2020-05-21
Con Haftar a terra è caccia al petrolio libico
Amru Salahuddien:Anadolu Agency via Getty Images
Da settimane il generale incassa solo sconfitte, la Russia e l'Egitto (con Parigi) stanno cercando un altro cavallo su cui puntare. Intanto Fayez Al Serraj, dopo la Turchia, annuncerà un nuovo partner strategico. Visto l'attivismo, può essere Berlino. Di certo non noi.Persa la strategica base aerea di Al Watiyah, a Sud Ovest di Tripoli, e venuta meno la fiducia degli alleati politici nell'Est della Libia, il generale Khalifa Haftar rischia di venire travolto a livello militare e internazionale. Dopo l'intervento della Turchia al fianco del Governo di accordo nazionale guidato da Fayez Al Serraj, l'offensiva contro Tripoli lanciata più di un anno fa dall'uomo forte della Cirenaica ha inizialmente perso slancio, poi è diventata una ritirata. Tanto che le milizie governative potrebbero tentare alla città di Tarhuna, l'ultima roccaforte in Tripolitania controllata dall'autoproclamato Esercito nazionale libico di Haftar. Il portavoce del generale, Ahmed Al Mismari, ha annunciato martedì sera il ritiro di tre chilometri da tutti i fronti di Tripoli oltre che un cessate il fuoco unilaterale per consentire «le pratiche religiose durante la festa di fine Ramadan». Una decisione che, nonostante l'appoggio della Russia dichiarato da una fonte del ministero degli Esteri di Mosca all'agenzia di stampa Sputnik, sembra non aver convinto gli uomini di Tripoli a fermare la controffensiva. Così il comandante delle forze di Serraj, Ahmed Al Haddad, ha dichiarato che il prossimo obiettivo è «liberare la regione della Mezzaluna petrolifera con l'assistenza degli alleati turchi». «È giunto il momento di riprendere a produrre ed esportare petrolio libico», ha aggiunto osservando che «i Paesi che hanno sostenuto le forze del Governo di accordo nazionale avranno la priorità nel beneficiare delle risorse economiche libiche». Si arriva così al rischio sopracitato, per Haftar, di venire travolto a livello internazionale. Egitto ed Emirati Arabi Uniti stanno preparando la sua uscita di scena, puntando sul leader del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh. Lo sostiene il quotidiano indipendente egiziano Mada Masr, citando fonti sia libiche sia egiziane. Un funzionario egiziano ha dichiarato al quotidiano: «A questo punto l'alleanza Egitto-Emirati Arabi Uniti-Francia che ha sostenuto Haftar è chiamata a decidere la prossima mossa in vista della sconfitta di Haftar. Nessuno può ancora scommettere» su di lui. E neppure la Russia, sembra convinta di rimanere al fianco del generale. Ad aprile il capo della diplomazia russa Sergej Lavrov (che ieri ha discusso telefonicamente di Libia con l'omologo italiano Luigi Di Maio) aveva detto che Mosca non esercita molto potere su Bengasi. Una dichiarazione che letta allora suona come un distanziamento dal generale, che pone diversi interrogativi. Primo fra tutti: i russi che difendono l'ultima roccaforte di Haftar in Tripolitania, Tarhuna, rimarranno e combatteranno fino alla morte?Al quadro già complesso per il generale della Cirenaica si aggiunge una rivelazione della Stampa: Tripoli è prossima a incassare un accordo militare con un nuovo partner strategico. Il Paese non è noto ma, sottolinea il quotidiano torinese citando fonti Onu e libiche, «qualora non riguardasse un Paese europeo, è destinato a tagliare fuori l'Unione dalle orbite libiche, rappresentando per l'Italia un ulteriore passo indietro nelle relazioni con la Libia, il suo più importante dossier di politica internazionale».A tal proposito va evidenziato quanto accaduto martedì. I ministri degli Esteri di Turchia, Germania, Francia e Regno Unito hanno discusso in teleconferenza gli ultimi sviluppi libici ma anche siriani e iracheni. I quattro si sono dati appuntamento a un nuovo incontro nelle prossime settimane. La teleconferenza tra Turchia, Germania, Francia e Regno Unito ha dimostrato due cose. La prima: l'Italia sta continuando a perdere terreno in Libia. Pesa l'avanzata di Serraj, il cui ambasciatore ritiene «illegale» la missione dell'Ue Irini per l'attuazione dell'embargo Onu sulle armi verso la Libia, che è a guida italiana. Embargo che però non ha fermato la Germania, sempre più Paese centrale per il futuro della Libia. Infatti, il 20 gennaio e il 3 maggio scorso, il governo tedesco ha dato il via libera alla vendita di armi ai Paesi coinvolti nella guerra in Libia per 331 milioni di dollari: 308,2 all'Egitto e 7,7 agli Emirati Arabi Uniti (pro Haftar) e 15,1 alla Turchia (pro Serraj), stando a quanto reso noto dal ministero dell'Economia di Berlino.La seconda: la Nato sta tornando centrale negli equilibri libici. Una situazione che emerge anche dalle parole della rappresentante speciale dell'Onu in Libia, la statunitense Stephanie Williams, in un briefing al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Come evidenzia l'Agenzia Nova, la diplomatica, che guida temporaneamente la missione Onu dopo le dimissioni di Ghassan Salamé, ha denunciato «l'intervento diretto di parti straniere» nell'operazione di Al Watiya, sia tramite droni (forniti dalla Turchia al governo di Tripoli) sia con la presenza di sistemi di difesa antiaerea (forniti dalla Russia all'Esercito nazionale libico del generale Haftar).