2019-04-26
«Colpiranno ancora». Gli 007 in Sri Lanka sprangano le chiese per il rischio stragi
Messe sospese fino a nuovo ordine, l'Fbi sul posto e anche Israele conferma l'elevato pericolo di nuovi attacchi jihadisti.Dopo la mattanza di Pasqua, in Sri Lanka l'eco delle bombe continua a propagarsi. Il bilancio dei morti negli attentati è stato ricalcolato e ridotto a 253 vittime accertate (le autorità cingalesi hanno ammesso l'errore nel conteggio), ma sull'isola a forma di gemma, l'isola nota come «lacrima dell'India» e oggi ribattezzata «lacrima del mondo», rimane la tensione: si attendono nuovi attacchi. Lo ha detto lo stesso primo ministro Ranil Wickremesinghe: ci sono altri militanti pronti a farsi saltare in aria. «Abbiamo fermato molti sospetti ma ci sono ancora terroristi che possono passare all'azione da un momento all'altro», ha ammesso in un'intervista all'Associated Press. L'ambasciata americana è stata ancora più precisa e via Twitter ha avvertito: «Nuovi attacchi potrebbero prendere di mira luoghi di culto. Evitateli durante il weekend, a partire da domani» (oggi per chi legge). Netto l'ufficio antiterrorismo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano: ha emesso un'allerta per i concittadini in Sri Lanka affermando che c'è «un'alta e concreta» possibilità di nuovo attacco terroristico: devono lasciare l'isola il prima possibile. Le autorità cingalesi - adesso aiutate da una task force dell'Fbi - hanno trasmesso varie ordinanze esecutive che la dicono lunga sull'atmosfera da stato d'assedio che si respira (ieri un'esplosione ha scosso il tribunale di Pugoda, 40 chilometri a est di Colombo, senza feriti). È stato vietato il volo di droni perché usati in Iraq e in Yemen per trasportare granate o bombe artigianali. Le chiese cattoliche sono chiuse fino a nuovo ordine. Gli artificieri stanno facendo brillare qualunque oggetto abbandonato o sospetto.Dunque è in un clima di terrore che le indagini procedono rivelando falle nella sicurezza così gravi da portare alle dimissioni del ministro della Difesa, Hemasiri Fernando. Certamente pesa la notizia che lo Sri Lanka era stato avvertito 10 giorni prima degli attentati dai servizi di intelligence indiani. Pesa anche il fatto che alcuni dei terroristi erano sorvegliati dai servizi di sicurezza cingalesi ma non erano mai stati fermati per mancanza di prove. Uno di loro, Ilham Ahmed Ibrahim, era finito in prigione in gennaio ma, appunto, rilasciato. Si è poi fatto saltare in aria al Cinnamon Grand Hotel di Colombo. Suo fratello Imsath invece ha azionato lo zaino-bomba all'hotel Shangri La macellando i turisti intenti a far colazione. Poche ore dopo anche la moglie di Imsath, Fatima, si è fatta esplodere: le forze speciali si erano presentate alla sua porta. Con lei sono morti i due figli, ed era incinta del terzo. Ad oggi sono 76 le persone arrestate, mentre la polizia ha diffuso le foto di 6 ricercati chiedendo il sostegno della popolazione per le indagini. Ulteriori informazioni sui profili dei 9 attentatori vengono definite, dallo stesso primo ministro Wickremesinghe, «sorprendenti» in riferimento all'appartenenza sociale dei kamikaze. Erano benestanti se non ricchi. Erano colti. Non appartenevano a famiglie disagiate che usano gli esplosivi contro una società che li ha esclusi. Il facile schema di lettura usato anche dall'ex presidente americano Barack Obama non funziona. Uno dei due kamikaze visti nell'ascensore diretto verso la sala colazioni dell'hotel Shangri La (il video ha fatto il giro del mondo), Inshan Seelavan, era il leader del gruppo e possedeva una fabbrica di rame. Suo padre è un ricco commerciante di spezie nella capitale Colombo e ieri è stato arrestato con l'accusa di favoreggiamento. Insomma kamikaze «well educated», come li ha definiti il governo cingalese. Cioè avevano ricevuto una formazione scolastica adeguata al loro livello sociale, e ieri ne è arrivata la conferma. Il primo ministro australiano Scott Morrison ha ammesso che uno dei terroristi era rimasto fino al 2013 nel paese anglosassone con un visto da studente, accompagnato da moglie e figlio. Mentre dall'Inghilterra fanno sapere che un altro degli attentatori, Abdul Lathief Jameel Mohamed, avrebbe studiato nel Regno Unito dal 2006 al 2007 ma che l'intelligence non lo ha mai controllato. Ma già dopo l'11 settembre (Ziad Jarrah, uno degli attentatori, di ricca famiglia libanese) o dopo aver visto il curriculum dei combattenti Isis (il tagliagole Jihadi John, aveva studiato all'Università di Westminster a Londra), si doveva capire che questa è una battaglia tutta diversa.