
Intesa a rischio finché il premier «toglie» il Viminale a Luigi Di Maio. Riunione dei gruppi 5 stelle e Pd. Oggi la scadenza del Colle.La giornata politica di ieri va divisa in due parti: la mattinata, prosecuzione della notte precedente, sembra indirizzare l'Italia verso le elezioni, con lo stop improvviso della trattativa tra Pd e M5s; la seconda invece fa registrare una accelerazione verso il varo del governo Conte 2. Capriole e strambate di una crisi politica folle, condizionata anche dai fusi orari: il vento è cambiato quando, alle 16.28 ora italiana, le 10.28 a Washington, Donald Trump ha impugnato il suo smartphone e twittato il suo entusiasmo per la probabile conferma a Palazzo Chigi di Giuseppe Conte.Riavvolgiamo il nastro: di buon mattino il M5s fa capire che la trattativa con il Pd, dopo l'incontro notturno tra Conte, Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti e Andrea Orlando, si è inceppata. Il nuovo vertice, previsto per le 11, viene annullato. «Rivedremo il Pd», recita una nota del M5s, «quando nei loro organi di partito avranno dato l'ok all'incarico a Conte». Al Nazareno non credono ai loro occhi: l'ok del Pd a Conte c'è già da quasi 24 ore. «Di quale veto», dice il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, «stiamo parlando? Non c'è alcun veto su Conte. C'è stato un incontro a Palazzo Chigi col segretario…». «L'accordo di governo», replicano i dem, «rischia di saltare per le ambizioni personali di Luigi Di Maio che vuole fare il ministro dell'Interno e il vicepremier».Di Maio, confermano alla Verità praticamente tutte le anime del M5s, vuole assolutamente mantenere la poltrona di vicepremier e quindi gioca il tutto per tutto, sapendo che se pure saltasse la trattativa potrebbe comunque tentare di tornare con la Lega o, in subordine, correre al voto anticipato prima che la leadership del suo partito gli sfugga di mano. Per giustificare l'esigenza di due vicepremier forti, considera Conte una figura «terza». Una acrobazia politica destinata a durare lo spazio di un mattino. Conte, infatti, non vuole saperne di replicare lo schema del governo con la Lega: quindi pensa a un solo vicepremier, del Pd, per liberarsi dell'immagine del premier di coccio tra due vice di ferro.La prima svolta arriva alle 15.19, quando dalla presidenza del Consiglio si fa sapere che «in presenza del presidente Conte non è mai stata avanzata la richiesta del Viminale per Luigi Di Maio, né dal M5s né da Di Maio stesso». La premessa, «in presenza del presidente Conte», è infatti un messaggio in codice inviato al Quirinale, al Pd e al M5s: se Di Maio ha chiesto di mantenere la carica di vicepremier e andare ad occupare la poltrona di ministro dell'Interno, lo ha fatto autonomamente. C'è poco da fare: l'ex avvocato del popolo ormai sa bene di avere dalla sua parte la stragrande maggioranza del M5s, elettori ed eletti; di godere di un buon appeal nei confronti dell'elettorato del Pd; di essere considerato sia dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, che dalle cancellerie europee, una figura che garantisce responsabilità e affidabilità.Come se non bastassero i sostenitori internazionali di Conte, alle 16.28 arriva il colpo di scena forse decisivo, attraverso un tweet del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump: «Le cose cominciano a mettersi bene», scrive The Donald, «per il rispettato primo ministro della Repubblica italiana, Giuseppi (così, ndr) Conte. Ha rappresentato con forza l'Italia al G7. Ama molto il suo Paese», aggiunge Trump, «e lavora bene con gli Stati Uniti. È un uomo di grande talento che spero rimanga primo ministro!». The Donald nella prima versione del tweet chiama Conte «Giuseppi», poi lo corregge. Conte ringrazia, si dice «orgoglioso» delle parole di Trump. Il tweet rende ancora più chiaro, se ce ne fosse bisogno, che l'evoluzione di questa pazza crisi estiva non passa solo (anzi, passa solo in minima parte) per le chiassose assemblee dei parlamentari del M5s e le noiose direzioni nazionali permanenti del Pd, ma si gioca e si decide sul piano internazionale. L'Unione europea, a quanto risulta alla Verità, avrebbe già promesso un atteggiamento morbido sulla finanziaria italiana: il rapporto deficit/Pil potrà restare quello dello scorso anno, ovvero il 2,04%. Di Maio si riunisce con i capigruppo M5s alla Camera e al Senato, Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli, che gli fanno capire che ormai la sua posizione è completamente disallineata da quella del 95% dei parlamentari e dei big del M5s. All'incontro partecipa anche Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia. La sensazione è di un Di Maio mai così vicino al «commissariamento». Giggino sbanda: chiede in alternativa al Viminale il ministero della Difesa, è convinto che il tema dell'immigrazione controllata resterà centrale per conquistare popolarità. La trattativa riparte, alla Camera si incontrano le delegazioni M5s e Pd (con tanto di foto fatta trapelare sui social). Intorno al tavolo per i dem ci sono i capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci; la vice di Zingaretti, Paola De Micheli e il coordinatore della segreteria Andrea Martella. Per il M5s i capigruppo, D'Uva e Patuanelli, e i vice, Andrea Perilli e Francesco Silvestri. In serata, nuova assemblea congiunta dei parlamentari del M5s. Oggi la giornata decisiva, con Pd e M5s attesi al Colle e - prima - una nuova riunione su programma e poltrone ministeriali. Le delegazioni saranno guidate da due segretari dimezzati: Zingaretti ha dovuto subire la strategia di Matteo Renzi, Di Maio quella di Conte.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






