Che cosa è successo giovedì al vertice dei leader europei? Assolutamente nulla. Nonostante le attese di cui era stato caricato l'incontro fra i capi di governo della Ue e nonostante i quasi entusiastici titoli del giorno dopo di alcuni giornali («Primo accordo in Europa», ha scritto a tutta pagina un quotidiano italiano) a Bruxelles non è accaduto niente di significativo. O meglio: niente di positivo. Sì, i rappresentanti dei diversi Paesi si sono incontrati come hanno fatto tante volte e, come già prima, hanno discusso di come sostenere la ripresa dopo l'epidemia di coronavirus. Poi, alla fine, su sollecitazione del presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, nel testo finale hanno anche inserito una frase come contentino, in cui si sottolinea che le risorse per finanziare i Paesi in difficoltà sono necessarie e urgenti. (...)
Che cosa è successo giovedì al vertice dei leader europei? Assolutamente nulla. Nonostante le attese di cui era stato caricato l'incontro fra i capi di governo della Ue e nonostante i quasi entusiastici titoli del giorno dopo di alcuni giornali («Primo accordo in Europa», ha scritto a tutta pagina un quotidiano italiano) a Bruxelles non è accaduto niente di significativo. O meglio: niente di positivo. Sì, i rappresentanti dei diversi Paesi si sono incontrati come hanno fatto tante volte e, come già prima, hanno discusso di come sostenere la ripresa dopo l'epidemia di coronavirus. Poi, alla fine, su sollecitazione del presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, nel testo finale hanno anche inserito una frase come contentino, in cui si sottolinea che le risorse per finanziare i Paesi in difficoltà sono necessarie e urgenti. (...)(...) Ma oltre a queste parole, per altro superflue viste le decine di migliaia di morti in tutta Europa, altro di nuovo non c'è. Sì, in quello che il premier considera un accordo storico, tanto da ritenerlo «impensabile fino a poco fa» non vi è niente di quello che ci si aspettava, ossia qualche cosa di concreto. In particolare non ci sono i soldi, quelli con cui Giuseppi sperava di tornare a casa per riuscire finalmente a mettere sul tavolo dei quattrini e non solo delle chiacchiere. Ma ahinoi, come al solito, la Germania si è messa di traverso. Angela Merkel ha finto di fare la buona, lasciando agli olandesi il ruolo di poliziotti cattivi, ma giunta al dunque e dopo aver speso parole di miele sul dovere della solidarietà, lasciando intuire che anche la Germania dovrebbe fare qualche sforzo per aiutare chi è in difficoltà, ha semplicemente detto no. In pratica, non sono stati definiti né gli importi, né le scadenze dei soldi che l'Europa dovrebbe erogare ai Paesi che ne hanno bisogno. Soprattutto non è stato chiarito se i soldi, quando e se ci saranno, siano da considerarsi un prestito (a quali condizioni?) o un contributo a fondo perduto. In pratica, i capi di Stato sono usciti dall'incontro esattamente con le stesse certezze con cui erano entrati. Sebbene a Palazzo Chigi per ragioni di marketing politico si cerchi di vendere la riunione come qualche cosa di «impensabile fino a poco fa», ogni decisione è stata rinviata al prossimo vertice, cioè a giugno, sempre che per quella data non si approvi un altro rinvio.Conte si era presentato all'appello con un programma che potremmo schematicamente riassumere in uno slogan: Mes no, eurobond sì. Ma la conclusione dei lavori fra capi di Stato della Ue si può sintetizzare in un Mes sì, eurobond no, vale a dire una débâcle per il nostro premier. Neppure il Recovery fund che il presidente del Consiglio magnifica oggi come una conquista, al fine di nascondere l'insuccesso, può essere considerato un passo avanti. Innanzitutto perché c'era già il via libera, mentre ciò che non ha ottenuto il lasciapassare sono i fondi di cui dispone e le condizioni a cui li eroga: proprio ciò che è fondamentale. In sostanza, al momento il Recovery fund è una bella scatola vuota, prova ne sia che il consiglio dei ministri per dare luce verde al decreto con altre decine di miliardi da distribuire alle aziende è stato rinviato, in quanto il pacco dono europeo si è rivelato esclusivamente un pacco, senza alcuna sorpresa. Infatti il mercato non ha creduto alle trionfanti parole del nostro capo del governo. Ma c'è anche altro.Infatti, oltre al danno di un accordo che non c'è, l'Italia dovrà subire pure la beffa. Già, perché non solo non vedrà un euro di quelli che Giuseppe Conte sognava, ma - essendo uscita la Gran Bretagna dal circuito Ue - dovrà mettere più soldi per tenere in piedi il baraccone europeo. Tradotto, il nostro Paese, che già era contributore netto perché dava più di quel che prendeva, dovrà svenarsi per sostenere il bilancio europeo, senza avere nulla in cambio. Per dirla con il presidente del Consiglio: «Qualche cosa di inimmaginabile fino a poco tempo fa». Certo, chiamarlo insuccesso forse è un po' poco. Ma il premier trasformista spera di rivoltare anche questa frittata.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.
Il neo sindaco di New York Zohran Mamdani (Ansa)
Il sindaco di New York non è un paladino dei poveri e porta idee che allontanano sempre più i colletti blu. E spaccano l’Asinello.
La vulgata giornalistica italiana sta ripetendo che, oltre a essere uno «schiaffo» a Donald Trump, la vittoria di Zohran Mamdani a New York rappresenterebbe una buona notizia per i diritti sociali. Ieri, Avvenire ha, per esempio, parlato in prima pagina di una «svolta sociale», per poi sottolineare le proposte programmatiche del vincitore: dagli autobus gratuiti al congelamento degli affitti. In un editoriale, la stessa testata ha preconizzato un «laboratorio politico interessante», sempre enfatizzando la questione sociale che Mamdani incarnerebbe.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 7 novembre con Carlo Cambi
Il luogo dell'accoltellamento a Milano. Nel riquadro, Vincenzo Lanni (Ansa)
Nei principali Paesi europei, per essere riconosciuto «pericoloso» basta la segnalazione di un medico. Qui invece devi prima commettere un delitto. E pure in questo caso non è detto che una struttura ti accolga.
Vincenzo Lanni, l’accoltellatore di Milano, aveva già colpito. Da condannato era stato messo alla Rems, la residenza per le misure di sicurezza, poi si era sottoposto a un percorso in comunità. Nella comunità però avevano giudicato che era violento, pericoloso. E lo avevano allontanato. Ma allontanato dove? Forse che qualcuno si è preso cura di Lanni, una volta saputo che l’uomo era in uno stato di abbandono, libero e evidentemente pericoloso (perché se era pericoloso in un contesto protetto e familiare come quello della comunità, tanto più lo sarebbe stato una volta lasciato libero e senza un riparo)?







