2024-02-29
Ci serve più Difesa. Ma la partita si gioca sulle nomine di chi la gestirà a Bruxelles
Gli Usa ripianano le riserve e aggiornano l’arsenale nucleare Ora l’Italia deve partecipare al riarmo per rilanciare il Pil.Il mondo forse non è mai stato complicato come oggi. La guerra fredda, con la caduta del muro di Berlino, ha lasciato spazio a sei lustri di crescita economica, di potere finanziario e di globalizzazione spinta. Le armi, insomma, sono state un deterrente teorico e qualcosa da tenere in magazzino. Il Covid prima, la guerra in Ucraina e a Gaza poi hanno stravolto le filiere produttive. Sono nati due termini mai usati prima. Reshoring e friendshoring. Significano rispettivamente riportare in patria la gestione delle materie prime e della produzioni industriale, e il secondo organizzare filiere produttive solo con Paesi che si possono considerare alleati. Dal momento però che l’economia non si stabilisce a tavolino e le materie prime critiche (necessarie per la rivoluzione digitale, i microchip, le rinnovabili) non sono disponibili a ogni angolo del globo, sarà sempre più importante avere eserciti forti ed efficienti per tornare alla deterrenza bruta o bellica. Le anime belle che professano il pacifismo a oltranza o non hanno capito la partita in gioco o sono in malafede. Nel senso che parteggiano per la parte sbagliata. Da un lato pessime democrazie e dall’altro autocrazie che nulla hanno a che fare con la tradizione occidentale e cristiana. Fatta questa necessaria premessa, è bene comprendere che gli Stati Uniti - a seguito del sostegno all’Ucraina - hanno avviato un fondamentale piano di riarmo. Meno quantità, ma più qualità. I magazzini svuotati si stanno riempiendo.Lo scorso anno gli Usa hanno speso 30 miliardi solo per ripianare le riserve interne. E da marzo scorso hanno cominciato ad affrontare il tema delle armi nucleari. Il vice ammiraglio Johnny Wolfe, direttore dei programmi strategici, si è rivolto alle commissioni competenti per definire il budget 2024 mirato ad ammodernare le forze nucleari a stelle e strisce. Nello specifico si mira a sviluppare il sistema missilistico Trident II d 5, una sigla che nasconde un importante accordo di mutuo soccorso tra Washington e Londra su alcune classi di navi (Ohio e Columbia) e lungo una traiettoria di investimenti da qui al 2042. Non è un caso se in questi giorni Emmanuel Macron ha rialzato la testa, forte di presiedere l’unico Stato Ue con deterrenza nucleare, con l’obiettivo di ventilare l’ipotesi di una Nato parallela e parzialmente autonoma dagli americani. Non è nemmeno un caso se ieri il ministro dell’economia di Parigi, Bruno Le Maire, ha criticato la proposta di Ursula von der Leyen di usare gli asset russi per riarmare l’Ue tramite il progetto di Difesa comune. I francesi mirano a comandare dall’interno il Vecchio continente, mentre l’ex ministro della Difesa tedesco, che mira al bis in Commissione, vuole svuotare i poteri delle singole nazioni accentrando sia i budget sia gli organi di comando. Dal momento che non si può glissare sul tema e ignorare la questione riarmo, chi come noi sta in mezzo che cosa può fare? Domanda alla quale ovviamente non siamo in grado di fornire una risposta puntuale. Se non con altri punti interrogativi. Una forza militare seria ha una efficiente industria bellica e una testa politica con obiettivi chiari e mirati. Bruxelles purtroppo non ha nessuno dei due elementi. Per arrivare a un riarmo serio, rischiamo di uccidere alcune industrie locali a favore di altre, mentre non sappiamo ancora chi in futuro deciderà contro chi scagliare le armi o quando combattere contro un nemico. Nemmeno sappiamo chi deciderà chi è un nemico. Se, però, guardiamo gli andamenti di Borsa dopo febbraio 2022 (data dell’invasione russa dell’Ucraina), vediamo che aziende tedesche come Rheinmetall hanno guadagnato il 400%, altre molto meno. La nostra Leonardo è cresciuta molto ma vale ancora circa 20 euro e ha enormi margini di crescita. Non parliamo di Fincantieri. Se l’industria della Difesa cresce, si porta dietro Pil, posti di lavoro e nuova tecnologia che le aziende civili potranno con il tempo usare a prezzi molto più accessibili. Noi non possiamo perdere questa partita e quindi dobbiamo fare in modo che la prossima Commissione (quella che si formerà dopo le Europee di giugno) accetti un forte contributo politico, soprattutto nella distribuzione delle poltrone che contano. Non ci sarà solo il commissario all’agricoltura da presidiare, ma anche quello alla Difesa, che - è bene ricordare - oggi non esiste. Il collo di bottiglia, insomma, sarà tutto in questa nomina. Gli attuali sistemi di finanziamento dei progetti comuni saranno rivisti e riformati. Ancora non si capisce se i francesi comanderanno nello Spazio, tedeschi e italiani sulla terra e l’aviazione sarà un mix comprendente anche gli inglesi, che ormai hanno una agenda molto diversa che va sotto il nome di Global Britain. Si tratta dunque di un intreccio industriale difficile da sbrogliare senza lasciare vittime economiche sul terreno. L’Italia potrebbe però giocarsi una opzione e chiedere a Bruxelles, oltre a una fetta di investimenti da destinare alla Penisola, anche il riconoscimento ufficiale del piano Mattei. Tradotto: la competenza nel Sahel e in generale nel Maghreb. In parole ancora più semplici: comandare lì, dove gli avversari sono abbastanza delineati e si chiamano (al di là del terrorismo jihadista) Russia e Cina. Una sfida enorme ma da qualche parte prima o poi il toro andrà preso per le corna. Serviranno in ogni caso militari in divisa e compagnia private che sotto l’ombrello della Nato (e quindi nel budget del 2%) potranno contrastare gente come Wagner e loro successori.
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