
Se al posto del Carroccio ci fosse un partito di sinistra si sarebbe gridato all'attacco giudiziario.Non si discute, in questa sede, il pronunciamento della Cassazione sul possibile sequestro di fondi a carico della Lega. Su questo giornale già ieri l'informazione e il dibattito sono stati amplissimi nel merito della vicenda: sia sugli aspetti strettamente giuridici, sia sulle diverse interpretazioni possibili, sia sulle reazioni dei diretti interessati.Né si discute - nel senso che era tutto abbastanza scontato - il piccolo campionario di sguaiate dichiarazioni di esultanza, a sinistra e non solo, che da 36 ore si è scatenato contro la Lega: un po' come quando le tifoserie calcistiche più incattivite cantano e festeggiano se un avversario si fa male. Non ci si dovrebbe mai abituare a questo tipo di faziosità: ma ormai in Italia la polemica politica ha raggiunto livelli scoraggianti. Certo, stupisce un po' (ma fino a un certo punto) che alcuni di coloro che hanno guidato la «ola» nella curva del Pd fossero gli stessi (casi di omonimia?) che in altri casi si erano proclamati garantisti. Anche qui, tristezza ma poca sorpresa: troppi in Italia si ricordano di essere garantisti solo quando i danneggiati sono loro stessi o i propri amici, salvo tornare selvaggiamente forcaioli se il problema riguarda gli avversari del momento.Ma ciò che colpisce - a meno di errori e omissioni, dei quali eventualmente mi scuso - è il gran silenzio della stampa libera e indipendente, degli osservatori neutrali, dei giornaloni, dei super-editorialisti, dei commentatori-commendatori, dei «guardiani ufficiali» del bon ton istituzionale. Tutti improvvisamente afoni, tutti con problemi di raucedine (in pieno luglio…), o tutti impossibilitati a scrivere. Gran paginate di cronaca, ma niente commenti, niente dubbi, niente obiezioni. Tutto bene, madama… la Cassazione.Attenzione: qui non si tratta di prendere le parti di Matteo Salvini e dei suoi, che si difendono benissimo da soli. Anzi: toccherebbe proprio agli avversari politici di Salvini, o agli osservatori non schierati, pronunciare in questo caso una parola coraggiosa e controcorrente.Dire che non si può azzoppare un avversario politico per via giudiziaria, o inchiodare qualcuno a responsabilità di dirigenti politici di 10 anni prima, o costringere un cavallo a una corsa a handicap. E che chi vuol battere Salvini ha il dovere di farlo in una libera competizione ad armi pari, non salendo su un ring dove l'avversario ha una mano legata dietro la schiena.Facciamo una simulazione, un piccolo gioco, un esperimento. Prescindiamo dagli aspetti legali della vicenda e stiamo sul punto politico, ma immaginiamo una «variante»: che cosa sarebbe successo se, per qualunque ragione, a essere colpito fosse stato un partito di sinistra, o magari un sindacato di sinistra, tipo la Cgil? Cosa sarebbe successo se, improvvisamente, una tegola di questo genere fosse arrivata non sulle teste dei leghisti ma su quelle di democratici, progressisti e sindacalisti?Previsione fin troppo facile: avremmo assistito a un diluvio di appelli accorati, manifestazioni, mobilitazioni di intellettuali, denunce pubbliche sul tema «democrazia in pericolo», e a seguire trasmissioni tv («che dice la piazza?»), veglie no stop, cartelli.Sarebbe mancato all'appello soltanto il popolo dei fax: ma giusto perché i fax non esistono più da anni. In compenso si sarebbe scatenata la controffensiva su Internet e sui social network: hashtag #noalbavaglio, #civoglionochiudere, #pericoloautoritario. E avanti con i paragoni con la Turchia di Recep Erdogan, gli avversari aggrediti, la minaccia giudiziaria, la concentrazione dei poteri, l'opposizione assediata. Si sarebbe sollecitato il sostegno dall'estero, dai Paesi liberi, dalle vere democrazie.Esagero? Sì, ma per difetto, non per eccesso: tutti sappiamo che sarebbe andata proprio così. E invece, siccome stavolta c'è di mezzo un partito «sgradito», la «questione democratica» non si pone. E allora diciamocelo. Nella vicenda che colpisce oggi la Lega sono in gioco - e a mio avviso sono gravemente colpiti - due principi costituzionali. Il primo è che la responsabilità penale è personale. Il secondo è il principio di presunzione di innocenza fino a sentenza di terzo grado. So bene che alcune leggi italiane, anche travolgendo i principi costituzionali, consentono misure di sequestro di questo tipo, anche a questo stadio dei procedimenti, e che altre volte sono purtroppo già state applicate, anche con il plauso poco lungimirante di numerose forze parlamentari. Ma ciò non toglie che quelle norme restino illiberali, e che la loro applicazione sia spesso discrezionale. Per questo, a mio modo di vedere, tutti dovrebbero indistintamente levare la propria voce: amici, alleati e avversari di Salvini e del suo partito. Non è in gioco la sorte di un soggetto politico, ma il rispetto di punti fermi di civiltà giuridica che dovrebbero stare a cuore a chiunque ami libertà e democrazia. Per davvero: non solo a chiacchiere, non solo nei giorni pari, non solo a targhe alterne.
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