Non solo lo studio legale che ha curato il ricorso contro Giorgia Meloni & C: la fondazione del magnate negli ultimi otto anni ha versato milioni ad associazioni, Ong, università e partiti per spingere la sua agenda progressista, pro migranti, ultra green e femminista.
Non solo lo studio legale che ha curato il ricorso contro Giorgia Meloni & C: la fondazione del magnate negli ultimi otto anni ha versato milioni ad associazioni, Ong, università e partiti per spingere la sua agenda progressista, pro migranti, ultra green e femminista.Negli ultimi otto anni George Soros ha riversato circa 7 milioni di dollari in Italia, facendo scivolare dalla sua manica larga una pioggia di bigliettoni per chiunque convergesse verso i suoi interessi o le sue battaglie politiche: immigrazione, femminismo, lobbying, politiche green, giornalismo investigativo e perfino privacy. E, così, ben 35 entità italiane dal taglio gradito al finanziere-speculatore sono finite nell’area trasparenza della sua Open society foundation. D’altra parte, Soros non ha mai nascosto la sua passione per le cause progressiste. Ogni volta che c’è da scoprire chi c’è dietro le Ong che operano nel Mediterraneo, lui è presente. E La Verità l’ha beccato pure a sostenere la fondazione olandese di avvocati che si è inventata l’esposto alla Corte penale internazionale contro il governo italiano.Se c’è una cosa che Soros sa perfettamente, insomma, è dove investire. E, soprattutto, chi finanziare. Un esempio? L’indipendente Ecco Think tank, con 135.000 dollari, ha messo in atto politiche green che probabilmente incontravano le sue scelte eco-ideologiche. Ma non è tutto. Investigative reporting project Italy (Irpi media), che in un articolo «per trasparenza» ha ricordato ai lettori di annoverare la Open Society Foundation tra i suoi sostenitori, con i 450.000 dollari (record tra le elargizioni) che ha ricevuto nel 2023, dimostra che Soros deve avere un debole anche per un certo tipo di giornalismo. Tanto che sui conti di Openpolis, che si occupa di «giornalismo basato sui dati», sono stati recapitati 200.000 dollari nel 2021. Un finanziamento da 50.000 dollari è arrivato anche all’Osservatorio Balcani-Caucaso Transeuropa di Trento, testata giornalistica e centro studi «specializzati nelle politiche dell’Ue in tema di libertà dei media, società civile, allargamento a Est e politiche di coesione», che nel 2003 già ospitava i predicozzi di Soros sul Kosovo e la Serbia. Pure coloro i quali si ritengono dei paladini della democrazia sono stati generosamente sostenuti: Roma for Democracy ha ricevuto 164.000 dollari nel 2023, un bel gruzzolo per promuovere un concetto che naturalmente, secondo Soros, deve aver bisogno del supporto finanziario della sua fondazione. Nel lungo elenco compare anche onData, che mira a favorire trasparenza e partecipazione: 20.000 dollari nel 2021. Parliament Watch Italia, che si muove nel campo delle pratiche di «open government» e del «coinvolgimento diretto dei cittadini», 64.000 nel 2018 più altri 100.000 nel 2021. Transparency international Italia e i suoi analisti «delle attività secondarie degli eurodeputati», 91.000 nel 2018 e altri 70.000 nel 2020. Il Centro studi, formazione, comunicazione e progettazione sull’Unione europea e la Global governance, che ritiene di «contribuire all’educazione, alla formazione d’opinione e alla genesi di decisioni politiche», 207.000 nel 2019. E poi c’è Privacy network, che nel 2023 ha incassato 180.000 dollari per «portare privacy e diritti digitali fuori dalla torre d’avorio di giuristi», che deve aver visto in Soros un paladino dei diritti del web. Ma al magnate devono piacere in modo particolare anche i meccanismi più intimi del potere. A cosa serve la democrazia, se non si ha una mano pronta a influenzare le decisioni? The Good lobby, un’organizzazione non profit impegnata a rendere più democratica, unita ed equa la società e che fa campagne pro legge sul lobbying, tra il 2020 e il 2023, ha incassato poco meno di mezzo milione di dollari. Tutti ambiti di intervento che sembrano mirare a spingere l’Italia verso la sua personale visione. E poi, naturalmente, ci sono i diritti umani, il grande cavallo di battaglia del magnate. A Buon diritto Onlus, che si occupa di immigrazione e asilo, sono andati 200.000 dollari nel 2023. Anche Refugees welcome Italia ha ricevuto poco meno di 300.000 dollari tra il 2016 e il 2022 per promuovere l’accoglienza dei rifugiati, una causa che continua a raccogliere il consenso del finanziere. L’Associazione per gli Studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha beneficiato di 285.000 dollari nel 2021, Associazione Mosaico-action for refugees ha preso 145.000 dollari nel 2020, e Medici per i diritti umani Onlus 88.000 nel 2018. Associazione 21 luglio, impegnata sul fronte dei diritti umani, 34.000 nel 2020. E il Cir Italian council for refugees ha incassato 124.000 dollari nel 2016 dalla fondazione di Soros. Che ha investito ovunque sembrava esserci uno spiraglio per indirizzare l’opinione pubblica. ActionAid international Italia non è stata da meno, con i suoi 100.000 dollari nel 2021 per le campagne contro la povertà. Poi ci sono le iniziative societarie. Anche quelle delle piccole Srls: come Dataninja, che si occupa di formazione sui dati, un altro potente strumento, che ha ottenuto 313.000 dollari nel biennio 2019-2021. O la Futurevox Srl, esperta di attivismo digitale, campagne digitali e chat marketing per il no profit, che ha ottenuto 35.000 dollari nel 2022. E alla lista si aggiungono Kethane, che si occupa dei diritti dei rom e dei sinti anche con i 180.000 dollari che nel 2022 ha versato Soros l’associazione Upre Roma, sempre nel campo della cultura rom (11.000 dollari nel 2017). Futurevox e i suoi attivisti digitali hanno messo insieme 35.000 dollari nel 2022. Fondazione Con il Sud, che si occupa di coesione sociale, 400.000 nel 2019. Crossing Dialogues, un associazione di psichiatri, psicologi e filosofi: 181.000 dollari nel 2019. Perfino l’Associazione per l’Ecomuseo casilino Duas Lauros, riconosciuto dalla Regione Lazio, ha potuto contare sui 45.000 che nel 2019 sono arrivati da Open society foundation. Intersos per le «emergenze nutrizionali», 25.000 nel 2017. Non si tratta di cifre piccole: Soros ha saputo come orientare le risorse dove riteneva che ci fosse il maggior ritorno. E infatti non mancano i classici del movimentismo progressista: Arcigay ha ricevuto 150.000 dollari nel 2016 e l’Arci 1.700 nello stesso anno. E poi c’è la politica: i Radicali italiani hanno ricevuto 290.000 dollari nel 2017. Mentre l’Università di Urbino Carlo Bo, per un progetto sulla mappatura della copertura politica dei media italiani in vista delle elezioni del 2018, l’anno prima ha ricevuto 25.000 dollari. Sostegno anche all’agenda femminocratica: Period Think tank Aps, che si presenta come «associazione femminista», si è vista bonificare 110.000 dollari nel 2021. EquAll, che si occupa di parità di genere, ha ricevuto 20.000 dollari nel 2022, mentre la Coalizione italiana libertà e diritti civili si attesta a sfiorare 1,8 milioni di dollari tra il 2016 e il 2022. Il massimo sforzo del magnate in Italia, se si considera il sostegno spalmato su più anni. Fondi pure per la comunità Lgbt cattolica: l’associazione Cammini di Speranza nel 2016 ha potuto contare su 25.000 dollari di Soros. Che da esperto di finanza e filantroprogressista di lusso ha dimostrato sul campo la sua vera passione: tentare di piegare la realtà a colpi di dollaro. Ben 6.992.700.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





