2020-05-08
Bonafede è la miccia
per far saltare Conte
Alfonso Bonafede e GIuseppe Conte (Ansa)
Il centrodestra si ricompatta e presenta una mozione contro il Guardasigilli. Matteo Renzi sarà decisivo: potrà usare questa carta per strappare concessioni al governo, oppure mollare la maggioranza. Senza Italia viva, il premier rischia di perdere il posto.Il centrodestra si ricompatta e presenta una mozione di sfiducia al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. «Abbiamo presentato in Senato la mozione di sfiducia unitaria», spiega il leader della Lega, Matteo Salvini, annunciando la mossa della coalizione, «e spero che verrà discussa. Non sta a me ricordare le rivolte nelle carceri, con morti e feriti; le scarcerazioni, siamo arrivati a più di 400, fra mafiosi, assassini, delinquenti usciti dalle carceri nell'inattività, quantomeno, del ministero della Giustizia; le proteste degli avvocati in tutta Italia, il caos che c'è nei tribunali sulle riaperture. E poi ancora sulla prescrizione senza una riforma del diritto penale: mi sembra che disastri simili meritino l'attenzione di tutto il Parlamento. Non entriamo poi», aggiunge Salvini, «nel merito, da garantista, delle dichiarazioni del giudice Di Matteo che hanno sollevato ombre preoccupanti sulle nomine da parte del ministro Bonafede, su quello che è accaduto, su pressioni o su omissioni: io non so se se abbia ragione il giudice Di Matteo o se abbia ragione il ministro Bonafede, so però che entrambi non possono aver ragione».«Fratelli d'Italia», incalza Giorgia Meloni, «insieme a tutto il centrodestra, ha depositato in Senato una mozione di sfiducia al ministro Alfonso Bonafede. L'Italia non può permettersi di tenere in carica un ministro che con le sue scelte scellerate ha consentito la scarcerazione di mafiosi, boss compresi, vanificando il lavoro di migliaia di servitori dello Stato e umiliando le famiglie delle vittime della mafia. Spero che il Parlamento abbia, almeno su questo, un sussulto di dignità».Più sofferta la decisione all'interno di Forza Italia. Meno di due settimane fa, il vicepresidente degli azzurri, Antonio Tajani, si era espresso contro la sfiducia al ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri: «Non abbiamo mai votato contro un singolo ministro, mai detto sì a una sfiducia individuale!», aveva tuonato Tajani. Ieri, il brusco dietrofront, che ha provocato non pochi malumori all'interno degli azzurri: «Ha prevalso», rivela alla Verità una fonte di primo piano del partito di Silvio Berlusconi, «l'ala filoleghista del partito. Salvini ha dato l'ordine di firmare, e così è stato. Una forzatura che fa deragliare Forza Italia dalla linea di responsabilità che ci stava facendo crescere pian piano nei sondaggi. Non possiamo escludere che al momento del voto possano esserci defezioni, una grossa parte del partito soffre questa rinnovata sottomissione al Carroccio». Dunque, pur con qualche sofferenza interna a Forza Italia, la sfiducia a Bonafede, firmata dai capigruppo al Senato di Lega, Fdi e Fi, Massimiliano Romeo, Luca Ciriani e Anna Maria Bernini, adesso è sul tavolo, e la mossa del centrodestra, che non ha i numeri per farla approvare in Senato, mette in grandissima difficoltà Matteo Renzi. «Conto che anche dentro la maggioranza», dice, non a caso, Salvini, «ci sia qualcuno che si sta ponendo le stesse domande, perché non è una questione di destra o di sinistra: sono usciti senza una motivazione plausibile dei delinquenti che dovrebbero stare in carcere a vita e altri ne usciranno». Qualcuno, ovvero Renzi. La prossima settimana, quando la sfiducia a Bonafede arriverà in Senato, cosa faranno i renziani? Se i senatori di Italia viva dovessero votare la sfiducia al capodelegazione al governod del M5s, il governo sarebbe finito, e a Giuseppe Conte non resterebbe altro da fare che andare a dimettersi al Quirinale, al di là del risultato della votazione, spalancando la porta alle elezioni anticipate in autunno. Se invece i renziani salveranno Bonafede, dopo aver minacciato ai quattro venti di sfiduciare il ministro per la vicenda della riforma della prescrizione, magari in cambio di qualche posizione di potere o di sottopotere, Italia viva collezionerà un'ennesima figuraccia. Ieri, tanto per gradire, i renziani hanno fatto un altro dietrofront. Il ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, l'altro ieri ha minacciato a reti unificate le sue dimissioni dal governo se la sua proposta di una megasanatoria per 600.000 immigrati clandestini non fosse stata inserita nel decreto maggio. Dopo appena 24 ore, però, la Bellanova da falco è tornata colomba: è bastato un incontro a Palazzo Chigi con il premier Conte per rasserenare l'agguerrita Teresa, che al termine della riunione ha pubblicato su Twitter una bella foto della delegazione di renziani con il presidente del Consiglio e ha commentato: «Con Ettore Rosato, Maria Elena Boschi e Davide Faraone per l'incontro con il presidente Giuseppe Conte. Italia viva», ha rassicurato la Bellanova, «continuerà a lavorare per il paese. Per ripartire serve un Progetto per l'Italia, come Italia shock: investimenti, infrastrutture, opere pubbliche per rilanciare l'economia». «Sulla regolarizzazione dei migranti», ha aggiunto il coordinatore del partito, Ettore Rosato, «si sta lavorando. La Bellanova sta facendo un lavoro straordinario. Su questo bisogna trovare una soluzione e mi sembra che anche nel governo ci sia un orientamento positivo». Tutto ok, quindi, e avanti con le terga ben incollate alle poltrone, in attesa del prossimo penultimatum di Matteo Renzi, leader di Italia viva, anzi: sopravviva.
Ilaria Salis e László Dudog (in foto piccola) Ansa
Ilaria Salis (Imagoeconomica)
Donald Trump (Ansa). Nel riquadro il suo post pubblicato su Truth con cui ha annunciato il raggiungimento dell'intesa tra Israele e Hamas
Nella notte raggiunto l'accordo tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco e la liberazione dei prigionieri. Il presidente americano: «Giornata storica». Le truppe israeliane lasceranno la Striscia, tranne Rafah. Guterres: «Tutti rispettino l’intesa».
È stato Donald Trump, poco prima dell’una italiana, ad annunciare il raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas per una tregua nella Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi ancora in mano al gruppo islamista. «Sono molto orgoglioso di comunicare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano di pace», ha scritto il presidente americano su Truth, definendo quella di oggi «una giornata storica».
Secondo le prime ricostruzioni dei media israeliani, la firma ufficiale dell’intesa è prevista alle 11 italiane. L’accordo prevede il ritiro dell’Idf, l’esercito israeliano, da gran parte della Striscia di Gaza, con l’eccezione di Rafah, e il rilascio degli ostaggi sopravvissuti entro la fine del fine settimana, probabilmente tra sabato e domenica. Il piano, frutto di settimane di mediazione tra Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia, stabilisce anche la liberazione di circa duemila detenuti palestinesi in cambio del rilascio dei prigionieri israeliani. Lo scambio dovrà avvenire entro 72 ore dall’attuazione dell’accordo.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato la notizia in un comunicato del suo ufficio, parlando di «una conversazione molto emozionante e calorosa» avuta con Trump subito dopo l’annuncio. «I due leader si sono congratulati per lo storico risultato ottenuto con la firma dell’accordo per la liberazione di tutti gli ostaggi», si legge nella nota. Netanyahu ha ringraziato Trump «per la sua leadership e per gli sforzi a livello globale», ricevendo a sua volta le lodi del presidente americano per «la sua guida determinata». Trump, parlando poi con Axios, ha rivelato di aver ricevuto un invito ufficiale a recarsi in Israele. «Probabilmente nei prossimi giorni visiterò il Paese e potrei rivolgermi alla Knesset. Vogliono che tenga un discorso, e se lo desiderano, lo farò sicuramente», ha detto. E ha aggiunto: «Per raggiungere questo accordo si sono uniti gli sforzi di tutto il mondo, compresi Paesi ostili. È un grande risultato. La mia chiamata con Netanyahu è stata fantastica, lui è molto contento, e dovrebbe esserlo». In un altro messaggio pubblicato sui social, il presidente americano ha voluto ringraziare i mediatori regionali: «Tutte le parti saranno trattate equamente. Questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, Israele, tutte le nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America. Benedetti gli operatori di pace!».
Da Gaza, Hamas ha confermato la propria adesione, sottolineando che l’accordo «prevede la fine della guerra, il ritiro dell’occupazione, l’ingresso di aiuti e uno scambio di prigionieri». Il movimento islamista ha ringraziato «i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia» e «gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mira a porre fine definitivamente alla guerra». Hamas ha poi chiesto ai mediatori internazionali di «costringere Israele ad attuare pienamente i requisiti dell’accordo e a non permettergli di eludere o ritardare quanto concordato». Secondo la Bbc, resta invece fuori dall’intesa la richiesta di Hamas di includere nel piano lo storico leader palestinese Marwan Barghouti, la cui scarcerazione è stata respinta da Israele.
La notizia dell’accordo ha provocato scene di entusiasmo nella Striscia: i media israeliani riferiscono che migliaia di palestinesi sono scesi in strada a Gaza, tra clacson, canti e fuochi d’artificio, dopo l’annuncio del presidente americano. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha accolto con favore la svolta: «Accolgo con favore l’annuncio di un accordo per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza, sulla base della proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti. Elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia nel mediare questa svolta disperatamente necessaria». Guterres ha poi invitato «tutti gli interessati a rispettare pienamente i termini dell’accordo», sottolineando che «tutti gli ostaggi devono essere rilasciati in modo dignitoso» e che «deve essere garantito un cessate il fuoco permanente».
Intanto, sui social, i familiari degli ostaggi hanno diffuso un video di ringraziamento rivolto a Trump: «Il presidente ce l’ha fatta, i nostri cari stanno tornando a casa», affermano alcuni di loro. «Non smetteremo di combattere finché non tornerà l’ultimo dei 48 ostaggi». Se i tempi saranno rispettati, la giornata di oggi potrebbe segnare la fine di una guerra durata quasi un anno, costata decine di migliaia di vittime e un drammatico esodo di civili. Un accordo che, nelle parole dello stesso Trump, «è solo il primo passo verso una pace forte e duratura».
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