema della pedopornografia attribuita ad Alberto Stasi. Dalla denuncia contro la criminologa Anna Vagli alla ricostruzione delle perizie sul computer, la puntata chiarisce cosa fu realmente trovato, cosa no e perché quel presunto movente non è mai entrato nel processo.