2023-08-05
«Commissione d’inchiesta libera d’indagare sul Covid. Dal Colle un alt sbagliato»
Isabella Loiodice (Imagoeconomica)
La costituzionalista Isabella Loiodice: «Per Mattarella non può sindacare l’ordine giudiziario? Ma così non rispetta la separazione dei poteri e nega la sovranità popolare».Professoressa Isabella Loiodice, la sua esperienza di professore di diritto pubblico comparato presso l’Università Aldo Moro di Bari la porta a sostenere che siamo in una fase di transizione costituzionale: perché? «Perché, sotto un profilo giuridico-costituzionale, noi italiani stiamo perdendo le nostre radici, che affondano in uno stato di diritto democratico e sociale, in un costituzionalismo i cui due pilastri sono la tutela dei diritti fondamentali della persona e il principio di separazione dei tre poteri: esecutivo, legislativo e giurisdizionale».Quando siamo entrati in questa crisi? «Durante la pandemia, che ha fatto emergere in maniera violenta qualcosa che, forse, si stava preparando già prima: abbiamo vissuto un potere esecutivo che spesso e pure volentieri è andato al di fuori e al di sopra della politica, svincolandosi da quel potere legislativo che è anche parlamentare e ha, quindi, funzioni di controllo dello stesso esecutivo. Un modello che stiamo rivivendo in altre situazioni, dalla guerra russo-ucraina al cambiamento climatico. I titolari del potere politico, che sono i nostri rappresentanti, si sono fatti mettere fuori gioco e sono stati sostituiti da comitati tecnico-scientifici, a loro volta nominati dal potere esecutivo, di cui sostengono le decisioni. Oggi, da parte dei rappresentanti politici, colgo un tentativo di recupero di questa latitanza, con l’istituzione della commissione d’inchiesta sul Covid».Come valuta l’intervento del capo dello Stato che ha chiesto modifiche sul testo istitutivo della commissione sottolineando che l’attività del Parlamento non può essere sovrapposta ai giudizi della magistratura? «La nostra Costituzione (articolo 82) prevede le commissioni d’inchiesta. Mi lascia molto perplessa l’intervento del presidente della Repubblica che sembra quasi intimorito da questa volontà del Parlamento di capire quello che è successo attraverso poteri di indagine che sono equiparati a quelli dell’autorità giudiziaria. Affermare che una commissione d’inchiesta prevista dalla Costituzione non possa valutare quelle che sono state scelte e decisioni del potere giudiziario significa violentare il principio di separazione dei poteri e negare la sovranità del popolo. Quella sovranità che ci riconosce l’articolo 1 “nei limiti e nelle forme della Costituzione”, circostanze in questo caso perfettamente rispettate».L’obiezione di Mattarella, secondo il quale non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento in conflitto con l’azione della magistratura, quindi, non è fondata? «Costituzionalmente non è fondata perché nessun potere dello Stato può essere esente dal rispetto delle regole fondanti dell’edificio costituzionale. Se c’è il dubbio che il potere giudiziario abbia commesso degli abusi, la commissione d’indagine deve assolutamente indagare, con gli stessi poteri - previsti dalla Costituzione - dell’autorità giudiziaria».Se si dovesse continuare su questa strada, quali rischi intravede? «Quello di subire modifiche della Costituzione senza le procedure previste dalla stessa. Affermare che una commissione d’inchiesta si debba fermare davanti a quanto ha già deciso un’autorità giudiziaria significa che c’è un potere dello Stato che è legibus solutus, ovvero svincolato dalle leggi esistenti. Ma così viene meno il nostro costituzionalismo, con i suoi principi».Pensando alle recenti sentenze della Consulta sulla legittimità dell’obbligo vaccinale, in cui si afferma che per un dovere di solidarietà sociale i cittadini devono accettare il rischio di eventi avversi anche gravi a fronte dei quali è valutato sufficiente l’indennizzo previsto, viene da chiedersi: la vicenda Covid ha introdotto anche un cambio di paradigma valoriale? «I nostri padri costituenti hanno posto, alla base dell’edificio costituzionale la persona umana, il suo valore incondizionato e assoluto; questo era un punto su cui forze politiche anche radicalmente diverse erano tutte d’accordo. Ora, anche ammesso che in determinate circostanze i diritti fondamentali entrino in contrasto, ciò che dovrebbe aiutare a dirimere il conflitto è il bilanciamento. Ma il bilanciamento, a sua volta, si fonda su una unità di misura che è la dignità della persona, la quale è identica per ciascuno di noi. Invece tutta una serie di decisioni assunte dal governo nella pandemia - come il blocco del diritto al sostentamento per chi non era vaccinato - dal giudice costituzionale sono state «risolte» cambiando l’unità di misura, che è diventata l’interesse collettivo. L’interesse alla sicurezza sanitaria della collettività è una new entry della pandemia visto che, prima, l’interesse alla sicurezza nazionale era l’ordine pubblico. Cambiata in questo modo l’unità di misura, è chiaro che il singolo può subire qualsiasi trattamento sanitario e se perde la vita o subisce gravi danni, ecco che un indennizzo agli eredi chiude il problema. Senza considerare che tutto il procedimento per l’indennizzo è una corsa a ostacoli, resta il tema più grave, ovvero il passaggio dal costituzionalismo al comunitarismo: l’ordinamento giuridico non affonda più le radici nel rispetto dei diritti fondamentali di ognuno di noi, con la separazione dei poteri quale strumento di garanzia, ma l’individuo si dissolve nella comunità e, dunque, non è più titolare di diritti fondamentali in quanto persona ma in quanto coerente alle finalità della collettività».Esce la persona, entra la tecnocrazia: anche in questo si determina la transizione costituzionale? «Certamente. Infatti la Corte costituzionale si è affidata a Iss, ministero della Sanità e agenzie regolatorie rinunciando a sentire altri pareri e abdicando a un potere importantissimo di cui è titolare: quello istruttorio. La Corte avrebbe dovuto ascoltare molte altre voci e, a quel punto, sarebbero dovuti scattare non solo il principio di proporzionalità e gradualità, ma anche il principio di precauzione, viste le perplessità manifestate da autorevoli scienziati e accademici sui mancati test di cancerogenicità dei vaccini piuttosto che sull’anomalo aumento della mortalità. Questo è saltato per la presenza di tecnocrati nominati proprio da quel potere esecutivo, le cui decisioni e azioni la Consulta doveva valutare quanto a conformità alla Costituzione. Prendendo come riferimento solo esperti che hanno avallato le azioni del potere esecutivo, è chiaro che si crea un circolo chiuso e vizioso».Il principio di precauzione prevede che, se c’è un dubbio fondato che un quid danneggi la persona o l’ambiente, bisogna fermarsi. Qui, invece, si continua a ripetere «fate presto». L’ultimo è stato il presidente emerito della Consulta, Giuliano Amato, il quale ha detto che «In un Paese esposto al cambiamento climatico come il nostro, non c’è più tempo per una transizione ecologica graduale». Perché questa comunicazione emergenziale? «Falcone e Borsellino dicevano che, per capire, bisogna seguire i soldi. Dobbiamo ricordare che, alla base di una serie di inviti - che poi diventano obblighi - ad adeguarci a certi comportamenti, ci sono fortissimi interessi economici a cominciare da quelli delle case farmaceutiche, che muovono quantità inimmaginabili di denaro. Non sto dicendo che qualcuno in particolare sia stato comprato ma che c’è la possibilità di corruzione, a tutti i livelli. Per raggiungere certe finalità, secondo il potere costituito che parte ora dall’Ue, ora dall’Oms, ora dal nostro governo, viene chiesto di conformarsi prima attraverso forme di persuasione “soft”, poi con obblighi per chi è più recalcitrante. La comunicazione istituzionale, e lo abbiamo vissuto durante la pandemia, va nella direzione dell’urgenza in nome della quale oggi Amato dice che bisogna fare presto, ieri Draghi avvisava che “chi non si vaccina si ammala, muore e fa morire”. Il concetto è sempre lo stesso: siamo davanti a un pericolo e voi dovete fare quello che vi diciamo. Il paradigma emergenziale richiede di accettare limitazioni della libertà, dirette e indirette. Ricordo Mario Monti quando disse che davanti al “nemico virus” bisognava aumentare i poteri dell’Oms - cosa che si sta verificando - e adottare un’informazione di guerra, cioè controllata».Ci sono, infatti, segnali di una ulteriore stretta censoria (vedi il Digital services act in arrivo), col pretesto della lotta alla «disinformazione» «In Occidente gira ormai un’informazione manipolatoria su molti temi, clima incluso, che distingue l’uomo “buono” che accetta le nuove regole, dall’uomo “cattivo”, ovvero chiunque affermi qualcosa di diverso da ciò che dice il potere e che diventa il negazionista del virus, delle responsabilità della Nato nel conflitto in Ucraina, del mutamento climatico e via dicendo. Questo è un attacco alla libertà di pensiero, tutelato dall’articolo 21 della Costituzione, nonché al diritto di dare e di ricevere informazione, che è il cuore di uno Stato democratico e prevede pluralismo informativo; quello che ora manca, poiché quasi tutti ripetono le stesse veline mentre contro ogni voce fuori dal coro scattano misure da regime autoritario».