2019-11-21
Conte schizofrenico. Con la Lega credeva negli idrocarburi, con il Pd ha cambiato idea
True
L'allarme del presidente di Assomineraria Luigi Ciarrocchi sull'azzeramento delle franchigie su oil&gas contenuto nella manovra economica: «Perdita secca per lo stato di 100 milioni di euro all'anno. A rischio 5.000 posti di lavoro». Il settore vanta un export di 20 miliardi di euro e 100.000 addetti. Nel Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) del precedente governo si prevedeva un aumento della produzione, ora invece si parla di diminuzione. Come il dottor Jekil e Mr Hide, celebre romanzo di Louis Stevenson, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha cambiando idea in pochi mesi sul settore degli idrocarburi. Se durante il Conte 1, il governo gialloblu sostenuto da Lega e 5 Stelle, aveva messo nero su bianco nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) un aumento della produzione produzione nazionale di idrocarburi (olio e gas), ora invece ha deciso di bastonare il settore nella manovra economica. Nell'articolo 94 della manovra è previsto infatti l'azzeramento della franchigie sulle royalties applicato alle produzioni di olio e gas di concessioni in mare e in terra. «La tendenza osservata in questi anni – si spiega nella scheda di lettura pubblicata il 6 novembre sul sito del Senato – e che si prevede una progressiva riduzione del volume di produzione nazionale di olio e gas, che potrebbe essere compensata dall'entrata in esercizio di alcuni siti specifici». Si tratta di una totale inversione di tendenza rispetto a quello stabilito nel Pniec, dove si legge invece una proiezione che prevede un aumento dei prodotti petroliferi da 6005 a 6445 Ktep (energia rilasciata da una tonnellata di petrolio grezzo) come di gas naturale, da 5250 a 5639. Bisogna ricordare che royalties in Italia sono pari solo al 10% per il gas e al 7% per il petrolio in mare, un obolo che deve essere versato dalle compagnie petrolifere alle amministrazioni locali ma che in base al volume di estrazione viene azzerato. Quando Conte era al governo con la Lega prevedeva infatti una stabilizzazione al 2040 su valori poco superiori a quelli odierni nell'ottica di ridurre la dipendenza energetica dall'estero. I provvedimenti che riguardano quindi royalties e franchigie avrebbero ripercussioni devastanti su un comparto già martoriato, dopo svariate moratorie, soprattutto per le piccole e medie imprese operanti nel settore. Il settore vanta un export di 20 miliardi di euro e circa 100.000 lavoratori nel complesso. La questione, spinosa, ha portato Luigi Ciarrocchi, presidente di Assomineraria, a scrivere nelle scorse settimane una lettera all'esecutivo dove ha esposto tutte le sue preoccupazioni. «Segnalo che la bozza attualmente in circolazione del disegno di legge di bilancio 2020 prevede misure che danneggiano irrimediabilmente il settore Oil&Gas, già duramente messo alla prova, sia dal deterioramento generale del contesto economico ed occupazionale in cui opera il settore», scrive Ciarrocchi. Il presidente di Assomineraria aggiunge: «Ci riferiamo in particolare all'abolizione delle franchigie e alle riduzioni del valore unitario dell'aliquota di prodotto, che modificano la normativa attualmente in vigore. L'ulteriore aggravio del quadro normativo determinato dalle nuove disposizioni determinerà la chiusura delle attività delle concessioni di dimensioni medie e piccole, oltre la metà delle concessioni di coltivazione in Italia, che contano essenzialmente sulle franchigie per raggiungere la sostenibilità economica; l'inasprimento inoltre accelererà il crollo della redditività già esigua di tutte le attività produttive in essere». Come mai questo cambio repentino? Colpa delle pressioni degli ambientalisti? Oppure si vuole favorire l'elettrico? «Oltre a minare l'indispensabile quadro di stabilità e il legittimo affidamento, le misure andranno ad aggravare un quadro settoriale già estremamente negativo, con pesanti ricadute complessive sulla politica industriale del Paese» insiste Ciarrocchi. «Una prima stima prevede nel biennio 2020-21 una riduzione significativa dell'impegno economico di circa 400 milioni di euro, una minore produzione nazionale di idrocarburi di circa 1 milione di tep l'anno e una diminuzione delle entrate per le casse dello Stato (tra tasse, contributi e royalties) per almeno 100 milioni di euro all'anno. A tale impatto deve essere aggiunto quello legato alla perdita di posti di lavoro pari ad almeno 5.000 unità tra diretti e indiretti e l'impatto negativo sulla bilancia commerciale che rischia di superare il miliardo di euro l'anno». La domanda vera è per quale motivo Conte abbia cambiato così idea. Perché le misure contenute nella manovra economica vanno a colpire in particolare la produzione nazionale di gas naturale, riconosciuta anche dal Piano Nazionale integrato Energia e Clima previsto dal piano nazionale del Conte 1, rendendo il sistema Italia sempre più dipendente dalle importazioni.