2019-05-23
Schumacher come Lambert: va ucciso pure lui?
Il campione di Formula 1 è considerato un modello di forza. Per il francese, che versa in condizioni simili, si chiede la morte.Provate per un momento a cambiare prospettiva e domandatevi: che cosa avreste pensato se qualcuno avesse voluto uccidere Michael Schumacher? Sembra un quesito folle, ma non lo è affatto. Sul gigante tedesco dei motori il riserbo è pressoché totale. Da quando, il 29 dicembre del 2013, è caduto mentre sciava sulle piste francesi e ha battuto la testa su una roccia, delle sue condizioni di salute non si sa praticamente nulla. Ogni tanto filtrano indiscrezioni, però da anni non si vedono video né immagini dell'ex pilota. Nell'incidente egli ha riportato gravissimi danni cerebrali. Alla fine del 2018, poco prima del cinquantesimo compleanno di Michael, la Bild lo descriveva come un uomo non in grado di parlare, le cui risposte agli stimoli esterni si accompagnavano a lunghi momenti di «isolamento». Stando al giornale, attorno a Schumacher si affaccendavano ben 10 tra fisioterapisti, infermieri ed esperti di vario tipo. Può anche darsi - e ce lo auguriamo - che la sua situazione sia migliorata. Ma, appunto, provate a riflettere. Che cosa avrebbe potuto dire, in questi anni, uno strenuo sostenitore dell'eutanasia? Gli argomenti non sarebbero mancati: Michael non parla, è costretto in un letto, non risponde agli stimoli esterni, non è cosciente... Se ci fate caso, sono più o meno le stesse parole che vengono pronunciate oggi nei riguardi di Vincent Lambert, l'ex infermiere francese che i medici hanno provato a uccidere prima che un tribunale sospendesse (a tempo determinato) la sentenza di morte. I casi di Lambert e di Schumacher sono abbastanza simili. Il primo a metterli a paragone è stato l'arcivescovo di Parigi, monsignor Michel Aupetit. «Quest'uomo di quarantadue anni, cerebroleso in seguito a un incidente automobilistico, è attualmente severamente handicappato, tetraplegico e degente in un letto al Chu di Reims», ha detto parlando di Lambert. «Il suo caso è assai vicino a quello di Michael Schumacher, che per un trauma cranico ha riportato gravi lesioni cerebrali, e anch'egli è in stato pauci-relazionale». Poi l'arcivescovo ha aggiunto: «Malgrado la celebrità del campione di Formula 1, i media non hanno messo le mani sul suo caso clinico ed egli può tuttora godere di cure specialistiche molto attente in un contesto privato. Nel caso specifico del signor Vincent Lambert, constatiamo che ha gli occhi aperti, che respira normalmente, che è stabile, tutto fuorché in fin di vita. Ha bisogno di un assistente e di un'infermiera che assicurino il nursing e il cambio di posizione, di un kinesiterapeuta per evitare le piaghe. La nutrizione e l'idratazione si fanno per gastrostomia o per sondino nasogastrico».Ed ecco la differenza: Schumacher viene (giustamente) presentato dai media come un esempio di coraggio, un «combattente» che non ha smesso un secondo di lottare, prima in pista e poi durante la degenza. Lambert, invece, viene trattato come un vegetale in cui solo l'ostinazione di due genitori «estremisti cristiani» può ancora scorgere tracce di umanità. Eppure anche Vincent non ha bisogno di macchine per essere tenuto in vita: respira da solo, il suo cuore batte, ha lo stimolo della deglutizione. Proprio come Schumacher, egli ha soltanto bisogno di un gruppo di esperti di fisioterapia, di infermieri, di specialisti che lo nutrano e si prendano cura di lui. Il tedesco e il francese, infine, hanno un'altra caratteristica in comune: sono amati. Michael è sostenuto dalla moglie Corinna, un capolavoro di dignità, compostezza e abnegazione. Vincent ha i genitori, la mamma che dolcemente gli passa una mano sulla guancia ad asciugargli le lacrime.Allora perché Lambert dovrebbe morire? Perché nessuno, grazie al cielo, si azzarda a parlare di eutanasia per Schumacher mentre all'ex infermiere francese avevano già sospeso idratazione e nutrizione? Le risposte, purtroppo, sono scontate, banali, e molto tristi. Il tedesco è una celebrità che gode, meritatamente, dell'affetto di milioni di tifosi in tutto il mondo. Inoltre, grazie al suo lavoro, è diventato molto ricco: può permettersi di restare al riparo dai fotografi e dalle telecamere, e nessuno osa mettere in dubbio il suo diritto a «vivere la vita», benché si tratti di una vita estremamente diversa da quella a cui era abituato. Il malato francese, al contrario, è un signor nessuno. Non ha chiesto di morire, ma occupa un posto letto che forse qualcuno preferirebbe liberare il più velocemente possibile. Non è in fin di vita: è un disabile grave, e senza alcuna pietà vogliono toglierli cibo e acqua fino a farlo crepare. È inutile, tuttavia, fare polemica. Meglio, molto meglio, concentrarsi sul lato costruttivo della vicenda. Michael Schumacher, sua moglie e tutta la sua famiglia sono degli esempi. Vivono in Svizzera, il Paese della dolce morte, eppure restano attaccati alla vita con vigore e con amore. Lasciamo allora che questo esempio ci contagi. Offriamo a Vincent Lambert e a quelli come lui le cure e le attenzioni di cui hanno bisogno. Non tutti sono Schumacher, ma non per questo meritano di morire.