2022-07-19
Chi chiede il bis vuole il Parlamento all’angolo
Il ministro dell'Economia, Daniele Franco (Ansa)
Le bugie sul Recovery a rischio nascondono il vero problema: un esecutivo dimissionario non può mettere la fiducia sui decreti per il Pnrr. Quella che dovrebbe essere la normalità, ovvero la centralità dell’Aula, viene vista come un pericolo.È normale e legittimo che ci siano argomenti a favore e a sfavore della permanenza in carica del governo guidato da Mario Draghi. Quello che risulta francamente incomprensibile, fino a sfiorare il ridicolo, è il prefigurare inenarrabili sciagure in caso di caduta del governo, anche in casi in cui il nesso causale tra Draghi e gli eventi temuti sia debole o addirittura inesistente. Voli pindarici senza né capo né coda di cui dovrebbe diffidare proprio lo stesso Draghi.Abbiamo cercato invano che qualche commentatore spiegasse la contraddizione tra «il lavoro prosegue, chiunque sia al governo», come Draghi affermava a dicembre, speranzoso di salire al Colle, e l’attuale mito dell’uomo insostituibile al comando. E non si venga a negare che a dicembre le prospettive economiche non fossero già fosche, con i prezzi di energia e gas in costante aumento da diversi mesi e l’inflazione che mostrava, a livelli di prezzi alla produzione, una evidente tendenza al rialzo, poi scaricatasi sui prezzi al consumo.Domenica il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, si chiedeva «quanto ha senso e fa il bene dell’Italia avviarsi in una campagna elettorale […] prima che tutti gli atti per mettere in sicurezza il Pnrr siano stati compiuti».Se l’approccio è questo, allora vorremmo pregare i lettori di mettersi comodi e di riporre la scheda elettorale in soffitta. Infatti, la decima rata del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) potrà essere richiesta solo il 30 giugno 2026 e quindi, fino a tale data, nulla potrà essere al sicuro e ci sarà sempre un argomento per impedire il voto. Domenica abbiamo spiegato che c’è poco o nulla da mettere in sicurezza. La macchina del Pnrr è già ben avviata e, se dovesse incepparsi, ciò potrebbe accadere per altre cause, diverse da quelle dell’assenza di un governo nei pieni poteri per circa 90 giorni.Infatti - sia guardando al passato sia al futuro - emerge che per l’avanzamento del Pnrr il ruolo preponderante è recitato da norme attuative di secondo livello, cioè decreti ministeriali, bandi e aggiudicazione di appalti. Nulla che non possa e non debba funzionare anche con un governo dimissionario. Altrimenti la cerimonia della campanella tra presidente del Consiglio uscente e subentrante a cosa servirebbe?Nello specifico, 45 dei 96 obiettivi/traguardi finora conseguiti per richiedere il pagamento della prima e della seconda rata sono stati proprio relativi a decreti ministeriali di attuazione. Guardando avanti, i 55 obiettivi/traguardi da conseguire entro dicembre 2022 per richiedere il pagamento della terza rata per 21,8 miliardi (11,5 sussidi e 10,3 prestiti) sono anch’essi prevalentemente connessi all’emanazione di norme di secondo livello su cui le strutture ministeriali coinvolte sono già al lavoro da mesi. È senz’altro doveroso sottolineare il ruolo di impulso e coordinamento esercitato dal governo in questo processo ma, anche in questo caso, nulla che non possa essere fatto anche da un esecutivo in carica per il disbrigo dei soli affari correnti. Non è ravvisabile nulla di straordinario nel predisporre decreti ministeriali in esecuzione di progetti già definiti nell’oggetto e nel costo. D’altronde, questa è proprio una delle caratteristiche del Pnrr: un blocco monolitico di investimenti e riforme, definito nei minimi dettagli sin dall’inizio, destinato a essere eseguito a prescindere dal governo in carica pro tempore. Come mai questo aspetto, fino a ieri tanto osannato, oggi viene improvvisamente dimenticato?Nei commenti di questi giorni si tende a dimenticare un altro aspetto decisivo. Una cosa è il Pnrr che è un piano di investimenti, ben altra è il Rrf, strumento della Ue per il finanziamento di quelle spese. Quest’ultimo è la fonte del denaro, il Pnrr è il suo impiego. Fatta questa essenziale premessa, va da sé che il Pnrr può sempre trovare fonti di finanziamento diverse dal Rrf, nel caso in cui le condizioni imposte dalla Commissione non fossero soddisfatte. E questa non è una nostra illazione, ma è un dato di fatto che emerge chiaramente dagli atti da cui risulta che i piani dei tempi di esecuzione degli investimenti sono cosa ben diversa e distinta dai tempi dei flussi monetari per il loro finanziamento. Quando ad agosto 2021 e ad aprile 2022 sono arrivati i circa 45 miliardi del prefinanziamento e della prima rata, tali somme sono finite nel calderone del bilancio dello Stato e sono andate a ridurre il saldo netto da finanziare ricorrendo al mercato. In sostanza, il ministro Daniele Franco ha potuto rinunciare all’emissione di 45 miliardi di Btp. Allora qualcuno dovrebbe convincerci che la Repubblica italiana, che emette circa 500 miliardi di titoli pubblici all’anno, non dovrebbe essere in grado di aggiungerne 21,8 per finanziare con Btp un eventuale ritardo di pochi mesi nel conseguimento delle condizioni pattuite.Meritano una sottolineatura i rilievi formulati dal deputato del Pd e costituzionalista Stefano Ceccanti, secondo cui «si riflette poco sul fatto importantissimo che a Camere sciolte la decretazione d’urgenza è praticamente ingestibile perché non si può porre la fiducia». Tale affermazione, nella volontà di alimentare la paura di un vuoto di governo, finisce con l’ammettere implicitamente due fatti molto importanti. Il primo è che in «casi di necessità ed urgenza» il decreto legge è sempre possibile e quindi si potrebbe rimediare a qualsiasi problema. Il secondo è che tale strumento legislativo nelle mani del governo finora ha funzionato solo con l’abuso del voto di fiducia che praticamente azzera l’attività parlamentare. Si giunge così all’esito paradossale di voler perpetuare l’attività di un esecutivo di cui si ammette che ha potuto e saputo governare solo ammutolendo le Camere. Forse è un motivo in più per tornare alla normalità?