2020-10-26
Coccola di stagione. Basta un caco al giorno per restare in forma
Il frutto autunnale ha eccezionali proprietà nutritive e farmaceutiche. Dà energie immediate ed è perfetto per la merenda dei bambini. Previene i malanni di stagione e combatte l'invecchiamento.Iniziamo con una annotazione grammaticale. Di solito diciamo «cachi» al plurale e «caco» al singolare, ma dovremmo dire «Mangio il cachi», esattamente come affermiamo: «Mi dia un chilo di cachi». Questa vera e propria invenzione di un singolare italiano di un plurale inesistente nasce dal malinteso che la parola «cachi» - invariabile e di origine giapponese, la trascrizione dalla lingua del Sol Levante è «kaki», tanto che esiste anche il sushi avvolto nelle foglie di kaki che si chiama «kaki no ha zushi» - fosse, appunto, un plurale. Siccome nella lingua italiana i plurali maschili escono in -i, si è allora immaginato che «cachi» fosse il plurale di… «caco». Ormai questo singolare fasullo «caco» è diventato di uso così comune che sembra abbastanza difficile estirparlo, ma volendo parlare correttamente dovremmo dire cachi al singolare come al plurale. E per essere veramente precisi, dovremmo anche usare la grafia «kaki», presente anche nella denominazione botanica di Linneo Diòspyros kaki. Considerato che Diòs vuol dire «di Giove» e pyrós «frumento», la locuzione botanica significa «cachi frumento di Giove» nel senso di «cibo degli dei». Altra annotazione: quando si dice «color cachi» si intende dunque dire «di quel bell'arancione caldo e pieno del nostro frutto»? No, perché il color «khaki» - si scrive così - deriva dalla parola indostana kaki che significa «del colore della polvere», derivando a sua volta dalla parola khâk cioè polvere: gli inglesi scelsero quel colore per le uniformi militari in India perché i loro soldati si mimetizzassero sui suoli aridi e beige del luogo. Inoltre, ma questo lo vedremo dopo, non ci sono solo cachi arancione, meglio quindi usare altri frutti per indicare questo colore come, per esempio, forse banalmente ma con garanzia di comprensione assoluta, l'arancia. Il nostro Diòspyros kaki in italiano si chiama anche «diòspiro» o «diòspero». La pianta è un albero da frutto, un'angiosperma. Si tratta di uno dei più antichi alberi coltivati dall'uomo, originario della Cina centro-meridionale, chiamato mela d'Oriente e, dai cinesi, l'albero delle sette virtù. Che sono le seguenti: vive a lungo, fornisce tanta ombra, dà agli uccelli spazio di nidificazione, non è attaccato dai parassiti, le sue belle foglie verdi che diventano giallo-rosse in autunno (è il fenomeno del foliage) sono decorative, il suo legno fa un bel fuoco, la caduta del fogliame fornisce al terreno ricche sostanze concimanti. la lettera di verdiDalla Cina il cachi è giunto prima nei paesi vicini come Corea e Giappone e poi nel resto del mondo. Nel nostro, di mondo, arriva intorno al 1880 per opera dei rinomati floro-vivaisti e agro-botanici milanesi fratelli Ingegnoli che furono i primi a importare dal Giappone direttamente in Europa quei cachi che ebbero immediati diffusione e apprezzamento, considerato che nel 1888 perfino Giuseppe Verdi scrisse una lettera agli Ingegnoli per ringraziarli, dopo aver assaggiato alcuni saporiti cachi che essi gli avevano mandato. Secondo altri, i primi cachi arrivano nel giardino fiorentino di Boboli nel 1871, ma in fondo verificare il vero primato d'ingresso non conta. Conta invece che, da allora, il cachi ha raccolto una crescente approvazione da parte dei mangiatori nostrani che ha indirizzato anche i produttori. Dai primi anni del Novecento si sono iniziati a diffondere impianti di cachi italiani prima nell'Agro nocerino, poi in Sicilia, poi in Emilia Romagna. Attualmente, il cachi è coltivato in tutta Italia, con picchi però in Campania, in Emilia, in Romagna (nel Forlivese) e Sicilia. L'areale attuale del cachi italiano si aggira sui 2.500 ettari e, nel 2019, abbiamo prodotto circa 500.000 quintali di cachi. Il maggior produttore europeo di cachi è la Spagna (dati Cia - Agricoltori italiani), quindi facciamo attenzione alla salute e al benessere della nostra economia e acquistiamo rigorosamente cachi italiani. Quando? Ora. Il periodo di raccolta dei cachi, infatti, è questo, da fine settembre a metà novembre. Il cachi ha sempre accompagnato il contadino verso l'inverno, col conforto non soltanto della sua dolcezza. Il cachi ha anche valenze simboliche non indifferenti, religiose e non. Vediamole. Secondo una tradizione più settentrionale che meridionale, tagliando in due i semi del cachi è possibile dedurre dalla forma del germoglio come sarà il clima dell'inverno in arrivo: se somiglia a un coltello, sarà inverno tagliente, freddo e gelo e poca pioggia, se ricorda una forchetta sarà mite e se fa pensare a un cucchiaio sarà inverno mite, ma con tanta neve. Altra credenza è quella di chi vede nel cachi tagliato in due per verticale la raffigurazione di Gesù sulla croce, per esempio nel napoletano, dove questa pareidolia dà luogo a una conseguenza linguistica e il cachi, lì, è anche detto «legnasanta» (cioè albero che sarebbe santo perché i suoi frutti raffigurano la crocifissione). In Sicilia, invece, vedono nel seme spaccato in due una manina e non una posata: una mano santa, in quanto bianca cioè pura come la Vergine Maria e il seme, sacro, è chiamato «manuzza di Maria» o «manuzza da Virgini». Anche per la popolazione non credente, il cachi è in un certo senso sacro: considerato che alcuni alberi di cachi sopravvissero allo spaventoso bombardamento atomico di Nagasaki dell'agosto del 1945, esso è considerato l'«albero della pace». seccarli in casaQuanto al suo frutto, si tratta di una bacca, generalmente commestibile dopo aver raggiunto la maturazione. Ci sono infatti le varietà astringenti e quelle non astringenti. Se vi capitasse di mangiare un cachi astringente, che, cioè, allappa la bocca, vuol dire che deve maturare ancora un poco. La cosiddetta astringenza di alcuni cachi dipende dalla presenza di tannini, polifenoli che hanno attività antiossidante e che si agglomerano in «cellule tanniche» che, dopo essere state rotte durante il morso e la masticazione, entrano in contatto con le proteine presenti sulla superficie della lingua determinando l'allappamento. Può capitare anche con l'uva e per far perdere astringenza si può far maturare il frutto astringente qualche altro giorno, magari aiutandosi con delle mele che, poste vicino, rilasciano etilene (basta 1 mela ogni 4-5 cachi). Quando non sono perfettamente maturi, si può anche esasperare questa maturazione portandoli alla seccatura, che ne consente la conservazione per qualche mese. In Oriente i cachi di varietà astringenti vengono sbucciati e seccati interi, appesi all'aperto in luogo soleggiato e arieggiato per 40 giorni: pare più facile seccarli, in casa, a spicchi, privati dei semi, magari in essiccatore elettrico visto il clima attuale, per ottenere una sorta di «gelées» naturali grazie alla consistenza gommosa che il cachi acquisisce con l'essiccazione. Solitamente si considera il cachi una sorta di coccola alimentare dolce tipica dell'autunno e basta, ma va detto che, a parte questa funzione di generico comfort food, il cachi è anche un nutriceutic food. La parola «nutraceutica» è una crasi di «nutrizione» e «farmaceutica» coniata da Stephen de Felice nel 1989 per indicare quei principi nutritivi contenuti negli alimenti che hanno particolari effetti benefici sulla salute. Un etto di cachi apporta circa 65 kcal e presenta il 18% di zuccheri: si tratta quindi di un frutto zuccherino utile a dare energia immediata, consigliato per la merenda dei bambini, degli sportivi, degli anziani e di chiunque abbia bisogno di un bocconcino tonico. Per il resto abbiamo l'80% di acqua, che ne fa un frutto insieme idratante, ma anche 3,6 g di fibre, che lo trasforma anche in un frutto molto utile per chi soffre di stipsi. E pure di ritenzione idrica, grazie alla presenza di calcio (8 mg) e potassio (161 mg di potassio) che coadiuvano l'eliminazione dei liquidi in eccesso, disintossicando anche il fegato. al color nutellaPer tutti questi scopi, reidratante, lassativo, diuretico e detox, l'ideale è mangiare un cachi al giorno. Il cachi ci è d'aiuto anche contro i malanni autunnali e invernali. Coi suoi 7,5 mg di vitamina C e 0,03 di vitamina B1, 0,02 mg di riboflavina, 0,10 mg di vitamina B3 e 0,10 mg di vitamina B6 il cachi ricorda molti integratori venduti come rafforzatori del sistema immunitario in vista delle malattie da raffreddamento. Sono d'aiuto contro i malanni di stagione e il «malanno» dell'invecchiamento anche il beta-carotene (253 µg), la beta-criptoxantina (1.447 µg, è la responsabile del bell'arancione del nostro), la luteina e zeaxantina (834 µg) e il licopene (159 µg). Il cachi è un frutto altamente antiossidante che, proprio grazie al contenuto di caroteni e xantofille, contrasta la degenerazione innanzitutto di occhi e vista e poi tutela l'intero organismo dai danni ossidativi che, ricordiamo, possono essere anche causa di tumore. Anti tumorale è anche l'acido betulinico contenuto dal nostro e non dimentichiamo che nella sua polpa sono presenti anche le catechine che hanno mostrato capacità anti-infettive, antinfiammatorie e antiemorragiche. Avevamo detto del cachi non sempre arancione, ricordate? Cantavano nel 1997 i Pitura Freska, dopo la vittoria a Miss Italia di Denny Méndez, dominicana con cittadinanza italiana nel 1996, «Sarà vero? / Dopo Miss Italia avere un Papa nero?». Sul Papa non sappiamo pronunciarci, ma intanto abbiamo il cachi nero. E già. Si chiama zapote nero, appartiene sempre al genere dei Diòspyros, specie digyna, ed è anche conosciuto come cachi nero, cachi cioccolato e addirittura cachi Nutella: il suo colore è marrone scuro, come quello del cioccolato fondente e anche il sapore gli somiglia un po'. In Italia, si coltiva in Sicilia.