2019-07-02
Conte e Mattarella portano il deficit al 2,1%
Approvato il decreto che cristallizza quasi 6 miliardi di risparmi, e che dovrebbe evitare le sanzioni di Bruxelles. Quirinale a fianco dell'esecutivo: «Non vedo ragioni per aprire la procedura d'infrazione». Scintille a distanza fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio su Autostrade.I lumbard non rinunciano a una manovra estiva per godere del traino delle elezioni.Lo speciale contiene due articoliIl Consiglio dei ministri dedicato all'assestamento di bilancio è durato poco più di un'ora. Dopo circa 30 minuti il leader leghista, Matteo Salvini, ha abbandonato la riunione a Palazzo Chigi, dando adito a una polemica con il parigrado grillino, Luigi Di Maio. «Non ne sapevo nulla», ha commentato Salvini all'Adnkronos, riferendosi all'assenza dell'altro vicepremier. È subito partita una ridda di ipotesi e commenti sui social e sulle agenzie di comunicazione, ipotizzando che la frizione fosse tutta legata alla diretta Facebook rilasciata pochi istanti prima da Di Maio. Il leader grillino infatti invitava la Lega ad aderire alle posizioni del Movimento in relazione ad Autostrade. L'obiettivo è ritirare tutte le concessioni autostradali e magari evitare pure la penale, che stando al contratto potrebbe costare allo Stato ben 24 miliardi di euro. Su questo tema il Carroccio si sta mostrando laico e non ideologizzato come i 5 stelle. Salvini aveva già la scorsa settimana dichiarato che devono pagare i singoli manager e non i dipendenti. Di Maio ieri gli ha risposto che nessuno perderà il posto di lavoro. Polemica in ogni caso sterile, perché durata pochi minuti. Il Movimento e a seguire Palazzo Chigi hanno fatto sapere che l'assenza di Di Maio era programmata da una settimana e a quel punto Salvini ha risposto che non voleva fare polemica, ma si è assentato prima perché c'è «tanto lavoro da fare». Risultato? Il clou del Cdm si svolto alla presenza di Giuseppe Conte e del ministro dell'Economia, Giovanni Tria. I due hanno partorito il decreto «misure urgenti in materia di miglioramento dei saldi di finanza pubblica». In sostanza, non una manovra correttiva e nemmeno una risposta tecnica all'Ue. Ma un documento che serve a cristallizzare le minori spese avvenute nel corso del 2019 e le maggiori entrate di gettito. Un gioco di revisione contabile che si avvicina ai 6 miliardi di euro e porterà il deficit al 2,1% del Pil. Innanzitutto i risparmi legati a quota 100 e al reddito di cittadinanza dovrebbero ammontare a circa 1,5 miliardi di euro. Stando alle dichiarazioni di Pasquale Tridico, numero uno dell'Inps, la cifra su cui puntare sarebbe potuta arrivare a 3 miliardi. Evidentemente il governo ha voluto tenere un po' di margine di manovra per ottobre. Un altro miliardo e mezzo deriverà dai maggiori incassi frutto della fatturazione elettronica e dei nuovi adempimenti imposti alle partite Iva. Ci sono poi 2 miliardi destinati ai ministeri che sono stati congelati lo scorso inverno e non saranno tolti dal frigo nemmeno a gennaio del 2020. Al conto delle maggiori entrate vanno aggiunti i circa 800 milioni di euro che il Tesoro ha incassato venerdì scorso dall'assemblea straordinario di Cassa depositi e prestiti. Facendo i conti della serva, la somma tocca quasi 6 miliardi e si arriva al 2,1% di deficit tra saldo netto e saldo di cassa. Tanto dovrebbe bastare per non incassare la procedura d'infrazione e rinviare a ottobre l'appuntamento di verifica con Bruxelles. A esprimere fiducia sul fatto che l'Italia possa evitare il cartellino rosso dell'Ue sono stati ieri sia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sia il premier Conte. «Credo che il governo italiano», ha detto Mattarella, «stia presentando tutti i documenti alla Ue per dimostrare che «i conti saranno in ordine e che le indicazioni sono rassicuranti e che non vi sia motivo di aprire una procedura di infrazione». Un'uscita che ricorda tanto quella del 2018, quando il Quirinale si espose per mandare in buca la palla e chiudere la diatriba tra i gialloblù e Bruxelles. Anche stavolta la mossa del Colle è stata la medesima. Non è possibile immaginare che Mattarella si esponga senza avere la certezza che la moral suasion che caratterizza il Colle abbia attecchito non solo a Roma, ma anche in Europa. La trattativa tra le parti al momento ha un handicap. La procedura si evita promettendo il 2,1% di deficit per l'anno in corso, ma anche se Bruxelles da oggi all'8 luglio, data di avvio della due giorni dell'Ecofin, eviterà di fare domande sul deficit strutturale. La manovra di autunno dovrà infatti concentrarsi sui conti del 2020 e come ha recentemente ricordato la Corte dei conti intervenire in modo strutturale. «Il finanziamento in deficit del reddito di cittadinanza mette a rischio l'equilibrio dei conti pubblici ed è necessario utilizzare gli eventuali risparmi della misura per ridurre il disavanzo e il debito pubblico», è il monito lanciato dai magistrati contabili nel rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica. «Un eventuale minor esborso rispetto alle stime originarie andrebbe utilizzato, almeno sotto lo stretto profilo della sostenibilità dei conti pubblici, per ridurre il disavanzo e rientrare dal debito», ha dichiarato la Corte anticipando di fatto il decreto di assestamento del bilancio. «Sono sempre fiducioso», ha affermato infine Conte già prima che iniziasse il Cdm. «I numeri sono sempre quelli, positivi e non sono cambiati», ha aggiunto. D'altronde sapeva già di avere le spalle coperte dal Mattarella e di poter arrivare con il mantello del Colle all'Ecofin e sperare al tempo stesso che la data di definizione delle nomine Ue si prolunghi almeno fino al 15. Una strategia tutta pro Italia e targata Quirinale. Vedremo che cosa chiederà in cambio Bruxelles. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/conte-e-mattarella-portano-il-deficit-al-2-1-2639047512.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-salta-la-spallata-sulle-tasse-fermi-flat-tax-iva-e-taglio-del-cuneo" data-post-id="2639047512" data-published-at="1757615638" data-use-pagination="False"> Ma salta la «spallata» sulle tasse: fermi flat tax, Iva e taglio del cuneo L'assenza di Luigi Di Maio e la veloce apparizione di Matteo Salvini hanno di fatto svuotato il Consiglio dei ministri dalla possibilità di gettare le basi per una manovra anticipata. Una delle mosse della Lega è infatti quella di portare a casa il maggior numero di risultati possibili prima della data del 16 luglio, oltre la quale non si potrebbe andare alle elezioni a settembre. Salvini sa bene che dopo, in caso di crisi, i gialloblù sarebbero sostituiti da un governo balneare a impronta Mattarella e verosimilmente l'asse del Parlamento potrebbe trovare un nuovo equilibrio a metà strada tra 5 stelle e Pd. Non a caso, la priorità del vicepremier leghista continua a essere la flat tax, nonostante i costi. Tra gli obiettivi immediati: una manovra economica anticipata, da chiudere «prima di tutti gli altri anni», e un tavolo tecnico per decidere sulla riduzione del cuneo fiscale. In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, il vicepremier ha lanciato un ultimatum: «Se non si procede con una riforma fiscale, sono pronto a lasciare il governo». Ma sulla provocazione, durante l'incontro con i consulenti del lavoro che si è tenuto dieci giorni, Salvini ha ritrattato: «L'intenzione è di governare ancora per quattro anni». «Il mio obiettivo è di fare un tavolo tecnico entro luglio. Non arrivare alla manovra economica a ottobre, novembre, dicembre, ma anticiparla il più possibile. Fosse per me la farei entro la fine dell'estate», ha aggiunto sempre durante il meeting. Su riduzione del cuneo fiscale o flat tax, «stiamo valutando la scelta, non vorrei farla da solo ma inviterò e inviteremo tutti i soggetti economici da Confindustria, Confartigianato, Coldiretti, ai sindacati, ai consulenti del lavoro perché mi piacerebbe farla insieme. Vorrei invitare tutti gli altri a corresponsabilità. Ci mettiamo a tavola perché è un momento difficile». E la riduzione delle tasse non è l'unico punto su cui ha dichiarato di avere l'intenzione di tirar dritto. Nonostante la preoccupazione sui costi e i segnali di richiamo che arrivano dall'Europa, si continua anche con la riforma delle pensioni verso quota 41. E ha concluso: «Quota 100 non si discute e la confermo anche per gli anni a venire». La spallata sui temi fiscali ieri però non è riuscita. E nel Consiglio dei ministri dal quale Salvini si è allontanato dopo solo mezzora non si è discusso del 2020. Non risulta che si sia affrontato il tema della flat tax né quello delle coperture che serviranno per evitare l'aumento dell'Iva. Una maxi clausola di salvaguardia che da sola pesa sul bilancio dello Stato ben 15 miliardi di euro. Se la Lega non riuscirà a forzare la mano nelle prossime ora, prima che si definisca la partita con l'Ue, sarà difficile che riesca ad avviare la riforma fiscale. Una specie di all in in cui si prende tutto oppure si riporta la situazione di equilibrio politico al 25 maggio, il giorno prima delle elezione europee stravinte dalla Lega. C'è da immaginare che l'assenza di ieri Di Maio, anche se programmata, sia servita per non affrontare la questione flat tax e la moral suasion di Sergio Mattarella abbia fornito a Giuseppe Conte il sostegno per tenere il punto. Speriamo che l'intera trattativa porti nel breve un vantaggio all'Italia, almeno sulle nomine in Commissione e al Consiglio Ue.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».