2025-05-14
Conte-Juve, il Napoli smentisce le virgole
Antonio Conte e Gabriele Oriali (Getty Images)
Dopo lo scoop della «Verità» sulla trattativa fra il tecnico e i bianconeri, il club campano precisa che Oriali (fedelissimo del mister) non avrebbe detto: «Stavolta non posso seguirlo dove andrà». Ma sull’operazione in sé o sui contatti con Allegri, nessuna obiezione.Tachipirina e vigile attesa. Sale la febbre nel comitato ristretto per il tricolore (Napoli e Inter) e la frase dal sen fuggita a Gabriele Oriali e smentita dal club partenopeo («Questa volta non potrei andare dove va lui») caratterizza per qualche ora la marcia di avvicinamento della capolista verso la sfida decisiva di Parma. Da settimane Antonio Conte è al centro dell’attenzione. Nonostante l’operazione scudetto sia in pieno svolgimento, si moltiplicano le voci di un concreto interessamento della Juventus - e in second’ordine del Milan -, che ritengono il formidabile allenatore salentino un punto fermo per ripartire all’inseguimento dell’Inter dopo un’altra stagione deludente.Soprattutto in casa bianconera, dopo il plateale fallimento della «rivoluzione giochista» di Thiago Motta sono cominciate le grandi manovre per arrivare a una figura con tre caratteristiche: vincente, di profilo internazionale, amata dai tifosi. È l’identikit formulato da John Elkann due mesi fa, con due candidati in prima linea: Zinedine Zidane e Conte. Poiché il primo ha già declinato una volta (2021) ed è in pole per diventare ct della Francia, il general manager Cristiano Giuntoli ha sondato il secondo e la porta resta aperta. A Torino, Oriali non potrebbe seguirlo per ovvi motivi: la granitica fede interista, le dichiarazioni nel tempo «antipatizzanti» nei confronti dello stile Juve, la rissa sfiorata negli spogliatoi dell’Allianz Stadium con Fabio Paratici, che avrebbe detto: «Stacci lontano, altrimenti è la volta che ti picchio», dopo un derby d’Italia particolarmente acceso quattro anni fa.Se Conte è attratto dalle sirene juventine (dopo 13 anni da calciatore e 3 scudetti da allenatore quel mondo rimane casa sua), è evidente che Oriali non possa seguirlo. Si scinderebbe così un sodalizio fatto di stima e di empatia che ha portato i due a ottenere risultati di prestigio in Nazionale, all’Inter e adesso al Napoli. Il club è giustamente concentrato sulla trasferta di Parma e sull’ultima partita al Maradona contro il Cagliari, e ieri l’ufficio stampa ha smentito le parole del general manager («Oriali fa sapere di non aver mai pronunciato la frase»). Ci mettiamo in modalità «attesa». L’atto è del tutto legittimo ma non sposta di un centimetro la questione Conte e il suo destino ipoteticamente lontano da Napoli nonostante i due anni di contratto ancora in essere. Il tecnico ha riportato il club in Champions League (60 milioni sicuri nelle casse di Aurelio De Laurentiis), può far impazzire di gioia la tifoseria più passionale d’Italia, ma non ha mai dimenticato la cessione di Khvicha Kvaratskhelia al Paris Saint Germain a gennaio, senza un adeguato sostituto nonostante la clamorosa plusvalenza di 67 milioni. Da tempo Conte ha inoltrato la lista della spesa al presidente, ricevendo prima il silenzio, poi la risposta sibillina: «Questo è un argomento di cui si parlerà a fine stagione». «Lasciare lì qualcosa e andare via» (da canzone di Giorgio Gaber) è il tratto distintivo di uno dei pochi allenatori in grado di cambiare il destino di una squadra, come Al Pacino in Ogni maledetta domenica. Lasciò la Juventus perché «con 10 euro non si mangia in un ristorante da 100 euro», lasciò l’Inter il giorno dopo la cessione di Ashraf Hakimi, guarda caso al Psg. La Champions è da sempre l’incubo di Conte, per giocarla con qualche chance ritiene necessari investimenti importanti. Non sarà certo lo scudetto a fare velo sulla decisione. Piuttosto, il nuovo no del club al reinserimento di Victor Osimhen con lo stipendio che chiede (12 milioni) potrebbe allargare il solco. Nel frattempo il Napoli ha sondato Max Allegri, considerato più aziendalista anche nelle richieste. Immaginare che a maggio tutto rimanga immobile e i club di prima fascia non programmino il futuro, significa vivere nel mondo delle favole. Un mese fa, nonostante le doverose parole di prammatica, perfino il rinnovo di Simone Inzaghi era in alto mare. Dopo la sanguinosa eliminazione nel derby di Coppa Italia, le sconfitte con Bologna e Roma, e in vista del Tourmalet da scalare contro il Barcellona, lo staff manageriale nerazzurro aveva cominciato a verificare nuove ipotesi (Cesc Fabregas, lo stesso Allegri), temendo che il ciclo fosse al tramonto. Poi la squadra è rifiorita, è entrata nella storia della Champions con la partita del decennio e tutto è rientrato. Un centimetro alla volta. Come dice Al Pacino in quel film: «È la vita, è il football».