
Mai come adesso aspettiamo di tornare al biblico «sudore della fronte», che la globalizzazione allegra ha ridotto al rango di sfiga. Non saranno rose e fiori, perché il morbo ha aggredito interi settori. Ma sempre meglio che accettare l'obolo a strozzo del Salvastati.Finita la globalizzazione «allegra», con le sue zuppe di pipistrelli con contorno di Covid-19 e conseguente chiusura di intere nazioni, torna d'attualità il lavoro, quello dell'antico «sudore della fronte» necessario «per il cibo dell'uomo» (come dice la Bibbia), ma ultimamente diventato marchio di povertà e sfiga. Diminuiscono velocemente, intanto, le dimostrazioni di ricchezza e i pavoneggiamenti ostentati in continuazione fino a ieri, i tappeti rossi, le signore con le tiare, i signori in smoking o magari scravattati perché fa figo, la Jaguar di Giuseppi e le Chissàcosa degli altri. Il Covid-2019 ha chiuso un'epoca.Con qualche strascico, però. L'ultimo rapporto sull'anno in corso del Fondo monetario internazionale (uno dei due grandi Templi della finanza pubblica mondiale) - diffuso qualche giorno fa - prevede un'Italia dove il Pil (che sono poi le persone che lavorano, producono e guadagnano) arretrerà del 9,1% mentre a gennaio si prevedeva che aumentasse dello 0,3% (magie della statistica ai tempi dei virus cinesi). Solo la Grecia, con il -10% farà peggio di noi in Europa, che con il - 7,5 sarà comunque il fanale di coda del mondo. È uno scenario assai cupo. Peggio di così c'è stata solo la Grande recessione del 1929. Fu quello l'ultimo periodo storico nel quale il biblico sudore della fronte fu ancora un lusso, perché la maggior parte delle persone non aveva neppure quello, dato che aveva perso anche il lavoro. Non c'era tempo da perdere: il presidente americano Roosevelt mandò i disoccupati a scavare gallerie (al momento quasi inutili), piantare 3 miliardi di alberi, a imparare a spegnare gli incendi e fare altre opere vitali nella loro improduttività. La Federal reserve (la banca centrale americana) stampò i dollari per pagarle, gli americani e altri nel mondo tornarono al sudore della fronte, e lentamente (e alla fine con la guerra) si uscì dalla crisi. In Italia però è proprio l'assenza di lavoro e sudore sulla fronte il rischio che corriamo oggi: il Fondo monetario prevede che la disoccupazione salirà di quasi il 3%, dal 10% attuale al 12,7%. Questo scenario non è solo economico: è fatto anche di depressioni, nevrosi, corrosione nei rapporti affettivi, suicidi tra la gente comune, che rischia di venire privata anche di quella importante conferma del proprio valore che consiste, da sempre, nel sudore della fronte, e nella sua paga. Così si finirebbe infatti (come già accadde alla Grecia che ancora non è uscita da quella terribile esperienza), accettando il prestito dal Mes (detto anche Moneta e strozzinaggio), sponsorizzato tra gli altri da Romano Prodi, la luminosa figura che ci portò in Europa inaugurando così la fase più buia della nostra storia recente. L'eroe-protagonista di questo tempo (il tipo Mes) è il servo avido che nella parabola evangelica seppellisce sotto terra la moneta ricevuta dal padrone anziché, rischiando, metterla a frutto perché crei altre realtà. È questo l'atteggiamento più grettamente anti cristiano che esista. Infatti il servo che non si assume il rischio di perdere il «talento», diventa sterile e inutile al mondo, e per questo - dice Matteo- viene «gettato nelle tenebre, dove sarà pianto e stridor di denti». Tutti noi viviamo in questo tempo la dimostrazione storica di questo comportamento, con la Germania che non investe le sue eccedenze valutarie nell'Europa più povera se non per strozzarla. Così oltre ad avere affamato la Grecia, come vuole fare con l'Italia, ha anche affondato l'intera costruzione europea (che in realtà aveva in sé fin dall'inizio questa grettezza materialistica: infatti cominciò subito dall'euro, dal denaro, da lasciare casomai alla fine). Oggi molti ci chiedono di fidarci dei tedeschi e del Mes, il fondo europeo da loro saldamente controllato, che ci farebbe un prestito senza ulteriori condizioni. Lette queste sagge esortazioni, sono caduto chissà come su un noto libretto di Friedrich Nietzsche (Al di là del bene e del male), filosofo geniale e politicamente scorrettissimo, cui si attribuiscono molte colpe. Tra le quali di esser stato un ispiratore del nazismo, che peraltro arrivò 30 anni dopo la sua morte. In due paginette pacate, il tedesco Nietzsche fa dei suoi compatrioti (oggi azionisti di maggioranza dell'Ue e del Mes) questo ritratto: «L'anima del tedesco [...] è un intrico di labirinti, caverne, nascondigli, trabocchetti [...] egli conosce bene i segreti sentieri che portano al caos». Apparentemente «il tedesco ama la franchezza e la dirittura: come è comodo essere franchi e probi! Il travestimento più pericoloso e più felice di cui sia esperto il tedesco è proprio questa familiarità, questo venirti incontro, questa rettitudine tedesca: con questa caratteristica mefistofelica può andare ancora molto lontano» (e qui Nietzsche cita Goethe, altro genio tedesco che non si fidava affatto dei suoi compatrioti). «Il tedesco ti viene incontro, guardandoti coi suoi leali, azzurri, vuoti occhi tedeschi», e gli stranieri «sono in trappola». E chiude così: «Non per nulla siamo chiamati il popolo-ingannatore». Non proprio rassicurante. La franchezza di Nietzsche verso i suoi compatrioti è disarmante, e affonda le sue radici nella sofferenza patita dal filosofo per la loro ipocrisia. È una testimonianza importante ma, come sempre, non bisogna generalizzare. Wilhelm Röpke, l'economista che fu consigliere del cancelliere Konrad Adenauer e Ludwig Ehrard nella Germania del dopoguerra, era molto diverso da Merkel e dai suoi ottusi collaboratori. Anche lui (lo ricordo perché fu poi mio professore a Ginevra) aveva occhi azzurri come i tedeschi di Nietzsche ma la sua «economia sociale di mercato» fu un'idea ampia e generosa, sulla quale venne costruito il «miracolo tedesco», che ispirò molte idee e buona pratiche anche in quello italiano.Oggi però milioni di italiani rischiano di fare la fine dei greci, che hanno svenduto le loro risorse alla Germania in cambio di qualche mancia, buona giusto a comprarsi un po' di roba per tirarsi su (e così rimettere in pista l'Aids, perché non avevano più neppure i soldi per le siringhe). Sono convinto che sia nostro dovere fare tutto ciò che possiamo per evitare che nulla del genere ci accada. Anche per il livello infimo (sperimentato anche nella pessima, contraddittoria e ambigua gestione dell'epidemia del Covid-19), della classe politica e di governo che in questo momento dirige il Paese. Basti dire che durante una malattia che attacca i polmoni è stata l'unica in Europa (assieme alla Spagna) ad aver proibito alle persone l'utilizzo delle aree verdi per sport, conforto psicologico e movimento fisico e respiratorio; ciò in un Paese dove gran parte della popolazione vive ancora in aree ricche di campi e boschi nelle vicinanze dei quali abita ed è abituata a recarsi sempre. Una classe politica che proibisce ai cittadini - durante un'epidemia polmonare - di utilizzare i loro «polmoni verdi» come potrà nella ripresa difendere i loro posti di lavoro e i loro risparmi?
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.