2025-03-23
I volenterosi aprono le porte di casa ai cinesi
Bruxelles valuta l’ingresso nella coalizione di Pechino, che avrebbe così accesso a materiale di intelligence Nato e si riavvicinerebbe all’Ue: entrambe ipotesi invise a Washington. Domani a Riad colloqui separati tra americani e i belligeranti. Meloni giovedì a Parigi.La Cina potrebbe partecipare a una missione di peacekeeping in Ucraina. È questo quanto rivelato dalla testata tedesca Welt Am Sonntag, secondo cui Pechino starebbe considerando di aderire alla cosiddetta «coalizione dei volenterosi». Stando alla stessa fonte, ambienti diplomatici di Bruxelles sarebbero cautamente favorevoli all’ipotesi, sostenendo che «l’inclusione della Cina in una “coalizione dei volenterosi” aumenterebbe potenzialmente l’accettazione da parte della Russia di truppe di peacekeeping in Ucraina». Nulla è ancora deciso, anche perché, si fa notare, la questione è «delicata». Tuttavia, l’eventuale partecipazione di Pechino alla coalizione offre alcuni spunti di riflessione.Cominciamo col dire che da parte dei «volenterosi» è in fase di elaborazione un progetto volto a schierare sul campo quattro livelli di interposizione. Il primo livello sarebbe rappresentato dai caschi blu non europei dell’Onu, il secondo dalle truppe ucraine, il terzo dai «volenterosi» stessi e il quarto dal backstop americano. Ora, al di là del fatto che Volodymyr Zelensky ha espresso scetticismo sull’efficacia di un eventuale coinvolgimento delle Nazioni Unite, è interessante notare come, sempre secondo Welt Am Sonntag, la Cina non entrerebbe in gioco nel primo livello, quello dell’Onu, ma nel terzo, quello dei «volenterosi»: il che significherebbe, almeno in teoria, che le forze di Pechino coopererebbero a stretto contatto con quelle appartenenti a dei Paesi della Nato. Certo, la Cina ha già preso parte ad alcune missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite (pensiamo soprattutto a Unmis in Sudan). Il punto però è che, se entrasse nella «coalizione dei volenterosi», si prospetterebbero due problemi. Uno di sicurezza e l’altro geopolitico.Sotto il profilo della sicurezza, è verosimile attendersi, come accennato, una più stretta cooperazione tra le forze di Pechino e quelle di alcuni Paesi della Nato (a partire da Francia e Regno Unito): il che potrebbe tradursi in una condivisione di materiale d’intelligence. Uno scenario, quest’ultimo, non esente da rischi per le forze occidentali e, indirettamente, per la stessa Alleanza atlantica. «Le ambizioni dichiarate e le politiche coercitive della Repubblica popolare cinese continuano a sfidare i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori», recitava la dichiarazione congiunta del summit Nato, tenutosi a Washington appena lo scorso luglio.In secondo luogo, si scorge un nodo di carattere geopolitico. Mentre Joe Biden aveva cercato di coinvolgere Pechino nella crisi ucraina chiedendole inutilmente di convincere Mosca a raffrenare l’invasione dell’Ucraina, Donald Trump ha finora teso a tenere il Dragone fuori dal processo diplomatico. La ragione è chiara. L’attuale presidente americano ha inserito la risoluzione della crisi ucraina in un contesto più ampio: il suo obiettivo è infatti quello di separare il più possibile la Russia dalla Cina. Non è quindi escludibile che alcuni settori europei vogliano tirare dentro il Dragone con il preciso scopo di mettere i bastoni tra le ruote alla Casa Bianca.Ciò renderebbe innanzitutto più difficile a Trump di incrinare i rapporti sino-russi. In secondo luogo, una missione di peacekeeping all’interno della «coalizione dei volenterosi» rafforzerebbe le relazioni di Pechino con il Vecchio Continente: esattamente quello che il presidente americano vuole evitare. Visto il ruolo di peso che Emmanuel Macron sta cercando di ritagliarsi nella costruzione della coalizione, non è escludibile che l’ipotesi di un coinvolgimento cinese sia principalmente farina del suo sacco. Ricordiamo d’altronde che, negli ultimi due anni, il presidente francese ha notevolmente rafforzato i propri rapporti con Pechino: nel 2023, si recò in visita in Cina, mentre l’anno dopo ricevette all’Eliseo Xi Jinping. Del resto, Parigi sta da tempo remando contro le relazioni transatlantiche: la Francia è, per esempio, tra gli attori che si stanno mettendo di traverso all’eventuale accordo su Starlink tra l’Italia e SpaceX (azienda che, ricordiamolo, vanta stretti legami col Pentagono). Sarà un caso, ma, non essendo Iris2 al momento un’alternativa concreta, è significativo che il principale rivale di Starlink sia oggi la cinese Qianfan. Giorgia Meloni ha finora sempre lavorato affinché gli europei non alimentassero le tensioni con Trump: non è quindi escluso che possa porre questo tema anche giovedì, quando parteciperà al vertice parigino dei «volenterosi».Del resto, la macchina diplomatica di Washington sull’Ucraina sta andando avanti. E non sarebbe saggio creare nuove fibrillazioni tra le due sponde dell’Atlantico proprio adesso. Domani, in Arabia Saudita, gli americani terranno colloqui separati con russi e ucraini, che saranno ospitati in stanze differenti all’interno di un hotel. Al centro degli incontri ci sarà la proposta di un cessate il fuoco nel Mar Nero. A tal proposito, uno dei negoziatori di Mosca, Grigory Karasin, ha detto di attendersi «almeno qualche progresso», aggiungendo di voler trattare con spirito «combattivo e costruttivo». Nel frattempo, l’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha rilasciato un’intervista al giornalista Tucker Carlson. Nell’occasione, Witkoff ha detto che l’Ucraina ha «acconsentito» a tenere elezioni. «Se ci sarà un accordo di pace, l’Ucraina non potrà essere un membro della Nato», ha aggiunto, pur non escludendo che Kiev possa in futuro usufruire di garanzie similari a quella dell’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico. Witkoff ha anche definito quella dei territori occupati dai russi come la «questione chiave».
Charlie Kirk (Getty Images)
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