
Larga parte del mondo cattolico ha sostenuto i giallorossi. Che ringraziano attaccando sui valori più alti.Certo, Avvenire, il quotidiano della Cei, sullo sdoganamento dell'aborto facile da parte del ministro Roberto Speranza ha esibito titoli ruvidi. Come no, hanno alzato la voce le associazioni Scienza & vita e Papa Giovanni XIII. Ah, giusto: poi c'è stata la dichiarazione - via social network - di monsignor Giovanni D'Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, che si è rivolto direttamente al ministro scrivendo: «Non ho mai visto pace nel cuore di donne che hanno abortito. Solo chi come noi sacerdoti ascolta e confessa conosce questo dramma per cui tante mamme non riescono a trovar ragione. Altro che conquista di civiltà!». Tutte posizioni coraggiose, quelle sopraelencate, tutte estremamente critiche. Però, diciamoci la verità, la sensazione è che le istituzioni ecclesiastiche abbiano consegnato il compitino, che si siano limitate al minimo indispensabile. Hanno lasciato che ad alzare la voce fossero i soliti pro vita, i soliti conservatori, i soliti - insomma - che sono abituati a rimediare la figura dei «medievali» e dei «retrogradi». Per il resto, un mormorio indistinto, quando non direttamente il silenzio. E va detto che questa Chiesa morbida, morbidissima, al limite dell'inconsistenza comincia un poco a sconcertare. Soprattutto perché su altri argomenti (i soliti migranti, ad esempio), gli appelli si sprecano, le voci si levano forti e chiare, i toni sono anche duri e taglienti. Lo sappiamo: l'attacco frontale non si addice ai prelati, le gerarchie prediligono l'approccio felpato, e talvolta è persino vero che la trattativa sia, alla lunga, più utile della contrapposizione. Qui, però, qualcosa non torna. Perché con l'attuale governo la Chiesa è stata più che trattativista. Ci sono interi settori del mondo cattolico - benedetti da uomini di fede celebri, autori di libri e articoli sui giornali - che i giallorossi li hanno sostenuti, voluti, incoraggiati. E qual è il risultato? Lo abbiamo sotto gli occhi: l'esecutivo spalleggiato dalla Chiesa in chiave antisalviniana sta procedendo tetragono alla demolizione dell'intero edificio valoriale che la stessa Chiesa ha sempre difeso. L'ultimo caso in ordine di tempo è quello del ministro Speranza e della sua impuntatura sulla pillola abortiva Ru486 da consumarsi direttamente in ambulatorio per poi fare ritorno a casa dopo appena mezz'ora: una specie di McDonald's dell'interruzione di gravidanza. Qualche settimana prima, con gran compiacimento di una larga fetta della maggioranza, c'era stato il via libera della Corte d'Assise di Massa al suicidio assistito (caso Cappato-Welby). I giudici hanno avuto campo libero perché manca una legge, e l'esecutivo si guarda bene dal farla, lasciando che i «giusmoralisti», come li chiama Agostino Carrino, si facciano carico della patata rovente. Aborto, eutanasia... Cosa manca? Ecco: l'identità di genere. La maggioranza giallorossa porta avanti il famigerato ddl Zan-Scalfarotto, che è un pugno in faccia ai cattolici e alla loro visione dell'essere umano. Sull'argomento i vescovi si sono espressi molto tardivamente, e comunque non sono stati minimamente ascoltati dalla compagine governativa, che continua a tirare dritto per la sua strada. A tutto ciò tocca aggiungere la semi afonia ecclesiastica nei giorni neri del Covid. Il filosofo Giorgio Agamben, in proposito, è stato molto severo: «La Chiesa, facendosi ancella della scienza», ha scritto, «ha radicalmente rinnegato i suoi princìpi più essenziali». Non è andato molto lontano dal vero: ancora adesso, la sanificazione sembra prevalere sulla santificazione. La «Chiesa viva», scrive monsignor Luigi Negri nel suo nuovo libro, è «mater et magistra». Ma se abdica al ruolo di maestra, e se non si rivolta contro chi colpisce le madri, allora che Chiesa è?
Elly Schlein (Ansa)
La leader Pd dice che la manovra «favorisce solo i ricchi», come se avere un reddito da 50.000 euro lordi l’anno fosse da nababbi. In realtà sono fra i pochi che pagano tasse dato che un contribuente su due versa zero Irpef. Maurizio Landini & C. insistono con la patrimoniale. Giorgia Meloni: «Con me mai». Pure Giuseppe Conte non ci sta.
Di 50.000 euro lordi l’anno quanti ne finiscono in tasca a un italiano al netto di tasse e contributi? Per rispondere è necessario sapere se il contribuente ha moglie e figli a carico, in quale regione viva (per calcolare l’addizionale Irpef), se sia un dipendente o un lavoratore autonomo. Insomma, ci sono molte variabili da tener presente. Ma per fare un calcolo indicativo, computando i contributi Inps al 9,9 per cento, l’imposta sui redditi delle persone fisiche secondo i vari scaglioni di reddito (al 23 per cento fino a 28.000 euro, al 35 per la restante parte di retribuzione), possiamo stimare un netto di circa 35.000 euro, che spalmato su tre dici mensilità dà un risultato di circa 2.600 euro e forse anche meno. Rice vendo un assegno appena superiore ai 2.500 euro al mese si può essere iscritti d’ufficio alla categoria dei ricchi? Secondo Elly Schlein e compagni sì.
Elly Schlein e Vincenzo De Luca (Ansa)
Dopo aver sfidato lo «sceriffo di Salerno» il segretario dem si rimangia tutto. E per Roberto Fico conta sui voti portati dal governatore, che impone ricompense per il figlio. Sulla partita veneta, Ignazio La Russa apre a Luca Zaia nel governo.
«Vinciamo»: il coordinatore regionale di Forza Italia in Campania, Fulvio Martusciello, capodelegazione azzurro al Parlamento europeo, lo dice alla Verità e sembra convinto. L’ennesima manifestazione elettorale di Fi al centro di Napoli è un successo clamoroso: centinaia di persone, il ritratto di Silvio Berlusconi troneggia nella sala. Allora crede ai sondaggi più ottimisti? «No», aggiunge Martusciello, «credo a quello che vedo. Siamo riusciti a entrare in tutte le case, abbiamo inventato il coordinatore di citofono, che si occupa di curare non più di due condomini. Parcellizzando la campagna, riusciremo a mandare a casa una sinistra mai così disastrata». Alla remuntada in Campania credono tutti: da Giorgia Meloni in giù. Il candidato presidente del centrodestra, Edmondo Cirielli, sente aria di sorpasso e spinge sull’acceleratore.
Matteo Zuppi (Ansa)
Il cardinale Matteo Zuppi, in tv, svela la fonte d’ispirazione della sua dottrina sociale sui migranti: gli «industriali dell’Emilia-Romagna». Ai quali fa comodo la manodopera a buon mercato, che riduce le paghe medie. Così poi la sinistra può invocare il salario minimo...
Parafrasando Indro Montanelli, viene da pensare che la Chiesa ami talmente i poveri da volerne di più. Il Papa ha appena dedicato loro un’esortazione apostolica, ma le indicazioni di politica economica ai cattolici non arrivano da Leone XIV, bensì dai capitalisti. E vengono prontamente recepite dai vescovi. Bastava ascoltare, venerdì sera, il presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, intervistato a Propaganda live: l’immigrazione, ha insistito il cardinale su La 7, «è necessaria. Se si parla con qualsiasi industriale in Emilia-Romagna dice che non c’è futuro senza».
Il Carroccio inchioda i sindacati: «Sette mobilitazioni a novembre e dicembre. L’80% delle proteste più grosse si è svolto a ridosso dei festivi. Rispettino gli italiani».
È scontro politico sul calendario degli scioperi proclamati dalla Cgil. La Lega accusa il segretario del sindacato, Maurizio Landini, di utilizzare la mobilitazione come strumento per favorire i cosiddetti «weekend lunghi», sostenendo che la maggioranza degli scioperi generali indetti nel 2025 sia caduta in prossimità di giorni festivi o di inizio e fine settimana.





