
Nomine e voto sul Mes, in calendario il 14 e il 15 luglio, rischiano di slittare: dopo l'estate si sommeranno a regionali, sforamento del deficit e Recovery plan. Con troppi tavoli aperti, il banco finirà per saltare.I giocatori d'azzardo sanno che stare su più tavoli aiuta a fare i furbi. Stare su troppi tavoli è invece molto pericoloso, perché si rischia l'effetto domino. Il premier Giuseppe Conte ha preparato il tavolo verde per i prossimi 14 e 15 luglio. La partita si gioca in Parlamento, nemmeno tanto in segreto. Dopo il tentativo di riabilitazione di Silvio Berlusconi in sede giudiziaria, Conte ha tenuto a far sapere a tutti che l'opposizione gradita è quella di Forza Italia. È l'opposizione «più costruttiva», che, infatti, si è già detta pronta a votare per l'accesso al Mes, il fondo Salvastati. Il premier ne ha bisogno per continuare ad avere il supporto del Pd, ma l'ok di Berlusconi non è un gesto di buon cuore. La contropartita si chiama Agcom. Il 14 è infatti stato calendarizzato il voto per i vertici dell'Authority e della gemella, che si occupa di Privacy. La tempistica agli occhi di Conte è perfetta. Martedì Forza Italia incassa nomi benevoli all'Agcom (Berlusconi è sempre attento ai rapporti con Mediaset) e mercoledì gli azzurri votano il Mes, andando a compensare i pareri negativi da parte di una buona fetta di grillini. Che di fondo Salvastati non ne vogliono sapere. Già ieri in altra sede, il Parlamento europeo, Pd e 5 stelle si sono spaccati proprio su questo tema. L'Econ, la commissione economica, ha previsto un voto per decidere l'iter di rendicontazione delle spese sanitarie. E i grillini hanno votato no.Dunque c'è da aspettarsi che molti faranno la stessa cosa anche a Roma. Quindi al secondo tavolo di gioco, quello del Mes, Conte si sente relativamente tranquillo. È convinto che Fi basti a colmare le altre defezioni. Ma sul primo tavolo, quello del 14 luglio, nessun partito ha la certezza di che cosa possa accadere in Aula. Infatti, Pd e 5 stelle sono divisi sul nome del presidente dell'Agcom. I dem vorrebbero l'ex sottosegretario al Mise, Antonio Giacomelli, gradito anche a Fi. Mentre i secondi faranno di tutto per tagliargli le gambe. Giovedì sera si è tenuta una riunione nel centrodestra per definire i rispettivi candidati. Ma non si è trovata ancora una quadra. La Lega non ha espresso tutti i nomi e Fratelli d'Italia attende. In pratica, anche qui il centrodestra è diviso. Con il rischio concreto che la votazione salti e Lega e Fdi si concentrino sulle nomine dei presidenti di commissione. Bisogna sapere infatti che sempre il 14 luglio il Parlamento celebra la metà legislatura e quindi cambia i vertici delle 14 commissioni. In quest'occasione gli uscenti cercheranno di far saltare una serie di nomi concordati tra Pd e 5 stelle, e magari non proprio invisi agli azzurri. Peccato che se saltasse (molto probabile) il voto sull'Agcom, l'indomani Berlusconi si troverebbe a firmare a Conte una cambiale in bianco e il capo di Forza Italia non ha alcun bisogno di indebitarsi. Così, a dispetto del calendario che Alessandro Goracci, capo di gabinetto e già consigliere parlamentare, ha sottoposto a Conte, il 14 e il 15 si nasconde la sorpresa. La già incerta stampella sul Mes può saltare e con essa il voto in Aula. Con relativo slittamento di calendario a settembre. A quel punto anche i rinnovi dei vertici di Agcom e Privacy slitterebbero a dopo le ferie (tra l'altro alla data di scadenza della proroga). Abituato come è a temporeggiare, il premier tirerà un sospiro di sollievo. Alla fine avrà superato luglio e si troverà di slancio dopo Ferragosto, data che l'anno scorso non portò bene all'alleanza gialloblù. Il fatto, però, di sentirsi in una botte di ferro, non significa essere salvi. Dovrà accertarsi che il manufatto non abbia i chiodi all'interno. Da avvocato del popolo ad Attilio Regolo è un attimo. E sembra che la trappola sia pronta a scattare, tanto più efficacemente quanto costruita dal premier stesso. A settembre i tavoli su cui giocare saranno, infatti, tantissimi. Oltre al Mes e all'Agcom, si aprirà il tema della campagna elettorale e trattare poltrone e voti di tale rilievo, con il rischio che una delle parti si sfracelli nelle urne regionali, è molto complicato. Tanto più che, sempre a metà settembre, il governo potrebbe - è un'ipotesi - trovarsi a chiedere un quarto sforamento di bilancio. Questo nel caso in cui a fine luglio le acque siano troppo agitate per un nuovo imponente decreto. Tra il 25 e il 30, infatti, il governo dovrà di nuovo ripresentarsi in Aula per fare altro deficit. La scadenza è obbligata. Nel corso di agosto i fondi della cassa integrazione si esauriranno, perché le quattro settimane già stanziate per settembre sono state anticipate. A differenza dei precedenti voti che non avevano alternative, adesso l'opposizione potrebbe dire no allo sforamento. Prima c'era il lockdown e tutto era anestetizzato. Ma chiedere autorizzazione alla spesa senza rendicontarla davanti al Parlamento d'ora in avanti non sarà più possibile. Così, per evitare il fuoco nemico e soprattutto le imboscate dei 5 stelle, Conte potrebbe limitarsi a scrivere un decreto con una dozzina di miliardi di spesa. Il minimo indispensabile per rifinanziare la Cig e una parte dei bonus per gli autonomi e le famiglie. Una dozzina di miliardi saranno però sufficienti per arrivare a metà settembre. E a quel punto alla botte di ferro del premier si aggiungerà un altro chiodo. Gli Stati generali si sono conclusi con la promessa che a settembre verrà presentato il piano Recovery Italia, una sorta di strategia per il rilancio. Ma non c'è nulla di concreto, come restano nell'iperuranio i soldi del Recovery fund. In compenso, dopo l'estate, i dati della disoccupazione saranno alle stelle, le aziende cominceranno a licenziare e il Pd vorrà, con il beneplacito e la sponda della nuova Confindustria guidata da Carlo Bonomi, scaricare tutte le colpe sui grillini e sul premier. Che a quel punto non potrà nemmeno più sperare nel Mes.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






