2020-10-07
Con gli Stati generali Crimi allunga l’agonia pentastellata di un altro mese
Il reggente annuncia che le consultazioni interne finiranno il 7-8 novembre. In tempo perché le fratture si allarghino di più.Il dopo-Crimi viene annunciato da Crimi, come nelle migliori tradizioni dei leader politici costretti a farsi da parte: il reggente pentastellato comunica il via agli Stati generali che - nelle intenzioni del diretto interessato - dovrebbero sancire il ritorno in pompa magna di Luigi Di Maio al timone di un M5s in crisi nerissima. Giggino si era tolto la cravatta da leader lo scorso 22 gennaio, al tempio Adriano di Roma, pochi giorni prima della tornata elettorale regionale che, tra Emilia-Romagna e Calabria, si annunciava come un nuovo bagno di sangue elettorale per i grillini. Il suo successore-predecessore, Vito Crimi, ieri ha annunciato il via agli Stati Generali, che si concluderanno il 7 e l'8 novembre: «Per andare avanti, per realizzare nuovi obiettivi», ha scritto Crimi sul Blog delle Stelle, «abbiamo bisogno di riorganizzarci e per farlo lanciamo gli Stati generali del Movimento 5 stelle. Oggi partono e si concluderanno il 7 e l'8 novembre a Roma in un grande incontro nazionale. Saranno partecipati dal basso. Si parte dalle assemblee regionali e provinciali, che saranno convocate dai facilitatori regionali, già incaricati di attivarsi in questa direzione. Queste assemblee dovranno designare dei rappresentanti che verranno a Roma. In questa due giorni del 7-8 novembre», ha aggiunto Crimi, «i rappresentanti incaricati dalle regioni si incontreranno e confronteranno in tavoli di lavoro. Una full immersion che si svolgerà nelle giornate di sabato e domenica mattina. In conclusione, i singoli tavoli dovranno produrre una sintesi dei lavori e di tutte le questioni che devono essere affrontate o messe in discussione. La sintesi, il documento finale, dovrà essere sottoposto al voto della Rete, alla nostra assemblea degli iscritti», ha concluso Don Vito, «che avrà sempre l'ultima parola e deciderà sul futuro del Movimento». La strada, a quanto risulta alla Verità, è già segnata, anche se dall'entourage di Di Maio nicchiano, facendoci sapere che «Luigi è impegnato nel suo lavoro di ministro degli Esteri». Ha allungato i tempi a dismisura, Crimi, varando gli Stati generali a oltranza, un intero mese per fingere di discutere con la base quello che in realtà è già deciso. Agli iscritti, infatti, sarà sottoposta, a quanto apprendiamo, l'ipotesi di un direttorio, con all'interno esponenti di tutte le sensibilità del M5s, e con un portavoce che avrà il ruolo di rappresentanza di sintesi dell'organismo collegiale.Nostalgia canaglia, quella che attanaglia coloro i quali, nel M5s, avevano contestato e non poco la leadership di Di Maio, il quale, va detto, qualche passo indietro, se non una vera piroetta, l'ha fatto. La sua posizione critica rispetto all'alleanza strategica col Pd, per esempio, si è ammorbidita fino al punto di farlo diventare il portabandiera di quegli accordi che hanno portato i giallorossi a vincere i ballottaggi di domenica e lunedì scorso; la linea della «terza via», né con la destra né con la sinistra, resta la cifra del gigginismo, e la legge elettorale proporzionale consentirà ai pentastellati di presentarsi da soli e di scegliere, dopo le elezioni, con chi governare, se né la destra né la sinistra avranno una maggioranza autosufficiente; i rapporti con Giuseppe Conte pure si sono rasserenati, dopo mesi di gelo; si è rinsaldato inoltre l'asse tutto partenopeo con il presidente della Camera, Roberto Fico, ultrà dell'alleanza a sinistra e punto di riferimento per molti parlamentari. A ricompattare senatori e deputati del M5s intorno a Di Maio ci ha pensato, chi sa quanto consapevolmente, Alessandro Di Battista: i suoi continui bombardamenti verso il governo e il Pd hanno finito per spingere anche i più riottosi tra le braccia dell'ex leader, che garantisce, sostenendo il governo Conte con rinnovata determinazione, quanto meno che la legislatura andrà avanti fino alla scadenza naturale. Una assicurazione sulla vita (politica) per 95 senatori e 198 deputati dei quali più o meno un decimo, se si andasse a elezioni anticipate, tra taglio dei parlamentari, doppio mandato e crollo del M5s, avrebbe la possibilità di tornare ad accomodare le stellate terga sulle poltrone vellutate di Montecitorio e Palazzo Madama. Un M5s totalmente allo sbando, e lo dimostrano le assenze di ieri alla Camera, si arrocca dunque nel palazzo tornando al passato e riaffidandosi a Di Maio: se si trattasse di una squadra di calcio, sarebbe il classico ritorno dell'allenatore esonerato che viene richiamato in panchina perché la squadra, sulla carta in lizza per lo scudetto, è ormai precipitata in zona retrocessione.E Davide Casaleggio? A dispetto delle dichiarazioni ufficiali, la scissione non è da escludere. Il figlio di Gianroberto, alleato di Di Battista, ha pubblicamente scomunicato Di Maio e tutta la dirigenza grillina, denunciando la deriva «partitica» di quello che era un movimento per certi aspetti rivoluzionario. Casaleggio e Di Battista sono certi, e hanno tutte le ragioni per esserlo, che l'alleanza col Pd sarà la pietra tombale del M5s. La domanda è: di fronte alla scelta tra la coerenza e la sopravvivenza, quanti parlamentari sarebbero disposti a seguirli? Sulla carta qualche decina, ma al momento della verità, potete starne certi, molti di questi preferirebbero l'uovo di oggi alla gallina di domani, pur sapendo di andare incontro comunque, tra due anni e mezzo, alla sorte del tacchino a Natale.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)