2021-01-26
Conte lascia, ma prova a tornare
Giuseppe Conte (Alessandra Benedetti - Corbis/Corbis via Getty Images)
I compagni hanno festeggiato l'arrivo di Joe Biden e la cacciata di quel puzzone di Donald Trump come se non solo gli Stati Uniti, ma tutto il mondo ne traesse vantaggio. Peccato che al momento gli unici che hanno motivo di rallegrarsi sono gli americani, mentre gli europei e, in particolare, gli italiani avrebbero tutte le ragioni per preoccuparsi per il cambio del commander in chief. Infatti, una delle prime decisioni del nuovo inquilino della Casa Bianca consiste nella vaccinazione di centinaia di milioni di americani. Secondo quanto ha assicurato il presidente Usa, ogni giorno sarà somministrato il farmaco della Pfizer a un milione di americani e dunque nei primi cento giorni di mandato di Sleepy Joe, un terzo della popolazione sarà immunizzato. Se le promesse verranno rispettate, è possibile che in 200 giorni, cioè entro agosto, due terzi degli americani siano vaccinati e a questo punto gli Stati Uniti potranno dire di aver raggiunto l'immunità di gregge. Israele probabilmente farà anche meglio, perché a oggi gran parte della popolazione è già vaccinata e, secondo le promesse di Benjamin Netanyahu, entro marzo sarà raggiunta l'immunità di gregge. Tutto ciò non è stato possibile perché Biden o il premier israeliano sono stati più fortunati, ma semplicemente perché, a differenza di chi ci governa, hanno aperto il borsellino. Invece di buttare soldi in bonus stupidi, come quelli per l'acquisto dei monopattini, oppure per il cash back, Joe e Bibi hanno investito nei vaccini, accaparrandoseli anche a danno di altri Paesi. Tradotto, mentre prima Trump cercava di ottenere da Pfizer le dosi per rendere immuni gli americani e per i suoi tentativi di comprarli tramite la filiale americana del gruppo farmaceutico era stato lapidato, Biden zitto zitto ha fatto la stessa cosa, pagando 6 o 10 dollari a fiala in più di quello che era disposta a pagare Bruxelles. Lo stesso ha fatto Netanyahu, che di dollari ne ha offerti 28, cioè il doppio della von der Leyen. Risultato, le dosi andranno prima a Washington e a Gerusalemme, con tanti saluti ai compagni del nuovo presidente americano e ai nemici del vecchio premier israeliano. Tutto ciò per dire che alla fine i vaccini sono una questione di soldi e di astuzia. C'è chi paga e li ottiene prima di altri e chi chiacchiera e li ottiene dopo. Del secondo gruppo ovviamente fanno parte Giuseppe Conte e Domenico Arcuri, il primo capo del governo pro tempore e il secondo commissario all'emergenza Covid (anche questo si spera pro tempore). Entrambi accusano Pfizer e le aziende farmaceutiche di non rispettare gli accordi e per questo minacciano ricorsi a non si sa bene quale autorità giudiziaria. Ma entrambi parlano di iniziative con cui non hanno alcuna possibilità di successo e che al momento ci paiono solo operazioni tese a scaricare su altri le proprie responsabilità e le proprie incapacità. Il duo tragico di Palazzo Chigi, ovvero il premier e il première commissario, aveva giocato tutte le sue carte sulla Commissione Ue, convinto che fosse meglio lasciare all'Europa la partita dei vaccini. Purtroppo, come si è visto, alcuni Paesi, dopo aver assicurato che avrebbero marciato uniti con Bruxelles, hanno scelto di fare da soli, fra questi la Germania e l'Ungheria, ma forse presto altri si uniranno. L'Italia, al contrario, è rimasta in attesa, sperando che bastasse stare a guardare per ottenere le dosi. Il risultato è che a oggi, dopo aver celebrato i successi per le prime vaccinazioni, il nostro Paese rischia di rimanere indietro. E questo, in termini di vite umane e di risultati economici, potrebbe costarci parecchio. Vale la pena di dire due cose sui costi di queste scelte. Gli Usa pagano il vaccino Pfizer fra i 20 e i 24 dollari. Ciò vuol dire che vaccinare 100 milioni di persone costerà 2,4 miliardi e per ottenere l'immunità di gregge serviranno 4,8 miliardi. Per quanto riguarda Israele, considerando una spesa per fiala di 28 dollari e calcolando la vaccinazione dell'intera popolazione si arriva a una spesa di meno di 250 milioni. Nel primo caso stiamo parlando dello 0,02% del Pil, nel secondo di un costo che è pari a qualche cosa di più dello 0,06% del prodotto interno lordo. Cito queste cifre per spiegare che se il governo non avesse lesinato sul prezzo e avesse trattato direttamente con Pfizer, probabilmente oggi avremmo le fiale che ci servono e invece di parlare di richiudere per un altro mese negozi, ristoranti e palestre, parleremmo di futuro e di riaperture. Conte e Arcuri, cioè il capo disastro e il suo vice, al contrario hanno puntato a bloccare il Paese, distribuendo i cosiddetti ristori, che poi non hanno ristorato quasi nessuno. Capite dunque perché questa mattina, alla notizia delle possibili dimissioni di Conte non mi dispero? E capite invece perché mi dispero dopo aver saputo che Sergio Mattarella forse gli riaffiderà l'incarico di formare un nuovo governo? Incrocio le dita e mi auguro per noi che non ci riesca. Soprattutto, auspico che il centrodestra non gli dia una mano. Meglio le elezioni di questa via trucis.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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