
Molti membri del comitato tecnico sono finanziati dalle case farmaceutiche. Ma si attaccano solo Bellavite e Serravalle.Il penoso putiferio sollevato da tutto il circo Covid - would-be professori, ex sottosegretari ed ex virostar in cerca di un posto al sole - riguardo le nomine decise dal ministro della Salute Orazio Schillaci dei due scienziati cosiddetti no-vax Paolo Bellavite ed Eugenio Serravalle nel comitato tecnico sulle vaccinazioni (Nitag) ha fatto in compenso emergere la verità di Pulcinella sul legame che lega gran parte delle sedicenti autorità sanitarie all’industria farmaceutica: i soldi. Follow the money, si dice nelle indagini che coinvolgono la corruzione o il crimine, a indicare che il modo migliore per capire la situazione è tracciare il flusso di denaro; il discorso vale anche per quella cupola che da decenni fa il bello e il cattivo tempo nella salute pubblica italiana. Si dà il caso, infatti, che diversi esperti del Nitag, quelli che secondo la vulgata sarebbero «i buoni», per intenderci, siano a libro paga dell’industria farmaceutica. Motivo per cui l’ipotesi che il ministro possa epurare Bellavite e Serravalle anziché tutti coloro che hanno conflitti d’interesse ha dell’incredibile: sono passati ormai cinque anni dall’inizio della pandemia, pensavamo che i rigurgiti ideologici fossero ormai alle spalle ma non avevamo fatto i conti con gli enormi interessi che, allora come oggi, ruotano intorno alla salute pubblica.È soltanto in nome di questi, e della fame di potere, che intorno ai due titolati medici si è organizzato un vero e proprio cordone sanitario strutturato in due cordate: quella delle virostar à la Matteo Bassetti, che non hanno mai influito sulle decisioni pubbliche in quanto irrilevanti seppur attivissimi nelle operazioni di propaganda sull’opinione pubblica, e quella degli scienziati decisori che sono restati dietro le quinte, a loro volto divisi tra quelli che sono stati tenuti fuori dai giochi e dal comitato sui vaccini, e quelli del Nitag che invece per la prima volta dovranno fare i conti con pareri indipendenti come quelli di Bellavite e Serravalle. Prendiamo ad esempio Alberto Villani, già membro del Cts e presidente della Società italiana di pediatria: autorevolissimo specialista in pediatria, responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Pediatria Generale del Bambino Gesù e membro Ordinario della Pontificia Academia Pro Vita (2016-2021): la «sua» Sip in pandemia si era fatta notare per lo zelo con cui sponsorizzava la vaccinazione dei bambini. Nel volantino «8 domande e 8 risposte sul vaccino Covid», la società di Villani minimizzava le miocarditi da vaccino («lievi, di modesta entità e risolvibili»), consigliando la vaccinazione anche per «evitare l’isolamento sociale» (sic). Ebbene, già nel 2019, Pfizer offriva alla Sip contributi per 59.650 euro, nel 2020 arrivavano alla Società 12.200 euro da Gsk (Glaxo) e al Bambin Gesù 52.549 da Sanofi. Villani è anche un grande sostenitore della vaccinazione antinfluenzale sui bambini e ne promuove «un equo accesso» in tutti i convegni: nel paper da lui scritto sul tema, Astrazeneca figura tra i finanziatori per la redazione del documento; combinazione, si tratta proprio dell’azienda farmaceutica anglo-svedese che produce il Fluenz, spray nasale anti-influenzale concepito proprio per i bambini in età scolare. È lecito dubitare dell’approccio totalmente sereno da parte sua sul tema efficacia e sicurezza dei vaccini? Altri esperti del Nitag, come lui, sono segnati dal conflitto d’interessi: Domenico Martinelli dell’università di Foggia è sponsorizzato da Sanofi nel 2023 e da Msd-Merck nel 2019, Emanuele Montomoli, professore di Igiene all’università di Siena, è finanziato da Sanofi (di cui è stato anche consulente) nel 2022 e da Msd-Merck nel 2019 e nel 2021, Francesco Vitale, professore all’università di Palermo, ha ricevuto finanziamenti da Sanofi nel 2022, da Pfizer nel 2018, dalla Gsk-Glaxo nel 2022 e nel 2023, da Astrazeneca nel 2022. Etica e trasparenza vogliono che i componenti del comitato vaccini siano esenti da conflitto d’interessi, ma tant’è. Negli Stati Uniti, il ministro della salute Robert Kennedy sta rinnovando tutti gli incarichi nei Cdc e in Fda, andando a fare pulizia proprio nei committees che lavorano sui vaccini. C’è stata una forte polemica ma alla fine tutti gli ex baroni a libro paga dell’industria farmaceutica sono stati estromessi. Secondo fonti interne, Schillaci non starebbe minimamente pensando alla rimozione dei due consulenti. Si starebbe invece valutando una riflessione più approfondita su altri membri del comitato e sui loro curricula, al fine di adottare le decisioni più opportune e adeguate.
Chiara Ferragni (Ansa)
L’influencer a processo con rito abbreviato: «Fatto tutto in buona fede, nessun lucro».
I pm Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi per Chiara Ferragni nel processo con rito abbreviato sulla presunta truffa aggravata legata al «Pandoro Pink Christmas» e alle «Uova di Pasqua-Sosteniamo i Bambini delle Fate». Per l’accusa, l’influencer avrebbe tratto un ingiusto profitto complessivo di circa 2,2 milioni di euro, tra il 2021 e il 2022, presentando come benefiche due operazioni commerciali che, secondo gli inquirenti, non prevedevano alcun collegamento tra vendite e donazioni.
Patrizia De Luise (Ansa)
La presidente della Fondazione Patrizia De Luise: «Non solo previdenza integrativa per gli agenti. Stabiliamo le priorità consultando gli interessati».
«Il mio obiettivo è farne qualcosa di più di una cassa di previdenza integrativa, che risponda davvero alle esigenze degli iscritti, che ne tuteli gli interessi. Un ente moderno, al passo con le sfide delle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, vicino alle nuove generazioni, alle donne poco presenti nella professione. Insomma un ente che diventi la casa di tutti i suoi iscritti». È entrata con passo felpato, Patrizia De Luise, presidente della Fondazione Enasarco (ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio) dallo scorso 30 giugno, ma ha già messo a terra una serie di progetti in grado di cambiare il volto dell’ente «tagliato su misura dei suoi iscritti», implementando quanto fatto dalla precedente presidenza, dice con orgoglio.
Il ministro Nordio riferisce in Parlamento sulla famiglia Trevallion. L'attacco di Rossano Sasso (Lega): ignorate le situazioni di vero degrado. Scontro sulla violenza di genere.
Ansa
Il colosso tedesco sta licenziando in Germania ma è pronto a produrre le vetture elettriche a Pechino per risparmiare su operai, batterie e materie prime. Solito Elkann: spinge sull’Ue per cambiare le regole green che ha sostenuto e sul governo per gli incentivi.
È la resa totale, definitiva, ufficiale, certificata con timbro digitale e firma elettronica avanzata. La Volkswagen – la stessa Volkswagen che per decenni ha dettato legge nell’industria dell’automobile europea, quella che faceva tremare i concorrenti solo annunciando un nuovo modello – oggi dichiara candidamente che intende spostare buona parte della produzione di auto elettriche in Cina. Motivo? Elementare: in Cina costa tutto la metà. La manodopera costa la metà. Le batterie costano la metà. Le materie prime costano la metà. Persino le illusioni costano la metà.






