2023-03-22
Cingolani va alla Nato: più lontana Leonardo
L’ex ministro e consulente di Giorgia Meloni entra, con il sì del governo, nel nuovo fondo dell’Alleanza atlantica. Carica incompatibile con quella di successore di Profumo. La partita delle nomine sta per entrare nel vivo: i franceschiniani in manovra per rimanere.Un prestigioso incarico alla Nato potrebbe tagliare fuori Roberto Cingolani dalla corsa al vertice di Leonardo. È quanto circola in queste ore negli ambienti della Difesa italiana, dopo che nella giornata di lunedì i vertici dell’Alleanza atlantica hanno nominato i primi tre membri del consiglio di amministrazione del Fondo per l’innovazione della Nato. Il presidente sarà Klaus Hommels, fondatore e presidente della società di venture capital Lakestar, poi Fiona Murray, professore associato al Massachusetts institute of technology (Mit), e infine appunto Cingolani, già ministro italiano per la Transizione ecologica, fondatore dell’Istituto italiano di tecnologia, consigliere sulla crisi energetica del premier Giorgia Meloni, e, dopo essere rientrato in Leonardo, anche chief technology and innovation officer. Il nome di Cingolani, tecnico di fama, circola da qualche mese a Palazzo Chigi come possibile sostituto di Alessandro Profumo, attuale amministratore delegato in piazza Montegrappa a breve in scadenza. L’incarico alla Nato nasce da un percorso individuale, vagliato dagli headhunter ma si perfeziona soltanto con l’ok del governo di provenienza, dunque di Palazzo Chigi. Forse in Italia potrebbe non essere un problema avere il doppio ruolo, ma l’etica anglosassone pone una questione di opportunità, soprattutto per un ruolo così delicato in un’azienda militarmente strategica non solo per l’Italia ma per tutta l’Europa. Non solo. Va ricordato che il nuovo Fondo della Nato investirà 1 miliardo di euro in start up che svilupperanno nuove tecnologie anche dual use: parte di queste risorse potrebbero essere destinate anche a Leonardo. Dettaglio non di poco conto. Sul sito della Nato il suo incarico in Leonardo è già indicato al passato. Forse una svista o l’attesa di una richiesta di aspettativa. Senza entrare nel tema della remunerazione, c’è infine un terzo elemento che porta a definire il doppio passaporto tra la Nato e Piazza Montegrappa incompatibile. Boeing, piuttosto che Airbus o altri colossi della Difesa, non accetterebbero mai una tale sproporzione. Il che lascia intendere che alla fine di aprile ci sarà un nome in meno nei tasselli da riempire. Nel caso di Leonardo in molti saranno contenti. Il profilo di Cingolani sanno bene non corrispondere a quello di un top manager.La partita delle nomine non è comunque ancora entrata nel vivo. Al di là del perimetro di Mps, le riunioni di maggioranza sui nomi apicali di Eni, Terna, Enel e Leonardo non si sono ancora tenute. È questione di ore o di giorni. Veline e indiscrezioni vengono pubblicate per fare pressioni sul governo o per far mettere nella rosa qualche candidato in più. I pericoli per Palazzo Chigi arrivano sul fronte donne e infiltrati di sinistra. Nel primo caso può esserci una rincorsa a riempire le caselle delle quote rose. Bene se c’è un nome valido, male se alla fine si fa una scelta di facciata. Nel secondo caso il Pd vanta ancora dalla sua la quantità. Entro luglio oltre 350 profili dovranno essere selezionati e per il centrodestra è difficile avere un’agenda telefonica così fitta. Non a caso, sempre attivo sul fronte nomine è Dario Franceschini, ex ministro dei Beni culturali, capace di muoversi in anticipo rispetto ai suoi colleghi di centro sinistra. Prima della fine del governo Draghi, infatti, Franceschini era riuscito a piazza Salvo Nastasi, suo ex capo di gabinetto, come presidente della Siae. La società che gestisce il diritto d’autore è uno storico feudo franceschiniano, dove non a caso si sta tornando a parlare di vendita del fondo immobiliare, dopo le polemiche del 2017 innescate da Fedez, quando in Sorgente group c’era la compagna di Franceschini, Michela Di Biase. Non solo. Franceschini ha anche favorito, nemmeno sei mesi fa, la nomina di Francesco Nucara in Consap, come capo dell’area finanza. La società del Mef che si occupa del fondo vittime della strada è tra le molte società in scadenza. Ma c’è anche il nome di un’altra franceschiniana che continua a circolare per un posto nelle partecipate. È quello di Francesca Isgrò, presidente di Enav, altra figura manageriale che potrebbe riciclarsi con un altro incarico dal momento che Ente nazionale per l’assistenza al volo è in scadenza. La Isgrò era stata nominata in Enav durante il governo giallorosso di Giuseppe Conte. C’è chi la vorrebbe confermare come presidente, ma forse la sua eccessiva vicinanza al Pd potrebbe ostacolarla. Anche se il suo nome, come anche quello dell’ex amministratore delegato Roberta Neri, continuano a circolare per altre partecipate. Per l’azienda che si occupa della rete elettrica in Italia si fa però anche il nome di Giuseppina Di Foggia, 53 anni, attualmente è vicepresidente e amministratore delegato di Nokia Italia.