2024-06-20
I compagni strillano al colpo di Stato ma proponevano le stesse riforme
Massimo D'Alema e Achille Occhetto in una in una foto d'archivio del 2 marzo 1992 (Ansa)
In passato la sinistra provò a introdurre premierato e autonomia differenziata, eppure ora fa le barricate. È la solita ipocrisia: le opinioni cambiano a comando, mentre la Carta è intoccabile solo quando fa comodo.Qualche lettore mi chiede lumi sul libretto verde dei pensieri di Achille Occhetto che ho mostrato l’altra sera in tv, ospite del talk di Bianca Berlinguer. Non ho difficoltà a fornirli. È un volumetto che sintetizza il programma elettorale del Pds del 1994, anno della famosa sfida con Silvio Berlusconi. Lo pubblicò L’Unità, 98 pagine che in copertina recano la seguente scritta: «Per ricostruire un’Italia più giusta, più unita, più moderna». Occhio alla premessa di un Paese più unito e più moderno, perché a pagina 31 c’è la proposta di una riforma dello Stato che metta fine al centralismo, attribuendo più poteri alle Regioni e una capacità di imposizione tributaria che consenta una ripartizione delle entrate tra governo centrale e governi decentrati. Vi dice qualche cosa tutto ciò?Si tratta semplicemente dell’autonomia regionale che ora, con bandiere tricolori e libretti rossi della Costituzione, il Pd contesta sostenendo che la riforma rappresenterebbe la fine della Stato unitario. Stupiti? Io neppure un poco, visto che ricordo il dibattito della bicamerale presieduta da Massimo D’Alema con cui, qualche anno dopo, si affrontò la questione dello Stato federalista: poco ci mancò che la sinistra introducesse lo statuto speciale per tutte le Regioni. Del resto, l’Emilia Romagna, di cui Elly Schlein è stata vicepresidente, fino a qualche anno fa reclamava l’autonomia, chiedendo di ottenere le competenze su 15 materie, senza neppure reclamare i Lep, i livelli essenziali di prestazione.Ma il libretto verde dei pensieri di Occhetto non riserva sorprese solo in merito ai rapporti fra Stato e Regioni. A pagina 32 è prevista l’elezione diretta del presidente del Consiglio, allo scopo di rafforzare i poteri dell’esecutivo. Per il Pds si doveva prendere esempio dalla riforma per l’elezione del sindaco, introducendo il governo di legislatura, cioè legare il destino del Parlamento alla realizzazione del programma votato dai cittadini e dunque alla permanenza del premier, consentendo a quest’ultimo di nominare e revocare i ministri. Anche qui la riforma vi ricorda qualche cosa? Si tratta del premierato che oggi propone Giorgia Meloni e che per Elly Schlein e compagni è una specie di colpo di Stato. Da notare: mentre oggi il Pd denuncia un odioso attentato ai poteri del presidente della Repubblica, con contorno di manifestazioni di piazza a cui partecipano note costituzionaliste come Monica Guerritore, all’epoca non soltanto il Pds di Occhetto proponeva una riforma ancor più radicale, ma nessuno, neanche una Guerritore, scese in piazza per denunciare la pericolosa deriva autoritaria dei compagni.Come dice Paoletta De Micheli, allora impegnata a raccogliere pomodori (viene che chiedersi perché non vi sia rimasta), però si può sempre cambiare idea. Peccato che la sinistra non l’abbia cambiata. Dopo Occhetto, fu Massimo D’Alema a tenere a battesimo il premierato. Infatti, a favore di un sistema che desse più poteri al presidente del Consiglio, con la nomina e la revoca dei ministri, a quei tempi furono i Ds (che poi avrebbero cambiato nome in Pd), il partito popolare italiano, Rifondazione comunista e i Verdi, cioè tutti quelli che adesso strillano contro il premierato. Nella trattativa poi la spuntò il centrodestra, che impose il semipresidenzialismo, salvo poi far saltare il banco. Ma agli atti restano le dichiarazioni di Cesare Salvi in favore del sistema che oggi è guardato con orrore per il solo fatto che lo propone Giorgia Meloni. Del resto, anche altri esponenti della sinistra erano favorevoli all’elezione diretta del presidente del Consiglio così come ora è prefigurata dalla maggioranza di centrodestra. Basta pensare a Matteo Renzi, che addirittura si fece promotore di una legge in tal senso anni fa, sostenendo più volte l’idea, salvo poi dire di recente che il premierato di Meloni è uno schifezzum. Pure Calenda era favorevole, ma anche lui pare pentito, e ora dice di averlo infilato nel suo programma solo per far felice Renzi. La realtà, banale banale, è che ciò che andava bene prima, non può andare bene adesso perché a Palazzo Chigi non c’è la sinistra. L’opportunismo che spinse a colorare di verde il libretto di Occhetto, nella speranza di far apparire gli ex comunisti come dei virtuosi leghisti, è lo stesso di ora. Si cambia opinione a seconda della convenienza. Ci si traveste da difensori della Costituzione o da riformisti della Costituzione quando torna comodo. Dopo avere per anni rivendicato la fantasia al potere, i compagni si sono convertiti all’ipocrisia al potere. Ciò che andava bene quando pensavano di vincere, non va più bene ora che hanno perso. Il premierato e l’autonomia regionale servivano a ricostruire e unire l’Italia, ora provano a distruggerla e a dividerla parlando di fascismo e antifascismo. Ipocriti.
Ecco #DimmiLaVerità del 7 novembre 2025. Il deputato di Fdi Giovanni Maiorano illustra una proposta di legge a tutela delle forze dell'ordine.
Un appuntamento che, nelle parole del governatore, non è solo sportivo ma anche simbolico: «Come Lombardia abbiamo fortemente voluto le Olimpiadi – ha detto – perché rappresentano una vetrina mondiale straordinaria, capace di lasciare al territorio eredità fondamentali in termini di infrastrutture, servizi e impatto culturale».
Fontana ha voluto sottolineare come l’esperienza olimpica incarni a pieno il “modello Lombardia”, fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla capacità di trasformare le idee in progetti concreti. «I Giochi – ha spiegato – sono un esempio di questo modello di sviluppo, che parte dall’ascolto dei territori e si traduce in risultati tangibili, grazie al pragmatismo che da sempre contraddistingue la nostra regione».
Investimenti e connessioni per i territori
Secondo il presidente, l’evento rappresenta un volano per rafforzare processi già in corso: «Le Olimpiadi invernali sono l’occasione per accelerare investimenti che migliorano le connessioni con le aree montane e l’area metropolitana milanese».
Fontana ha ricordato che l’80% delle opere è già avviato, e che Milano-Cortina 2026 «sarà un laboratorio di metodo per programmare, investire e amministrare», con l’obiettivo di «rispondere ai bisogni delle comunità» e garantire «risultati duraturi e non temporanei».
Un’occasione per il turismo e il Made in Italy
Ampio spazio anche al tema dell’attrattività turistica. L’appuntamento olimpico, ha spiegato Fontana, sarà «un’occasione per mostrare al mondo le bellezze della Lombardia». Le stime parlano di 3 milioni di pernottamenti aggiuntivi nei mesi di febbraio e marzo 2026, un incremento del 50% rispetto ai livelli registrati nel biennio 2024-2025. Crescerà anche la quota di turisti stranieri, che dovrebbe passare dal 60 al 75% del totale.
Per il governatore, si tratta di una «straordinaria opportunità per le eccellenze del Made in Italy lombardo, che potranno presentarsi sulla scena internazionale in una vetrina irripetibile».
Una Smart Land per i cittadini
Fontana ha infine richiamato il valore dell’eredità olimpica, destinata a superare l’evento sportivo: «Questo percorso valorizza il dialogo tra istituzioni e la governance condivisa tra pubblico e privato, tra montagna e metropoli. La Lombardia è una Smart Land, capace di unire visione strategica e prossimità alle persone».
E ha concluso con una promessa: «Andiamo avanti nella sfida di progettare, coordinare e realizzare, sempre pensando al bene dei cittadini lombardi».
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Francesco Zambon (Getty Images)