
Dipingono il volto della madre di Gesù per devozione. La loro arte fa da contraltare a una società che tutto produce e rottama. Eppure c'è chi li tratta alla stessa stregua dei venditori abusivi. Qualche Comune impone perfino il pagamento del plateatico.Prediligono i chiaroscuri e traggono ispirazione figurativa da capolavori dei classici, come la Madonna della seggiola di Raffaello. Ma, siccome le vie del Signore sono infinite, il soggetto più amato, Maria di Nazareth, attraverso i loro gessi pazienti, può arricchirsi di elementi estemporanei e assumere originalissime nuance che s'impastano con il grigio del bitume dei fondi stradali. Contrariamente al congenito narcisismo del pittore tuttavia, la cui più alta aspirazione è la conservazione, possibilmente eterna, delle sue opere e la fama personale trasmessa ai posteri, loro, i madonnari, scegliendo di dipingere su ruvidi selciati e ordinari asfalti, soggetti all'inevitabile azione cancellante del primo acquazzone, contraggono il proprio io al minimo, scegliendo di praticare un'arte effimera, ossia destinata a sopravvivere un giorno o poco più. Però l'effimero dei madonnari, o pintaterra, è l'esatto contrario di quello con cui si è identificata la società dell'eclisse del sacro, che tutto produce e tutto rottama senza alcuna meta. Le loro creazioni che, ricorrendo a un'espressione di San Francesco d'Assisi, si potrebbero considerare «fioretti», tendono invece a omaggiare il sacro e a aspirarvi, attraverso una forma espressiva che nasce con l'obiettivo di sacrificarsi alla prima intemperia, di dissiparsi per rapida consunzione sotto una pioggia benedetta dai contadini, così come una candela che si accende per devozione lascia un grumo di cera e l'immateriale preghiera che ha accompagnato la sua accensione. Data l'inesistenza e l'improbabilità di un loro censimento, non si sa esattamente quanti siano i madonnari italiani: alcune decine, forse più di un centinaio. Certamente, però, la maggior parte di essi esercita la loro abilità nel dipingere madonne sugli asfalti delle piazze e delle strade per una particolare forma di devozione. Soprattutto alla madre di Gesù. L'aveva compreso Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II, che aveva messo il culto alla Madonna («Totus tuus», scriveva) al centro della propria teologia e della propria fede. Nell'estate del 1991 si recò in visita a Grazie, un borgo classificato fra i più belli d'Italia, appartenente al Comune di Curtatone, a pochi chilometri da Mantova e il cui nome coincide con un ringraziamento, non solo per raccogliersi in meditazione davanti all'icona della Madonna dell'antico santuario della Beata Vergine Maria delle Grazie, ma anche per salutare la schiera di madonnari che ogni anno, a cavallo della festa di Santa Maria Assunta, il 15 di agosto, si radunano per realizzare i loro transitori affreschi sul pubblico suolo che, puntualmente, strappano un'espressione di ammirato stupore a chi si sofferma a guardarli. In occasione dell'arrivo del Papa polacco, una squadra di questi pittori di strada, rese unica la 19ª edizione della secolare fiera di Santa Maria delle Grazie, che si tiene dal 1425 e fu istituita da Gianfrancesco Gonzaga, realizzando una straordinaria opera collettiva, Il giudizio finale, che, fatto altrettanto eccezionale, complice la stagione secca di quell'anno e forse un soffio divino, resistette quasi un anno prima di svanire. Marina Ferrari, presidente della Pro loco di Curtatone e memoria storica della manifestazione, racconta che, nei 46 anni di vita dell'evento, «è accaduto di tutto. In quell'anno che venne il Papa, mentre gli artisti erano al lavoro, nei paesi attorno a Grazie si verificarono piogge e temporali, ma nel borgo, incredibilmente, non cadde nemmeno una goccia». Nell'edizione del 2016, invece, gli artisti, che come stabilito dal regolamento, come sempre, hanno lavorato ininterrottamente dalle 18 del 14 agosto alle 17 del giorno successivo, nel momento in cui stavano per ultimare le proprie opere hanno assistito alla loro rapidissima scomparsa a causa di un nubifragio scatenatosi improvvisamente sulla zona. La giuria del premio, per nominare il vincitore, dovette ricorrere all'esame delle fortunatamente abbondanti immagini fotografiche scattate alle opere.Se il borgo di Grazie è diventato la capitale italiana e internazionale dei madonnari - basti pensare che nel concorso del 15 agosto scorso sono giunti da circa 12 Paesi stranieri - lo si deve a un'idea nata nel 1973, di una giornalista, Grazia Fringuellini, e dell'allora presidente dell'Ente provinciale turismo di Mantova, Gilberto Boschesi, i quali, incuriositi dalla tradizione dei pittori di Madonne italiani, sviluppatasi probabilmente alla metà dell'Ottocento e presente soprattutto nell'Italia meridionale, decisero di avviare una rassegna che ne celebrasse l'abilità tecnica e lo spirito di arte povera e popolare. Anche altre due note figure, l'indimenticato presentatore televisivo Enzo Tortora, sempre attento alle espressioni della creatività nascoste nelle pieghe della penisola, e Dino Villani, il pubblicitario originario di Nogara (Verona) che inventò Miss Italia (con Cesare Zavattini), la colomba di Pasqua e la festa di San Valentino dedicata agli innamorati, contribuirono a lanciare l'iniziativa. Lo stesso termine «madonnaro» fu scelto in questa occasione, prendendo spunto da un'espressione in vernacolo lombardo, madunèr, con la quale erano designati i disegnatori di «santini». La prima edizione fu chiamata Gessetti d'oro e vi partecipò uno sparuto gruppo di madonnari reperiti nel Paese, anche attraverso le ricerche personali di Tortora, presidente della giuria della prima edizione. Torna così alla memoria una galleria di maestri nazionali della pittura votiva sulle piazze dei paesi. Come Francesco Prisciandaro (1922-2008), proveniente da Bari. E Ugo Bonsio, un singolare personaggio che giungeva a Grazie da un paese costiero del lago di Garda per dipingere il suo unico soggetto, perpetuamente ripetuto, Angelo Roncalli, papa Giovanni XXIII, con un cappello da alpino e una scimmietta. Poi Flavio Sirio, allievo di Prisciandaro, e Francesco Morgese, pittore d'icone sull'asfalto. L'effetto tam tam consentì alla fiera delle Grazie di attirare un numero sempre maggiore di partecipanti. Quello del madonnaro, continua a essere uno status paradossale. Può essere un autodidatta, un allievo d'accademia, un laureato in architettura o in storia dell'arte, un decoratore, un giramondo, un bohémien. Essendo la sua tela la strada, questa forma d'espressione sui generis ha sempre stentato a ottenere riconoscimenti nel settore degli studi pittorici. Ma è emblematico che il presidente della giuria incaricata alla premiazione dell'opera ritenuta migliore del concorso di Grazie di Curtatone sia un titolato storico dell'arte, l'austriaco Peter Assmann, direttore di palazzo Ducale a Mantova. Ciononostante, il pittore di strada è non di rado trattato, nei paesi e nelle città in cui propone l'epifania dei suoi fugaci affreschi, quasi alla stregua di un paria, di un venditore abusivo, di un marginale a malapena tollerato, quando non indesiderato. In atti concreti, ciò significa che può essergli chiesto il pagamento dell'imposta sul plateatico, o contestata la violazione di qualche articolo del Codice penale. I sindaci che si sono succeduti a Curtatone hanno fatto quello che hanno potuto per incoraggiarne l'accoglienza, raccomandando ai loro colleghi di essere indulgenti con loro, di darvi ospitalità considerandoli un regalo del destino. Perché, fra tanto chiasso e vanità, quello portato dai pittori dell'effimero, è forse l'unico messaggio di speranza che resta.
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.