2022-03-22
Chi non vuole trattare dimentica l’atomica
Vladimir Putin (Getty Images)
La stampa con l’elmetto paragona Vladimir Putin ad Adolf Hitler per bocciare i negoziati. E finge di non ricordare che, dopo la comparsa delle armi nucleari, l’Occidente non difese né l’Ungheria né la Cecoslovacchia dall’Urss. Perché la terza guerra mondiale può essere l’ultima.Per respingere qualsiasi idea di un accordo che ponga fine all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, i guerrafondai da salotto, cioè coloro che in nome dei sacri principi sono pronti a dare la vita, ma degli altri, ricordano il 1939, quando la Germania di Adolf Hitler invase la Cecoslovacchia. Con la scusa di difendere i tedeschi che vivevano nella regione dei Sudeti, nel marzo di 83 anni fa i carrarmati del Terzo Reich varcarono la frontiera. I tentativi di Francia e Germania per evitare il conflitto, con la conferenza di Monaco del 1938, si rivelarono dunque vani e il premier britannico Neville Chamberlain passò alla storia come un politico imbelle, di cui il Führer si prese gioco. Forse, come dice qualche storico, il primo ministro inglese sottovalutò la situazione oppure, come sostiene qualcun altro, prese tempo, consentendo al Regno Unito di prepararsi a contrastare Hitler, rinforzando le difese aeree che si rivelarono fondamentali quando scoppiò la seconda guerra mondiale. Tuttavia, non è questo il punto. Secondo le penne armate che giudicano immorale parlare di trattativa per evitare la perdita di altre vite umane, la vicenda dei Sudeti è la dimostrazione che dittatori del calibro del Führer o di Putin vanno fermati subito e, soprattutto, che non si deve credere alle loro parole. Invadendo l’Ucraina, la Russia non intende difendere le province del Donbass o definire la questione della Crimea e delle città che si affacciano sul mar di Azov, ma ha intenzione di prendersi l’intero Paese e poi riconquistare quelli che un tempo erano i satelliti di Mosca. Può darsi che il disegno dello zar del Cremlino sia questo; tuttavia, il parallelo tra il 1939 e il 2022 non ha alcun senso, perché il mondo non soltanto è cambiato, ma soprattutto sono cambiate le guerre e il modo di combatterle.Mi spiego. Dal 1945 a oggi, l’Europa non è vissuta in pace come spesso si sostiene, perché nel cuore del Vecchio continente, per oltre 40 anni abbiamo combattuto una Guerra fredda, ovvero mostrato i muscoli con i missili cruise della Nato puntati contro la Russia e viceversa. Alla sinistra, che a quei tempi sfilava per la pace, non piaceva l’idea che a 15 chilometri da Ragusa, nella base militare di Comiso, fossero installate delle piattaforme per sparare delle bombe nucleari, ma quelle testate furono un deterrente contro le aggressioni di Mosca. Oggi tutti fingono di dimenticarsene e parlano solo dei Sudeti, ma nel 1956 i carrarmati dell’Armata rossa invasero l’Ungheria e Imre Nagy, capo di un governo che non piaceva a Nikita Krushev, fu impiccato dopo un processo farsa. Allora a sinistra si applaudirono i valorosi soldati russi che spensero nel sangue il tentativo di destalinizzare il Paese. Qualcuno dal Pci se ne andò per la vergogna, altri come Giorgio Napolitano presero la parola per difendere l’intervento di Mosca. L’Ungheria era un pezzo d’Europa, ma né agli Stati Uniti né alla Nato venne in mente di sostenere gli ungheresi, che per fermare i cingoli dei blindati morirono a migliaia. Non andò diversamente con l’invasione della Cecoslovacchia da parte del patto di Varsavia (eh, sì: non ci fu solo Hitler a varcarne i confini con i suoi carrarmati). Nel 1968, Leonid Breznev pose fine con le armi alla Primavera di Praga, arrestando Alexander Dubcek e le riforme del suo governo, sostituiti il primo con Gustav Husak e il secondo con un esecutivo fantoccio. Perché a quei tempi l’Occidente non sostenne la resistenza contro i sovietici in nome del principio che ogni popolo ha diritto all’autodeterminazione? Perché non si pose il problema di entrare in guerra per difendere gli ungheresi e i cechi, cioè gli abitanti di due Paesi che confinavano con l’Europa e che volevano affrancarsi da Mosca? Per un motivo semplice: perché sostenere il diritto alla libertà di quei popoli significava entrare in guerra. Anzi, scatenare la terza guerra mondiale. Certo, oggi non esiste più l’Unione sovietica ed è finita la logica dei due blocchi contrapposti. Tuttavia, se non ci fu un conflitto dopo l’invasione dell’Ungheria e della Cecoslovacchia, è soprattutto per il rischio di una guerra atomica. La Germania di Hitler fu fermata dalle truppe alleate e dai sovietici e il Giappone dalle bombe su Hiroshima e Nagasaki. Dall’agosto del 1945, tutti avevano ben chiaro che se fosse scoppiato un conflitto fra superpotenze, la guerra sarebbe stata nucleare. Dunque, il mondo assistette immobile all’invasione dell’Ungheria e della Cecoslovacchia, perché nessuno in Europa o in America era disposto a morire per Budapest o Praga. Oggi l’impero sovietico non esiste più e la Russia è indebolita da una crisi economica che dall’89 in poi ha distrutto gran parte della sua industria. Nonostante ciò, continua a disporre di migliaia di bombe atomiche e se scoppiasse una terza guerra mondiale nessuno può escludere che ne farebbe uso. Ecco, la grande ipocrisia di coloro che si dicono pronti a sostenere l’Ucraina è questa. Tutti sappiamo qual è la partita in gioco e sappiamo che a morire sono gli ucraini. Li sosteniamo, ma fino a un certo punto. Altro che no fly zone. Come applaudivamo Jan Palach oggi applaudiamo Volodymyr Zelensky e tutti i suoi cittadini, ma oltre a pagare le armi nessuno ha intenzione di muovere un dito. Il coraggio non consiste nel dichiarare guerra a parole a Putin, ma nel riconoscere che l’Occidente, oltre a illudere gli ucraini, altro non ha intenzione di fare. Perciò continuo a pensare che ci voglia più fegato a parlare di trattativa invece di dire che Putin è un animale.
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