Se le ricostruzioni di parte russa sui terroristi «teleguidati» restano boutade senza prove, è un fatto che le tecnologie per manipolare o disturbare i sistemi elettronici siano tra noi. La prossima (inquietante) frontiera sarà interferire sull’equilibrio chimico del cervello.
Se le ricostruzioni di parte russa sui terroristi «teleguidati» restano boutade senza prove, è un fatto che le tecnologie per manipolare o disturbare i sistemi elettronici siano tra noi. La prossima (inquietante) frontiera sarà interferire sull’equilibrio chimico del cervello.Poco plausibili chip impiantati nel cervello degli autori dell’attacco terroristico al Crocus City Hall di Krasnogorsk, nella regione di Mosca; misteriose malattie che avrebbero colpito i diplomatici statunitensi collegate a un’unità di intelligence russa; Elon Musk che su X pubblica un video dove un ragazzo tetraplegico gioca a scacchi con la forza del pensiero. Nelle ultime settimane il futuro delle neurotecnologie è tornato di stretta attualità, soprattutto nel contesto bellico, con un anticipo di quella che è stata definita l’iperguerra, il futuro dei prossimi conflitti che potrebbero essere caratterizzati dal controllo algoritmico o dall’intelligenza artificiale, con decisioni umane ridotte al minimo. Il futuro delle guerre potrebbe essere insomma la nostra stessa mente, che potrebbe essere controllata, che potrebbe a sua volta controllare armi o droni e potrebbe essere colpita da armi elettromagnetiche o soniche non convenzionali. Le grandi superpotenze, Cina e Stati Uniti soprattutto, si stanno attrezzando da anni, con una corsa agli armamenti neurali, ad una militarizzazione sempre più spinta delle neurotecnologie. L’ex capo dell’ufficio russo dell’Interpol, il maggiore generale della polizia in pensione Vladimir Ovchinsky, ha dichiarato nei giorni che dei chip potrebbero essere stati impiantati nel cervello degli autori dell’attacco terroristico di Mosca. Non ci sono prove. E la tesi potrebbe essere con tutta probabilità solo un tentativo di depistaggio. Ma non bisogna dimenticare che già 3 anni fa in Russia, prima ancora degli esperimenti di Elon Musk con Neuralink di questi mesi, era circolata l’indiscrezione su gruppo di lavoro presso il ministero dell’Istruzione e della Scienza per sviluppare un nuovo programma federale «Cervello, salute, intelligenza, innovazione per il 2021-2029», con un investimento da 54 miliardi di rubli, più di mezzo miliardo di euro. Il progetto, a quanto aveva riportato il quotidiano economico Kommersant, prevedeva lo sviluppo di tecnologie di interfaccia cervello-computer (Bci). L’obiettivo sarebbe stato quello, tramite sistemi software e hardware, di consentire agli esseri umani di controllare automobili, aerei e centrali nucleari attraverso microchip impiantati nel loro cervello. Ma anche di controllare altri esseri umani. Il progetto era stato autorizzato dal presidente Vladimir Putin in persona. L’indiscrezione fu però smentita. Solo che ora se ne torna a parlare. Anche perché i russi sono finiti sotto accusa per la «sindrome di Havana», malattia che comprende sintomi quali vertigini e cecità, che potrebbe essere il risultato dell’utilizzo di armi soniche russe, secondo un’indagine congiunta di The Insider, Der Spiegel e 60 Minutes, programma storico dell’emittente americana Cbs. Da Mosca, come di consuetudine, sono arrivate pronte smentite.Secondo le inchieste giornalistiche, dietro questi attacchi, potrebbero essere coinvolti i membri di una specifica unità di intelligence militare russa - nota come 29155 - che avrebbero preso di mira diplomatici statunitensi con armi a «energia diretta». L’unità segreta compie operazioni all’estero ed è stata collegata a incidenti tra cui il tentato avvelenamento nel Regno Unito nel 2018 di Sergei Skripal, ex spia russa. «La notizia dell’apparente utilizzo di un’arma sonica da parte di agenti russi all’origine della cosiddetta “sindrome dell’Havana”, indica come sempre di più il campo di battaglia dei conflitti contemporanei sia la nostra stessa mente», spiega Pierguido Iezzi, Ceo di Swascan - Tinexta Cyber.«Fermo restando che il caso in questione è ancora avvolto nella nebbia tipica delle relazioni Washington-Mosca (e in tante altre questioni ancora non chiare), questo caso conferma che gli sviluppi nel campo della wetwar, mirati a utilizzare per fini militari le sempre più strette connessioni tra le funzioni biologiche e i dispositivi tecnologici, vanno nella stessa direzione e annunciano un futuro in cui le scelte e il libero arbitrio degli individui saranno messi seriamente in discussione», prosegue Iezzi.Nonostante questo, il report non fornisce specifiche o basi tecniche di quella che potrebbe essere stata l’arma impiegata.«Al momento, d’altronde le tecnologie di guerra elettronica e informatica già comprendono una gamma di strumenti progettati per manipolare, disturbare o danneggiare apparecchiature e sistemi elettronici, ma che possono anche interferire sul delicato equilibrio elettrochimico della mente».Dagli jammer elettromagnetici (fondamentali nella guerra russo-ucraina per disturbare o abbattere i temuti droni fpv) alle armi acustiche (impiegate dalle forze di polizia in molti stati per motivi di ordine pubblico), fino alle armi che utilizzano impulsi elettromagnetici (Emp) (utilizzate a quanto pare per disabilitare la nave spia iraniana nel mar Rosso pochi mesi fa) o non nucleari (Nemp), (la potenziale arma nucleare spaziale anti satellite): le prove dell’evoluzione continua delle strategie militari verso mezzi più sofisticati e invisibili è sempre stata davanti ai nostri occhi; che adesso si vada anche a guardare alla mente come «bersaglio», non può stupire più di tanto. Questa vicenda è solo l’ultimo strascico e risvolto nel nuovo che avanza per quanto riguarda quest’ambito. Un mix di fantascienza, scienza e intrighi geopolitici. «Queste notizie evidenziano una corsa agli armamenti che si sposta dal dominio fisico a quello mentale, sollevando interrogativi esistenziali. La mente umana sembrerebbe proprio diventata un obiettivo primario di queste evoluzioni tecnologiche» conclude l’esperto.
(Arma dei Carabinieri)
Gli uomini del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti hanno sgominato un’organizzazione criminale dedita all'immigrazione illegale attraverso l’uso fraudolento del decreto flussi.
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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- È ormai diventata la prima causa di morte tra i 15 e i 29 anni, superando gli incidenti stradali. Dopo i lockdown si è registrato un boom. Non a caso, l’isolamento sociale è una delle maggiori cause. I più esposti sono i maschi.
- La psicologa Michela Pensavalli: «Un figlio depresso è ancora uno stigma. I segnali di pericolo non sono sempre eclatanti. Occhio alle frasi di autosvalutazione: vanno prese sul serio, anche se espresse in modo scherzoso».
- La preghiera è terapeutica, pure per gli adolescenti: i sociologi concordano nel rilevare i benefici del credo religioso, inteso come frequentazione regolare di un luogo di culto.
Lo speciale contiene tre articoli.
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Dopo l'attentato di Huntingdon, dove sabato due uomini sono saliti su un treno diretto a King’s Cross a Londra e hanno iniziato ad accoltellare i passeggeri, le autorità prima hanno taciuto l’identità degli aggressori. Poi si sono limitate a ricordare la loro cittadinanza britannica. È l’ennesima ipocrisia progressista.
Novità per i cittadini. Da questo mese stop al telemarketing da numero mobile, mentre il 30 novembre potrebbe arrivare lo stop a molti autovelox non conformi alle normative.





