2022-11-23
La Chiesa e l’Italia, c’eravamo tanto amati
Con il libro «Lo Stivale e il Cupolone», l’ex direttore del «Tg2» Mauro Mazza indaga sulla crisi di uno Stato privo di identità religiosa e dominato da un pensiero unico intollerante. Ma il Vaticano non può chiamarsi fuori: deve rispondere ai bisogni di verità e certezze.La realtà è davanti ai nostri occhi: evidente, innegabile. È una realtà completamente desacralizzata, nella quale l’essere umano si considera sovrano e padrone assoluto della propria sorte. La tecnica ha scalzato l’etica, promette una vita migliore, spensierata e duratura. I pretesi diritti individuali non ammettono deroghe, né limitazioni. Nel loro nome si diventa impermeabili a ogni residuo di responsabilità sociale, si calpesta ogni traccia di bene comune.Certamente l’Italia, per la Chiesa, è sempre stata un esempio unico, a lungo modello ineguagliato di fede e devozione, comunque patria e residenza primaria del successore di Pietro. Il Vescovo di Roma ha ribadito costantemente, nel corso dei secoli, questo legame speciale e indissolubile con il luogo in cui la Chiesa ha germogliato e si è affermata quale protagonista della storia, non solo italiana. Tra la civiltà che nello Stivale si sviluppa e la religione cattolica il rapporto è stato solidissimo, al punto che la sua identità di patria del cattolicesimo le ha conferito un ruolo-guida proprio per la promozione, oltre i suoi confini, della civiltà cristiana.Anche per questo l’occupazione di Roma da parte degli «italiani» nel 1870, soprattutto per le forme invasive e violente scelte per la sua realizzazione, è stata vissuta dalla Chiesa come un trauma difficile da accettare. La risposta del «non expedit», la scelta di chiamarsi fuori, è stata immediata, forse inevitabile. Solo Paolo VI, un secolo più tardi, potrà dire che la fine del potere temporale si era rivelata, infine, benefica, perché aveva liberato la Chiesa da pesi e responsabilità che, nel corso dei secoli, avevano intaccato e condizionato la sua missione spirituale.Ma, allora, sotto la spinta degli eventi, la forte e netta risposta di Pio IX fu l’unica possibile per rivendicare appartenenza e presenza della Chiesa in un’Italia diversa e più profonda di quella che militarmente le aveva sottratto beni, perseguitato sacerdoti e, di fatto, costretto il Papa nella «prigione» dentro le mura di San Pietro. Proprio quell’Italia di popolo, fedele alla Chiesa e diffidente nei confronti del nuovo potere, seppe dimostrarsi viva e vitale, radicata e irriducibile, largamente maggioritaria.Con difficoltà e attraverso tragici tornanti della storia, fino agli anni Ottanta del XX secolo, da parte cattolica si considerava ancora possibile risalire la china, faticosamente ma con fondate possibilità di farcela. Era proprio la situazione italiana a confortare la speranza. Nonostante tutto, la nostra società sembrava ancora impregnata di valori, capace di reattività.Paradossalmente, proprio l’elezione di un Papa non italiano, dopo molti secoli, aveva riacceso una speranza che, viceversa, le vicende della politica interna mortificavano (si pensi soltanto alla legge sull’aborto del 1978, firmata da due dirigenti democristiani: il capo del governo Giulio Andreotti e il presidente della Repubblica Giovanni Leone). Il Papa polacco, fin dal suo esordio («Non abbiate paura!»), aveva detto che l’Italia sarebbe diventata la sua «seconda patria»: «Desidero far parte dell’Italia in tutta la sua ricchezza storica e in tutta la sua realtà odierna», una terra gentile - una e unica - scelta dalla Provvidenza per farne «il centro della Chiesa». Poi tutto è mutato radicalmente, e in fretta. Dal finire del millennio, tra gay pride e matrimoni omosessuali, diritti arcobaleno e gerarchie cattoliche distratte da gravissimi scandali, il modello italiano di resistenza è venuto meno.Ancor più che altrove, l’Italia pare essere dominata da un pensiero unico assoluto e indiscutibile, da un potere intollerante gestito da sedicenti tolleranti. Si ammette una pluralità etica e si dichiara - a parole, solo a parole - che quanti dovessero considerare ingiusta una legge possono non applicarla per sé o, se addetti ai lavori, opporvisi ricorrendo all’obiezione di coscienza (oggi per l’aborto, domani per l’eutanasia). Ma, in realtà, chi dissente è mal tollerato, ogni critica è considerata una provocazione; ogni diritto che s’impone una conquista indiscutibile. Il copione - come ho scritto nel libro - si ripete puntualmente: minoranze potenti - o avanguardie illuminate - riescono a prevalere su maggioranze dapprima contrarie, poi perplesse, infine rassegnate a subire le successive conquiste del modernissimo e laicissimo vangelo del nostro tempo.Quella tra Stivale e Cupolone è davvero, oggi, una coppia in crisi. La separazione - più giudiziale che consensuale - è un dato di fatto. Con l’aggravante della necessità - o costrizione - di dover convivere comunque sotto lo stesso tetto. (…) La crisi italiana si specchia in quella di tutta Europa, ormai priva d’identità morale, culturale e religiosa; povera di rappresentatività democratica; succube dei poteri economici e finanziari; nelle mani di una tecnocrazia che pretende d’indicare la rotta e di scrivere il futuro. Pare aver rinunciato, l’Europa, a farsi patria per tutti e a disegnare un destino comune. (…) Tra le classi dirigenti più responsabili e tra i pensatori più avveduti, si va diffondendo la consapevolezza che, senza un supplemento d’anima che solo la religione può dare, il futuro si dipanerà in forme pericolose, fuori controllo, senza bussola, né governo. Il laicissimo Jürgen Habermas ha scritto che «solo la religione può ri-civilizzare la modernità e aiutare l’Europa a ritrovare le sue risorse spirituali».La Chiesa non può chiamarsi fuori. Al contrario, ha il dovere di rispondere alla sua peculiare responsabilità, soprattutto in un contesto sempre più drammatico in cui, confusamente e nonostante tutto, si manifesta un bisogno di verità e di certezza.Che fare? Occorre ridefinire identità e messaggio; tornare a dividere il grano dal loglio, l’essenziale dal superfluo; scegliere l’evangelico «Sì, sì», «No, no»; abbandonare paure, sudditanze e tentazioni compromissorie. Uomini e donne di buona volontà, con l’aiuto del Cielo si possono fare miracoli. È già accaduto, può accadere di nuovo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)