2025-01-24
«Il poliziotto che rischiò di morire non avrà un euro»
La stazione di Milano Lambrate dove è stato accoltellato il poliziotto Christian Di Martino, nel riquadro (Ansa)
Condannato il marocchino che tentò di uccidere Christian Di Martino. Il legale: «È nullatenente: non lo risarcirà. E lo Stato non paga».Quanto vale la vita di un poliziotto? Quanto vale il rene che ha perso Christian Di Martino? Il vice ispettore, nella notte tra l’8 e il 9 maggio 2024, fu accoltellato a Milano da Hasan Hamis, un trentasettenne marocchino, ovviamente irregolare, ovviamente pluripregiudicato. Aveva dato in escandescenze nei pressi della stazione di Lambrate. Ieri, l’aggressore è stato condannato a 12 anni e due mesi, con tanto di sconto di un terzo sulla pena, anche se la gup ha riconosciuto tutte le otto imputazioni contestategli dalla Procura. E ha disposto, in favore dell’agente, una provvisionale da 5.000 euro più un risarcimento da 150.000, da stabilire in sede civile. Il legale di Di Martino, però, non ha nulla da festeggiare: «Si tratta in pratica di soldi carta», ha spiegato. «Di Martino non vedrà un euro, perché l’imputato è nullatenente». Hamis non sborserà il becco di un quattrino. E il poliziotto, benché abbia rischiato di finire al Creatore per compiere il proprio dovere, non sarà tutelato nemmeno dallo Stato che era pronto a servire fino all’estremo sacrificio: «Non essendo prevista una coperta assicurativa per gli accadimenti in servizio», ha riferito l’avvocato Massimo Del Confetto, «non prenderà mai un euro».Non che Di Martino avesse agito per diventare un eroe da sussidiare. Intervistato a Dritto e rovescio di Paolo Del Debbio dopo la guarigione - difficile: per salvarlo, servirono un intervento di oltre quattro ore, 70 sacche di sangue e l’aiuto divino, perché non ci lasciasse le penne in nessuno dei cinque arresti cardiaci patiti in ospedale - quel giovane in divisa dichiarò: «Il mio unico pensiero era che dovevo fermarlo. Sentivo di stare male, ma ho pensato: “Anche se devo morire, lo devo fermare”». Il marocchino gli aveva assestato tre fendenti dietro la schiena, eppure lui era riuscito a inseguirlo e braccarlo, prima che i suoi colleghi giungessero a dargli man forte. Ieri, ha incassato una vittoria simbolica. Ma per l’ennesima volta, l’Italia ha dimostrato che la pelle di un tutore dell’ordine conta meno di quella di certi delinquenti. Di Martino, da Hasan Hamis, non riceverà un centesimo: il magrebino non ha moneta né beni intestati. Invece Mario Roggero, gioielliere di Grinzane Cavour (Cuneo), ai parenti dei rapinatori che aveva freddato fuori il suo negozio nel 2021, beccandosi una condanna a 17 anni, ha versato prima 300.000 euro, dopodiché è stato obbligato a liquidarne 480.000. Non si era difeso, stabilì la magistratura; aveva perpetrato una vera e propria esecuzione. È un assassino? D’accordo. Ma i ladri cos’erano? Caduti sul lavoro? Ai loro parenti, il denaro è arrivato: Roggero non è nullatenente, fa il gioielliere. Hamis di professione fa il clandestino e il delinquente. Da lui, il risarcimento non si può proprio esigere. Da lui no, ma dallo Stato? Nemmeno, a quanto pare. Non c’è «coperta assicurativa», ha sospirato appunto il legale di Di Martino. Il quale se ne «andrà in giro per tutta la vita con un rene solo». E una pacca sulla spalla dal Paese che ha amato al punto che è quasi morto per proteggerlo. Ecco perché è urgente, almeno, approvare il ddl Sicurezza. Ma soprattutto, è urgente intervenire per evitare che poliziotti e carabinieri finiscano sulla graticola, se sono costretti a usare la forza in strada. Il Guardasigilli, Carlo Nordio, è orientato a proporre una norma che consentirebbe alle forze dell’ordine, come pure ai privati cittadini che si sono difesi da intrusi, di essere assistiti in fase di accertamento dei fatti, senza venire iscritti nel registro degli indagati. I sindacati di polizia, però, hanno più volte ricordato alla Verità che il vero calvario non è l’avviso di garanzia in sé, bensì le spese legali che gli agenti devono affrontare. E che si sobbarcherebbero comunque. Vanno, semmai, aumentati i contributi e velocizzati i tempi di erogazione delle somme. Giusto per provare a correggere quell’antica ingiustizia, denunciata da Pier Paolo Pasolini: i figli dei borghesi che, impuniti, menano agli agenti «figli di poveri, senza più amicizia col mondo, separati, esclusi». Cornuti e mazziati.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)