2021-10-06
Cinquestelle cadenti nelle metropoli. Disastro a Roma, ininfluenti altrove
Virginia Raggi e Chiara Appendino (Ansa)
Il Movimento schiacciato dall’alleanza col Pd che potrebbe dare il colpo di grazia alle prossime politiche La Raggi ha perso circa 250.000 preferenze rispetto al 2016. A Torino crollo del 21% e a Milano zero seggiSe a fare l’analisi e dettare la linea ci fosse ancora la Casaleggio e Associati, che almeno i numeri li capiva, le due gigaballe grilline di questo post voto delle comunali sarebbero durate lo spazio di un tweet. La prima è la storia dell’eroica Virginia Raggi «unico argine a destra e sinistra», come ha raccontato lei per prima lunedì sera, che a Roma in cinque anni è riuscita dimezzare i voti rispetto al primo turno del 2016 e a prenderne meno di un terzo rispetto ai ballottaggi. La seconda fanfaronata è che M5s sarebbe stato «decisivo» per le vittorie al primo turno di Bologna e Napoli, quando basta togliere i consensi pentastellati dal totale e si vede che i candidati del Pd ce l’avrebbero fatta lo stesso. E se si guarda anche al tracollo torinese a alla mera testimonianza milanese, si capisce che se Beppe Grillo e Giuseppe Conte non s’inventeranno rapidamente qualcosa, rischiano di essere scaricati perfino dal Partito democratico del ringalluzzito Enrico Letta. Nella Capitale, dove Conte almeno un po’ si è speso, la Raggi si è spacciata per una che comunque ha tenuto alta la bandiera contro le corazzate di destra e sinistra. L’avvocato del popolo l’ha vista così: «Raggi veniva da una situazione difficile, cinque anni di attacchi, di difficoltà in una città complessa però anche il risultato della Raggi è un ottimo risultato». E allora ecco i numeri dell’ottimo risultato: alle elezioni di domenica, il sindaco uscente ha preso il 19%, contro il 35% del primo turno di giugno 2016 (con 461.000 voti) e il 67,15% dei ballottaggi. In numero di preferenze, il tracollo è dai 770.564 voti del secondo turno del 2016 ai 211.816 dell’altro ieri. In sostanza, oltre 550.000 romani hanno voltato le spalle alla Raggi in questi cinque anni. Magari non tutti erano dei gran grillini e la votarono solo per far dispetto al Pd. Ok, ma nel confronto tra i due primi turni del 2016 e del 2021, Donna Virginia si è persa comunque 250.000 voti. Un disastro senza «se» e senza «ma».Per vedere se almeno il Movimento è stato decisivo a Bologna e Milano, come si raccontano i grillini, non serve un Nobel. A Bologna, il piddino Matteo Lepore è passato al primo turno con il 61,9% e M5s ha preso 4.938 voti (il 3,4%) e ha conquistato un seggio. Non solo è stato ininfluente, ma se il centrosinistra lo butta fuori dalla maggioranza per un qualsiasi motivo, non se ne accorge nessuno. A Napoli, l’ex ministro Gaetano Manfredi ha raccolto il 62,9% e qui, nella terra che più ama il reddito di cittadinanza, il Movimento dei campani Luigi Di Maio e Roberto Fico ha preso il 9,7%. Ma anche a Napoli, il candidato di centrosinistra sarebbe passato subito anche senza il soccorso giallo. Visto che i numeri li sanno leggere anche al Nazareno, e soprattutto li sanno guardare anche nella galassia centrista dei vari Matteo Renzi e Carlo Calenda che i grillini non li vogliono vedere manco in fotografia, non è assolutamente scontato che alle politiche del 2023 il Pd si sobbarchi il carico di un’alleanza con i 5 stelle. Anche perché oggi rapporti tra Enrico Letta e Conte sono sbandierati come buoni e corretti, ma chi può garantire che tra due anni sia Conte a guidare le truppe M5s, e non, per citare due nomi, Di Maio o la variabile Alessandro Di Battista? Il viaggio nella disfatta non può però dimenticare Torino, dove Chiara Appendino ha annusato per tempo l’aria e non si è ricandidata, ma ha comunque scelto Valentina Sganga come erede (impossibile). Ebbene, nel 2016, quando andò in scena il suicidio politico dell’uscente Piero Fassino, Appendino raccolse il 30,9% al primo turno e poi scavalcò l’ex ministro del Pd arrivando al 54,6%. Lunedì, la Sganga si è dovuta accontentare del 9% (8% il Movimento). Insomma, anche qui le quote rosa non sembrano aver dato soddisfazione a Grillo. Non solo, ma Sganga ieri non le ha mandate a dire al povero Giuseppi: «Conte? Non l’ho sentito e mi è dispiaciuta la presenza solo a Napoli... Per ripartire, per ricostruire, bisogna metterci la faccia anche dove si perde». Non per infierire, ma purtroppo si è votato anche a Milano, dove la candidata M5s Layla Pavone, in quota Fatto quotidiano, ha ottenuto la miseria di 12.953 (2,7%) e zero seggi.Alla fine, un partito che in cinque anni si perde per strada due terzi dei consensi e resiste solo al Sud non sembra avere un grande futuro, anche se l’astensione ha sicuramente pesato. Conte, per parte sua, anche ieri ha fatto buon viso e dalla Sardegna ha scodellato la sua sintesi: «È finita nel M5s la stagione in cui si andava a tutti costi orgogliosamente da soli. C’è già stata una svolta: il Movimento è disposto a costruire un percorso comune, non lo disdegna più come invece in quella fase più antica della sua storia». Non disdegna, ma con il cappello in mano i collegi si trattano male.