2023-03-27
«Chi prende a pugni un professore avrà contro lo Stato»
Giuseppe Valditara (Ansa)
L’allarme del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara: «Violenze e bullismo sono preoccupanti. Paghiamo gli eccessi ideologici del Sessantotto».Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, le cronache che arrivano dalle scuole negli ultimi giorni parlano di una catena di aggressioni dei genitori contro gli insegnanti. Dopo la professoressa picchiata a Castellammare di Stabia, ora anche un preside aggredito a Cesena. Che sta succedendo?«È un fenomeno molto preoccupante. Di fronte a casi di violenze commesse ai danni del personale della scuola proporrò la costituzione di parte civile del ministero, valutando di chiedere anche il risarcimento del danno da immagine. Chi prende a pugni un docente o un preside dovrà vedersela anche con lo Stato. Più in generale dobbiamo rilanciare il patto educativo tra famiglie e docenti, evitando che si crei un fossato. Ho deciso di far sedere intorno a un tavolo le associazioni di genitori e studenti, insieme con le istituzioni, con l’obiettivo di costruire una grande alleanza tra i protagonisti del mondo scolastico». In parallelo, sembrano moltiplicarsi gli episodi di bullismo tra studenti. «Ho sempre pensato che per arginare il bullismo non serva la sospensione. Tenere un ragazzo fuori dalla scuola per settimane può persino portarlo ad avere contatti poco raccomandabili, col rischio di perderlo definitivamente. Piuttosto, credo che una prima risposta importante arrivi dalla reintroduzione a scuola della cultura della responsabilità e dalla attenzione alla cultura del lavoro. Gli autori di atti di bullismo potrebbero essere coinvolti in lavori socialmente utili, magari nelle case di riposo o nei centri per disabili, misure che già alcune scuole adottano nella loro autonomia. Dare importanza al lavoro nell’educazione dei giovani è un passaggio che aiuta a maturare». Perché la considera un’emergenza?«Ci sono studi scientifici che dimostrano un’amara verità: i ragazzi oggetto di persecuzioni sistematiche tendono ad avere cattivi risultati a scuola, si avvicinano pericolosamente all’abbandono scolastico, alla depressione, agli istinti suicidi, e sul lungo periodo hanno una minore aspettativa di vita».Addirittura?«Si tratta di una piaga che persino la Commissione europea ha messo sotto i riflettori. Dobbiamo insegnare ai ragazzi che non esiste solo un io ipertrofico e onnipotente, ma occorre immedesimarsi negli altri, sentire gli altri, capire che si è parte di una comunità, e questo esige rispetto. A Novara ho conosciuto la storia di un bambino disabile bullizzato: con un percorso collettivo di dialogo costruttivo e di fermezza, in quella scuola si è ripristinato un clima di rispetto e di solidarietà. Quel rispetto che si può e si deve imparare anche in classe». Lei è arrivato al ministero annunciando di voler ripristinare il «principio di autorità» nelle aule. Cosa intendeva dire? «Stiamo ancora pagando gli eccessi ideologici del Sessantotto. La contestazione ha messo in crisi il concetto di autorità, che è ben diverso dalla sua degenerazione, cioè dall’autoritarismo. Se non c’è rispetto per l’autorità - l’insegnante, il carabiniere, il magistrato - lo Stato si dissolve e finiamo nell’anarchia». Una deriva che registra quotidianamente?«Dobbiamo drizzare le antenne a cominciare dai piccoli gesti. Per esempio, è un segnale preoccupante che certi studenti ascoltino musica o guardino film con il cellulare durante le lezioni, e si rifiutino di riconoscere l’autorità dell’insegnante: da qui la mia circolare che vieta l’uso improprio del cellulare in classe, laddove non avvenga a scopi didattici. Il principio di responsabilità individuale è fondamentale, per evitare che si diffonda un’immaturità che diventa licenza di fare ciò che si vuole». Intanto arriva una novità concreta: il «docente tutor». Quarantamila unità a cui vanno ad aggiungersi i «docenti orientatori», uno per ogni istituto scolastico. In attesa dei particolari nei decreti ministeriali, ci spiega a cosa servirà questa figura?«La rivoluzione del Merito inizia da qui: dalla personalizzazione della formazione. I tutor dovranno personalizzare il percorso formativo e coordinare in una logica di team tutti gli altri docenti, per far sì che la formazione del ragazzo sia sempre più aderente alle sue necessità. Saranno figure dotate di maggiore preparazione e, visto il loro ruolo strategico, saranno pagate di più. Non possiamo più permetterci di lasciare indietro qualcuno. Avere un progetto di personalizzazione della formazione che coinvolga tutto il corpo docente significa consentire al ragazzo che ha maggiori difficoltà di recuperare, mentre chi è già avanti avrà modo di accelerare».I sindacati obiettano: perché questa novità soltanto nelle scuole superiori? «In realtà, con un primo stanziamento di 150 milioni, iniziamo dagli ultimi tre anni delle superiori, ma poi gradualmente estenderemo i tutor anche a tutte le superiori di primo e secondo grado: lo abbiamo già scritto nelle linee guida sull’orientamento». Dal vertice del consiglio europeo non è uscito l’accordo sul nuovo Patto di stabilità. Difficile conciliare lassisti e rigoristi. A rischio, tra i servizi pubblici fondamentali, anche la scuola? «A Bruxelles, davanti ai miei colleghi che si occupano di scuola, ho fatto una richiesta chiarissima: se dovessero tornare nel 2024 regole stringenti nel Patto di stabilità, la spesa pubblica in istruzione e ricerca dev’essere tolta dai vincoli di spesa del Patto. Si tratta di un investimento nel futuro, che fa crescere non solo una cittadinanza attiva, ma anche il Pil nazionale. L’economia, del resto, sarà sempre più economia della conoscenza, l’asset su cui si fonderà lo sviluppo sociale negli anni a venire. Intanto bisognerebbe garantire la sicurezza degli istituti scolastici. Qualche mese fa un report dell’Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola sfornava numeri preoccupanti: la metà delle strutture sarebbe priva di certificazione. «Il Pnrr ha stanziato 3,9 miliardi di euro per la riqualificazione delle scuole italiane. Grazie ai tecnici del ministero, ho trovato nelle pieghe di bilancio altri 1,2 miliardi. Dunque disponiamo di una cifra record di 5 miliardi e 100 milioni. Una parte l’abbiamo già attribuita agli enti locali, e noto con soddisfazione che anche alcuni amministratori dell’opposizione si sono congratulati con il ministero per questo nuovo approccio, che ha interessato anche le regole degli appalti venendo incontro proprio alle richieste di Comuni e province per una maggiore semplificazione».Come fa ad avere la certezza che quei soldi saranno spesi bene e in fretta? «Lo stanziamento consentirà di realizzare un grande piano di riqualificazione, ed emetteremo presto una circolare con i particolari. Inoltre nel decreto legge sul Pnrr abbiamo introdotto il modello Genova per l’edilizia scolastica, perché non bastano i fondi, occorre che le opere vengano realizzate in fretta. Le scuole devono essere sicure, senza barriere architettoniche, e penso debbano essere anche belle. Perché chi studia all’interno di scuole esteticamente gradevoli è incentivato a impegnarsi di più». Non abbiamo parlato di programmi scolastici. C’è un episodio della storia nazionale che vorrebbe venisse approfondito dai nostri ragazzi? «Mi piacerebbe che in aula ci si occupasse di più del Risorgimento. Nel Risorgimento si trovano le ragioni del nostro stare insieme. Perché tanti eroi provenienti da tutta Italia decisero di unirsi ai piemontesi per unificare la nazione? Se l’Italia vuole essere grande, deve recuperare la consapevolezza di un’identità nazionale che altrimenti rischiamo di perdere». Dunque gli eroi del Risorgimento non andrebbero confinati sulle targhe di strade e piazze, ma tornare nelle classi? «Quella parte della nostra storia vorrei venisse non solo glorificata, ma anche studiata, discussa, celebrata. Una certa sinistra ci ha abituati ad andare in Europa senza la consapevolezza della difesa dell’interesse nazionale, che peraltro è un obiettivo di tutti gli Stati. Dovremmo riscoprire la nostra patria e la nostra storia, per sentirci tutti italiani, in nome di un interesse comune pur nelle nostre legittime e stimolanti differenze». Insomma?«Insomma, sarebbe bello se a scuola si riuscisse a far crescere anche l’orgoglio positivo di appartenere a una grande civiltà come quella italiana, che va conosciuta in tutte le sue declinazioni».
«It – Welcome to Derry» (Sky)
Lo scrittore elogia il prequel dei film It, in arrivo su Sky il 27 ottobre. Ambientata nel 1962, la serie dei fratelli Muschietti esplora le origini del terrore a Derry, tra paranoia, paura collettiva e l’ombra del pagliaccio Bob Gray.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)