2022-05-29
Clandestini piazzati nelle navi quarantena
Con sbarchi perenni e hotspot già al collasso, il Viminale carica gli immigrati sui natanti noleggiati durante l’emergenza Covid. Una toppa, non prevista dalla legge, che ci costa decine di milioni ogni mese. E con cui si nasconde il fallimento della Lamorgese.La prima denuncia è arrivata addirittura ad aprile, a pochi giorni dalla cessazione (fissata per il 31 marzo) dello stato di emergenza sanitaria. Fu Il Manifesto a segnalare che le famigerate «navi quarantena» erano ancora operative anche se la mobilitazione totale per il Covid era terminata. Forse ricordate di che stiamo parlando, anche perché dell’argomento il nostro giornale si è ripetutamente occupato. Con il decreto legge della Protezione civile del 12 aprile 2020, il governo italiano ha stabilito che gli stranieri giunti irregolarmente nel nostro territorio - tramite Ong o barchini autonomi - fossero collocati per 14 giorni a ridosso della costa, su imbarcazioni appositamente noleggiate. L’ultimo bando per l’affitto delle navi risaliva al 10 dicembre 2021. Ne hanno beneficiato grosse compagnie come GNV (per le navi Aurelia, Azzurra, Splendid e Rhapsody) e Moby (per la Moby Zaza). Solo tra gennaio e marzo di quest’anno pare che siano stati spesi all’incirca 20 milioni di euro per il mantenimento di questi colossi del mare. Ma già in precedenza fior di milionate erano fuoriuscite dalle casse pubbliche. Nel luglio del 2020, ad esempio, la protezione civile emise un bando da oltre 4 milioni di euro per una nave che ospitasse 250 migranti per 101 giorni, che tradotto in spiccioli significa 40.000 euro al giorno. Ancora prima, per finanziare la Moby Zaza, erano stati sborsati 1,2 milioni di euro.Teoricamente, questo giro di denari avrebbe dovuto concludersi con la cessazione dell’emergenza. Invece le navi quarantena vengono ancora utilizzate oggi, alla fine di maggio, e nemmeno la denuncia a mezzo stampa e le proteste di varie associazioni umanitarie hanno sortito effetto. Qualcuno potrebbe pensare che, in fondo, si tratti di una misura giustificata: meglio essere prudenti con chi arriva da fuori, specie se ha affrontato il lungo viaggio tipico dei migranti irregolari. Il fatto è che oggi la quarantena non è più necessaria e - come abbiamo avuto modo di raccontare - ad altri stranieri in ingresso non è affatto richiesta. I profughi ucraini - che sono per lo più non vaccinati - per entrare hanno dovuto sottoporsi a un tampone entro le prime 48 ore dall’ingresso in Italia e attenersi al regime di auto-sorveglianza per i cinque giorni successivi (con obbligo di indossare la mascherina FFP2).Oggi la questione principale, tuttavia, non è nemmeno quella sanitaria. Il fatto è che sorge uno spiacevole e fondato sospetto, e cioè che le navi siano utilizzate come centri di accoglienza aggiuntivi. A rendere il tutto più sgradevole c’è che, allo stato attuale, non esistono leggi o regolamenti o decreti che stabiliscano che le imbarcazioni debbano essere utilizzate a questo scopo. Ce lo conferma Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, che nei giorni scorsi ha lanciato l’ennesimo allarme dalle pagine del Dubbio.«Le navi operative sono due», dice alla Verità, «una ad Augusta e l’altra ad Agrigento. La sensazione è che vengano utilizzate non tanto per la quarantena quanto come appoggio quando la situazione degli hotspot sulla terraferma è molto pesante. Io non sono pregiudizialmente contro questo tipo di strumento», continua Palma, «perché ho potuto verificare che le persone migranti dal punto di vista logistico stanno meglio sulle navi che in hotspot. Ma il punto è che lo stato di emergenza è finito, non c’è nessuna legge che abbia reso strutturale la misura emergenziale».Il vuoto normativo, ovviamente, è il minore dei problemi. A bordo di quelle navi, tanto per cominciare, manca parte del personale che di solito si trova nei centri di accoglienza, e ciò può comportare dei rischi. Giova ricordare infatti che su queste imbarcazioni, nel corso dei mesi, sono morte ben tre persone, anche se a nessuno è venuto in mente di chiamare assassina Luciana Lamorgese. Fosse stato al ministero Matteo Salvini, gli avrebbero riservato un trattamento ben diverso. Del resto l’hanno mandato pure a processo per sequestro di persona, mentre non risulta che l’attuale ministro sia accusato di sequestrare i migranti sulle navi quarantena, benché queste siano apparentemente fuorilegge.Poi c’è l’aspetto economico della faccenda, probabilmente il più grave. Le imbarcazioni costano milioni di euro ogni mese. Come conferma Mauro Palma, in questo modo lo Stato spende più soldi di quanti ne impiegherebbe a costruire altri hub migratori. Qui, con tutta evidenza, il nodo è politico. Come nota lo stesso Palma, agli amministratori locali fa comodo piazzare un po’ di stranieri sulle navi perché così non se li devono gestire a terra, evitano problemi e non indispettiscono la cittadinanza. Non a caso, giorni fa il sindaco di Lampedusa si è lamentato con forza per l’assenza di una imbarcazione quarantena nei pressi dell’isola. E così si torna al punto di partenza: forse sarebbe anche giusto adottare questo approccio «australiano» alla immigrazione di massa, creando hub in mare onde non causare guai a terra. Però bisognerebbe ricostruire interamente l’impalcatura legislativa e magari l’Ue dovrebbe farsi carico dei costi. Invece oggi paghiamo noi, e tutto prosegue in penombra, approfittando della stereotipata indifferenza italica.Per altro, questo sarebbe esattamente il momento di mettere adeguatamente la testa sul sistema di accoglienza e gestione degli irregolari. I servizi di intelligence del Viminale hanno appena pubblicato un inquietante report che prevede un aumento dei flussi migratori determinato dalla crisi alimentare, evidente conseguenza del conflitto in Ucraina. Gli sbarchi nelle ultime settimane già sono abbondanti, e i nostri centri di accoglienza sono di nuovo vicini al limite (o, in alcuni casi, abbondantemente oltre). Le navi quarantena, quindi, sono sfruttate per tamponare. Ma è una toppa costosissima, non regolare e, soprattutto, utile a nascondere sotto il tappeto il dramma migratorio. Quello che la Lamorgese avrebbe dovuto risolvere (grazie all’Europa, come da lei dichiarato) addirittura due anni fa. E che invece, puntualmente, torna a bussare alla porta. Giusto per ricordarci che - al di fuori della propaganda psicotica su guerra e Covid - la realtà esiste ancora.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco