2020-02-26
Caso Consip, i pm si perdono il conto
del massone amico del giglio magico
L'ordinanza che ha respinto l'archiviazione per Carlo Russo e Alfredo Romeo punta i fari su Rocco Borgia, tramite con la dirigente Inps che si occupava di immobili. Bacchettati gli errori dei pm su un conto riconducibile all'uomo del mistero.Nell'inchiesta Consip la Procura di Roma non ha approfondito un filone che riguarda l'Inps, commettendo clamorosi errori investigativi. Lo sostiene il gip romano Gaspare Sturzo e la pista in questione ruota intorno al calabrese Rocco Borgia (perquisito, ma non indagato), settantacinquenne originario di Melicuccà (Reggio Calabria). Il nostro giornale lo intervistò nell'estate del 2017, raccontando per primo la storia di questo «misterioso massone con il diploma di perito agrario», capace di inventarsi un'attività di dirigente di Ong in giro per il mondo, nonché di consulente di importanti cooperative, dopo gli esordi da militante del Partito comunista italiano. Ha collaborato per anni con la Cmc (Cooperativa muratori e cementisti), il colosso rosso delle costruzioni, con cui ha interrotto i rapporti dopo che i media hanno raccontato del suo coinvolgimento nell'inchiesta ConsipAdesso Sturzo ha chiesto ai pm nuove indagini su una vicenda che coinvolge Borgia, il faccendiere Carlo Russo, già stretto collaboratore di Tiziano Renzi (entrambi sono indagati per traffico di influenze illecite) e in questo caso emissario dell'imprenditore Alfredo Romeo, e una dirigente dell'Inps, istituto di cui Romeo era fornitore. I tre pranzarono insieme a Roma il 20 settembre 2016. Borgia ha raccontato ai pm di aver presentato Russo a Daniela Becchini per una questione previdenziale legata a un operaio della Ceg, «assunto nella quota delle persone diversamente abili». La Ceg è l'azienda di Bibbiena di cui Russo era responsabile dei rapporti istituzionali. La versione di Borgia, però, non ha convinto il gip, dopo che la Procura pare essersela bevuta tutto d'un fiato. La Becchini in quel periodo pare cercasse il sostegno di Romeo per la sua scalata a direttore e avesse consegnato all'imprenditore «un documento riservato collegato a un progetto di cartolarizzazione degli immobili di proprietà dell'Inps». Per questo Sturzo ha vergato dieci puntutissime pagine in cui ha messo in rilievo gli errori della squadra di inquirenti sino al maggio scorso coordinata dall'ex procuratore Giuseppe Pignatone. «La prima possibile menzogna di Borgia» secondo Sturzo riguarda proprio l'argomento del pranzo visto che la Becchini «non sembra occuparsi di queste cose (vedi l'operaio diversamente abile, ndr), ma del settore immobiliare».Per il gip la seconda possibile bugia di Borgia arriva quando l'uomo riferisce ai pm che dopo il pranzo del 20 settembre «non ho saputo più nulla dei loro contatti e dei motivi». Infatti il gip squaderna quattro intercettazioni che lo smentiscono clamorosamente. Addirittura il 29 novembre 2016 Borgia metteva in guardia la Becchini «circa una possibile pericolosità di un incontro con Carlo Russo, definito “il mio giovane amico riccioluto"» e le consigliava di «rinviare qualsiasi incontro» e «qualsiasi chiacchierata telefonica». Il gip collega questo avvertimento allo scoop della Verità del 6 novembre 2016, quando svelammo l'esistenza di una nuova inchiesta su Tiziano Renzi e su un suo referente. Ma è sotto il capitoletto «la quinta menzogna del Borgia Rocco» che il gip infligge il colpo più duro agli inquirenti. L'argomento è la consulenza che Russo avrebbe cercato di far saldare a Borgia da Romeo. Ma quel pagamento non è mai avvenuto. Per Sturzo il mancato versamento da parte dell'imprenditore può avere diverse motivazioni, a partire dal fatto che Romeo potesse ritenere «non connotarsi secondo le sue aspettative […] la relazione effettivamente sorta con la Becchini». Ciò non toglie che Russo avrebbe realmente fornito a Romeo l'iban e il nome della società Sviluppo srl «poi risultata di fatto collegata al Borgia». Ma ecco che, dall'ordinanza, emerge la clamorosa topica della Procura. Scrive il gip: «Assume il pm come tra Borgia e il numero bancario indicato nella bozza pro forma» consegnata da Russo a Romeo, «non vi sia rapporto alcuno». E in effetti il sostituto procuratore annota che «Borgia, dominus della Sviluppo srl […] ha permesso di appurare» con le sue dichiarazioni che «tale bozza non solo non corrispondeva a nessuna fattura mai emessa, ma che, inoltre, su tale bozza era assente l'indicazione della partita Iva e vi era, di converso, l'indicazione di una banca con cui la società non aveva rapporti». L'ultima asserzione è a giudizio di Sturzo un incredibile svarione: «In vero le indagini hanno accertato cosa diversa» e cioè che esista realmente un conto corrente presso la Banca popolare di Bari filiale di Roma Prati con iban identico a quello consegnato a Romeo. Il conto è intestato alla Sviluppo srl con sede in via Boezio 33, la stessa di cui Borgia, a giudizio della Procura, era il «dominus». Negli estratti conto compare persino, nota sempre Sturzo, un movimento del 4 luglio 2016 in cui Borgia viene citato per nome, collegando in modo inequivocabile il conto alla Sviluppo srl del massone calabrese e non a una sua omonima. Dunque per il gip Borgia «non solo ha mentito ancora una volta ai pm di Roma», ma questo impasto di fandonie «rende ancora più funzionale la necessità di capire perché Russo volesse realmente che Romeo versasse del denaro, pari ad almeno 20.000 euro su un conto corrente che era effettivamente riferibile al controllo del Borgia». Sturzo a questo punto rigetta la richiesta di archiviazione per Romeo e Russo relativa alla mediazione nei confronti della Becchini e chiede di approfondire anche i rapporti tra Russo e la Ceg, società «che tanto interessava Borgia (che era stato portato dal Russo a visitare l'azienda e avrebbe avviato una cosiddetta partnership)». Il gip, inoltre, rimarca che la Cmc, per cui lavorava Borgia, era socia dell'Inps in Igei, l'azienda che si occupava proprio della gestione del patrimonio immobiliare dell'ente previdenziale e che «la Romeo gestioni sarebbe parte nel processo di vendita degli appartamenti ex Igei». a CatanzaroBorgia, in questo periodo, non ha solo il problema Consip. A Catanzaro è coinvolto nell'inchiesta denominata Passepartout che riguarda un'organizzazione che avrebbe pilotato ricchi appalti in Calabria. A ottobre gli inquirenti hanno chiesto il rinvio a giudizio per 20 persone, tra cui lui, accusato di associazione per delinquere e turbativa d'asta. Nelle carte viene descritto come «intermediario» per conto proprio della Cmc, aggiudicataria dell'appalto della metro Cosenza-Rende. Nell'avviso di chiusura indagini, ha ricordato recentemente il sito Iacchitè, si legge sul suo conto: «Dispone di una complessa rete di contatti e relazioni con politici, imprenditori e amministratori pubblici che gli consente di veicolare le aggiudicazioni in favore dei gruppi imprenditoriali da lui individuati e sponsorizzati». Ma per la Procura di Roma Borgia era poco più che un passante.