2020-08-08
Con il dl Agosto il governo s’inventa la formazione per le casalinghe
Nunzia Catalfo ( Samantha Zucchi:Insidefoto:Mondadori Portfolio via Getty Images)
Previsti 3 milioni per le lavoratrici domestiche e assistenzialismo a pioggia. Al ministero di Dario Franceschini vanno 245 milioni in più. Divieto di licenziamento «mobile»: scadrà tra metà novembre e fine anno.Metà delle tasse si potrà versare in quattro rate (la prima a settembre) e l'altro 50% in 24 tranche. Meglio di prima, ma le aziende restano schiacciate dalle gabelle.Lo speciale contiene due articoli.Ci mancava solo un fondo da 3 milioni l'anno per la formazione delle casalinghe. La «geniale pensata» è venuta al governo giallorosso: alla lettera, con lo scopo di incrementare «le opportunità culturali e l'inclusione sociale delle donne che svolgono attività prestate nell'ambito domestico».Detto questo, la giornata di ieri è stata segnata da un ennesimo slittamento per problemi di bollinatura del cosiddetto decreto Agosto. Fino al pomeriggio di ieri, tutti davano per certa un'imminente convocazione del Consiglio dei ministri, che però continuava a tardare, ed è scattata solo verso le 18.30. Mentre questo numero della Verità andava in stampa, era dunque quasi certa un'approvazione in serata, ma con la solita formula «salvo intese», tanto per prendersi altro margine per correzioni e integrazioni, anche approfittando della chiusura delle Camere per due settimane.E i contenuti? Un pasticcetto compromissorio (destinato a scontentare tutti) sui licenziamenti; una misura propagandistica per la decontribuzione relativa ai lavoratori nel Sud, utile a fare titolo ma - c'è da temere - non a molto altro; e una pioggerellina di provvidenze spalmate sul territorio, un po' come accadeva nella politica del tempo antico alla vigilia di una tornata elettorale amministrativa. Del resto, si vota a settembre e Giuseppe Conte cerca di lanciare come può la volata alla coalizione giallorossa. È questa la sensazione che si ricava dalla lettura dell'ultima bozza disponibile del decreto, bozza in cui diversi articoli recano ancora l'annotazione a margine «nodo politico», a testimonianza della laboriosità delle trattative tra i quattro partiti di maggioranza per spartirsi la torta di questi altri 25 miliardi. Il testo è cresciuto ancora di dimensione rispetto alle versioni precedenti circolate nei giorni scorsi: 109 articoli invece di 91. Il che renderà anche questo provvedimento un «decreto-monstre», ben difficilmente lavorabile da parte del Parlamento, realisticamente chiamato ad approvarlo, come al solito, sotto la frusta della fiducia.Ma l'impressione è analoga all'uso degli 80 miliardi precedenti: tutto sminuzzato, senza una visione complessiva, e senza nessuna ragionevole chance di produrre un impatto economico percepibile per l'economia reale.Sui licenziamenti, il governo ha scelto la linea di quello che potremmo chiamare «blocco mobile». Esisteva un blocco fisso, in scadenza il 17 agosto: fino a quella data, impossibilità di qualunque licenziamento. Sindacati, sinistra e grillini volevano portare tutto al 31 dicembre; Confindustria spingeva invece in direzione contraria. Morale: ne è uscita la solita via di mezzo alla Conte. Potrà licenziare chi avrà esaurito le residue 18 settimane di cassa integrazione, mentre non potrà farlo chi ancora ne starà usufruendo. In sostanza, calcolando i tempi seguiti dalle imprese per accedere alla cassa, il termine oscillerà dal 17 novembre al 31 dicembre.Purtroppo, però, il governo dimentica la dura realtà dell'economia. Non è l'articolo di un decreto a poter impedire il fallimento di un'azienda o, per chi riesca a fermarsi prima, una chiusura tempificata e gestita. L'impressione è che questa (dolorosa) exit strategy sarà quella obbligata per numerosissime imprese, da settembre all'autunno: e nessuna acrobazia legislativa potrà mettere in salvo quei posti di lavoro. Un altro tema assolutamente non presidiato è quello del rapporto tra imprese e banche, in considerazione dell'appuntamento che, alla ripresa e fino a fine anno, vedrà numerosi imprenditori chiamati a rinegoziare i loro affidamenti bancari in presenza di un fatturato potentemente colpito dalla crisi. Non è difficile immaginare la stretta creditizia che ne deriverà, ma il tema (devastante per la vita reale delle imprese) lascia indifferente il governo, almeno per ora.Cosa resta? Una sventagliata di risorse a pioggia: 400 milioni per il trasporto pubblico locale, 600 per la progettazione degli enti locali, 500 per le piccole opere, 90 (e rispettivamente 200 e 625 per i due anni successivi) per le scuole di province e città metropolitane, 200 per ponti e viadotti. Ancora, vanno segnalate altre misure indirizzate ad alcuni settori: esenzione Imu nel turismo e nello spettacolo; indennità per i lavoratori stagionali sempre di turismo e spettacolo; indennità per i marittimi.E ancora un paio di altri interventi simbolici: esonero dai contributi per chi non chieda la cassa integrazione; e altro esonero, fino a 8.000 euro di contributi, per chi assuma a tempo indeterminato. Ma siamo sempre nel campo dei titoli con scarsa chance di incidere in concreto nelle scelte reali degli imprenditori. L'ultimo tocco assistenziale è la terza tranche del reddito di emergenza per le famiglie più in difficoltà: altri 400 euro dopo i 400+400 stanziati nel decreto Rilancio.A spartirsi un ricco piatto è il ministro per i Beni e le attività culturali, Dario Franceschini: 245 milioni di euro in più che andranno alla filiera dell'editoria libraria, musei e luoghi culturali statali, spettacolo, cinema e audiovisivo. Tra Cura Italia, dl Rilancio e dl Agosto, il fondo supera un miliardo di euro.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/con-il-dl-agosto-il-governo-sinventa-la-formazione-per-le-casalinghe-2646923387.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="piu-tempo-per-pagare-le-imposte" data-post-id="2646923387" data-published-at="1596845937" data-use-pagination="False"> Più tempo per pagare le imposte Siamo ormai arrivati a tal punto di mitridatizzazione, a tal livello di assuefazione al veleno del rapporto con la vorace e spietata macchina fiscale italiana, che finiremo per salutare come una possibile notizia positiva quella che sarebbe semplicemente una modesta dose di metadone somministrata ai contribuenti. Naturalmente occorrerà verificare se la misura resterà effettivamente nel testo finale del cosiddetto decreto Agosto: la norma era arrivata indenne nell'ultima bozza circolata ieri pomeriggio (nonostante una modifica peggiorativa intervenuta nelle ore precedenti) e, a quanto pare, non sarebbe stata oggetto di ulteriori trattative e contestazioni politiche. Se così fosse, se cioè la previsione normativa arrivasse in Gazzetta ufficiale in questi termini, si tratterebbe dell'unico - sia pur limitatissimo e tardivo - atto di realismo del governo a favore dei contribuenti. Non si tratta (purtroppo) dell'anno bianco fiscale chiesto dalle opposizioni, e ancora negato dall'esecutivo. Non ci sarà una cancellazione delle scadenze fiscali prossime, e nemmeno di quelle rinviate o posticipate dall'inizio della crisi del coronavirus. Nessun alleggerimento né totale né parziale degli obblighi tributari. Cosa ci sarà dunque? Solo una spalmatura su più rate delle tasse rinviate da marzo in poi, e che, in base al precedente decreto, sarebbero state tutte teoricamente da pagare entro il 16 settembre prossimo (come se gli imprenditori avessero la liquidità necessaria). Per l'esattezza, prima di questo decreto, il governo aveva offerto al contribuente un'unica alternativa rispetto al pagamento in una sola soluzione, e cioè la rateizzazione in quattro rate fino a fine anno. Dunque, fino a ieri, c'erano due opzioni: pagare tutto il 16 settembre, oppure dividere il dovuto in quattro tranches ravvicinatissime e consecutive: settembre, ottobre, novembre, dicembre 2020. Ora invece (a meno di ulteriori modifiche) le cose starebbero così: il 50% del dovuto lo si può pagare come prima (in unica soluzione o in 4 rate), mentre (sempre senza sanzioni e interessi) il restante 50% potrebbe essere pagato in 24 rate mensili da gennaio 2021, dando cioè due anni di tempo per il recupero dell'arretrato fiscale creatosi da marzo in poi. Fino a poche ore prima di quest'ultima versione, l'articolo in questione del decreto Agosto, rubricato «Rimodulazione opzionale del pagamento delle imposte sospese e ulteriore rateizzazione dei versamenti sospesi», era ancora più vantaggioso: disponeva infatti che, rispetto al decreto precedente (quello che aveva deciso il minirinvio, per l'esattezza il dl 34 del 2020), le parole «quattro rate mensili», ovunque ricorressero, venissero sostituite dalle parole «24 rate mensili». Poi ci si è attestati sul doppio binario descritto prima: 50% in 4 mesi, e 50% in 24. Slitteranno inoltre ad aprile gli acconti delle tasse previsti a novembre per gli autonomi che abbiano registrato perdite di «almeno il 33%» nel primo semestre di quest'anno. In prima battuta, si potrebbero considerare buone notizie. E in qualche misura lo sono, un po' come la commutazione di una pena di morte all'ergastolo. Almeno si resta vivi, insomma. Ma il guaio è che si resta vivi pagando. E quel tanto di liquidità che auspicabilmente le imprese vedranno entrare nelle loro casse nel caso di una pur tenue ripresa nei prossimi mesi, sarà letteralmente drenato dall'idrovora fiscale. Onorare le eventuali rateizzazioni o cartelle eventualmente già esistenti per altre ragioni con l'Agenzia dell'entrate; pagare le nuove tasse, la cui corsa non si ferma (né è previsto alcun tipo di riduzione); e in più aggiungere questa ulteriore rateizzazione in 24 mesi. Per carità, quanto all'ultimo caso, si tratta pur sempre di una situazione meno peggiore di quella che esisteva fino a ieri. La macchina fiscale concede un po' di tempo in più. Ma le rate non finiscono mai, e le tasse nemmeno.