2023-05-15
Che sia selvaggio o coltivato, il finocchio è il miglior alleato di chi sta seguendo una dieta
Pianta medicinale dalle molte qualità, contiene pochissime calorie ed è ricco di vitamine. Benefico al cuore e alle ossa, è un toccasana per i problemi intestinali, anche sotto forma di tisana. Ma attenzione alla ferula, la sua versione velenosa.Il finocchio è una pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae, quella famiglia anche detta delle Ombrellifere, per i tipici fogliami e fiori a ombrelle, a cui appartengono specie edibili come Daucus carota, la carota, Pastinaca sativa, la pastinaca, Apium graveolens, il sedano, e Foeniculum vulgare, il nostro finocchio. Poi, condimenti e spezie come Anthriscus cerefolium, il cerfoglio, Petroselinum crispum, il prezzemolo, Cuminum cyminum, il cumino, e Ferula assa-foetida, l’assafetida. E poi piante medicinali come il Foeniculum vulgare, il finocchio, ancora, Anethum graveolens, l’aneto, e piante tossiche da non mangiare come Conium maculatum, la grande cicuta, Cicuta virosa, la piccola cicuta, e Ferula communis, il finocchiaccio o ferla. Conosciamo subito meglio questo finocchio tossico da non mangiare, sapere che esiste per non incorrere nel rischio di scambiarlo per finocchio commestibile e starne alla larga se dovessimo mai incontrarlo. La Ferula communis è chiamata generalmente finocchiaccio in italiano, poi ha nomi dialettali locali, per esempio è la ferla in Sicilia e la feurra in Sardegna, ed è tradizionalmente usata per realizzare suppellettili o strumenti agricoli, come i famosi sgabelli cubici, i furrizzuoli, o i pannelli per l’essiccamento delle foglie di tabacco, i formaggi e gli insaccati e, ahinoi, le sue frasche legnose, in passato, venivano usate anche come verga per infliggere le punizioni corporali a scuola. La più evidente differenza visiva tra ferula e finocchio selvatico commestibile è che la ferula è una pianta più grande, pensate che può arrivare fino a 3-4 metri di altezza. Non è commestibile, ma sulla sua radice nasce anche il fungo Pleurotus eryngii var. ferulae, che invece lo è, detto feurratzu in Sardegna e molto pregiato. Ribadiamo che non è il caso di raccogliere ferula e cibarsene, possedendo i suoi tessuti principi anticoagulanti che possono intossicare. Negli animali, l’assunzione di ferula causa un’intossicazione detta mal di ferula. Ne sono vittime quando se la ritrovano sfalciata e trinciata nel fieno, dove può capitare che qualche pianta finisca perché quando non è ancora fiorita è molto difficile distinguerla tra gli erbaggi nei quali potrebbe essersi insinuata e così gli animali, non accorgendosi della sua presenza nella razione di fieno, la mangiano. Ma pascolando liberamente e trovandosela davanti in forma di pianta intera, non la mangiano assolutamente. Questo fatto che nessuno la tocchi paradossalmente permette alla ferula di arrivare a fioritura, così produrre e disperdere i suoi semi e infestare i campi. Insomma, la ferula è anche metafora dell’evitamento senza sanzione di qualcosa di errato, che dà ad esso modo di riprodursi. Accanto a questo finocchio tossico per lo stomaco ma il cui fusto è utile come legno per piccole costruzioni, c’è il finocchio, coltivato o selvatico, Foeniculum vulgare in botanica, che diversamente dal finocchiaccio è assai benefico. Vediamo prima il selvatico. In gergo gastronomico popolare, si chiama finocchietto. Si tratta sì della versione selvatica del finocchio, ma oggi si può anche piantare nell’orto o in un bel vaso in autonomia, acquistando i semi, ciò che vale per molte versioni selvatiche di piante. Tuttavia, soprattutto in questo periodo, il finocchietto è anche oggetto di foraging - raccolta delle erbe spontanee - in campagna e città. Se vi dilettate nel foraging, fate attenzione a non raccogliere, invece del finocchietto, il finocchiaccio. Del finocchietto selvatico, in qualche zona d’Italia chiamato anche finocchina, si consuma tutta la parte aerea. Le sue foglioline, proprio come quelle del finocchio normale, ricordano il fieno, da ciò il nome foeniculum. Anche dette barbe, si raccolgono a partire da ora, dalla primavera all’autunno. Mentre in estate, ad agosto, si raccolgono le deliziose ombrelle di fiori gialli che fra poco inizieranno a svilupparsi su fusti e fogliame e in autunno, se non si saranno raccolti i fiori prima, si possono raccogliere i frutti che i fiori nel frattempo saranno diventati: noi li chiamiamo semi, ma sono i frutti e sono anche detti acheni. Raccogliendo il fiore fresco sarà necessario seccarne i frutti, se si vogliono i semi, altrimenti sarà sufficiente attendere l’inizio dell’autunno e l’essiccazione naturale sulla pianta per raccogliere i semi già secchi da essa (proprio come si fa coi semi di basilico, per esempio). Nelle Marche, la regione di Benedetta Rossi di Fatto in casa da Benedetta che proprio nei giorni appena passati è stata attaccata da quelli che anche Antonella Clerici ha definito gastrofighetti seppure sembrino più gastrobulli, che hanno offerto un tremendo spettacolo perché secondo noi bisogna essere gastrosaggi, con rametti e foglioline di finocchietto selvatico si preparano i bombetti in porchetta (il nome regionale delle lumache di mare è bombi) oppure si conciano le olive, insieme con peperoncino e aglio. Ci si conciano le olive anche nel Cilento, nei preziosi barattoli di olive ammaccate cilentane che sono anche presidio Slow Food, si possono infatti trovare rametti e semi di finocchietto. Balzando in Sicilia troviamo la mitica pasta con le sarde, mentre nel Lazio, dove c’è anche il P. a. t. (prodotto agroalimentare tradizionale, ndr.) finocchio della Maremma viterbese, nel bel borghetto di Vitorchiano troviamo i cavatelli con salsa di pomodoro fresco, aglio, olio, peperoncino e finocchietto selvatico, gustosissima e super rustica pasta festeggiata anche nella dedicata Sagra del Cavatello, che lì si svolge in agosto. La porchetta di Norcia prevede i semi di finocchietto, in Toscana e ai Castelli Romani la porchetta si sostituiscono con rosmarino. Sempre in Toscana, si aromatizza il salame coi semi di finocchietto al posto dei grani di pepe nero, tanto che il salume in questione si chiama finocchiona. I semi si usano anche in liquori, pani, taralli, dolci e anche dolcetti come i deliziosi e profumatissimi biscotti digestivi piemontesi finocchini. Il finocchio coltivato, invece, detto anche finocchio dolce proprio per i suoi aromi appena più delicati rispetto alle varietà selvatiche, è una pianta speculare alla versione selvatica perché ne mangiamo solo le parti basse. Sopra la radice, a fittone, proprio come è quella della carota, fuoriesce dal terreno il largo grumolo basale, bianco e a forma di grossa pera, che noi consumiamo, gettando via tutto il resto, i fusti e le foglie, quando invece potremmo consumare anche quelle, le foglie, come se fossero quelle del finocchietto, i fusti verdi togliendo il filo, come si fa con le guaine del grumolo, riducendoli a tocchi e cuocendoli al vapore o in padella come fossero gambi di carciofo. Abbiamo molti finocchi prelibati in Italia, il Bianco Perfezione, il Bianco dolce di Firenze, il Finocchio di Parma, il Finocchio di Fracchia, il Gigante di Napoli e il Grosso di Sicilia. I finocchi presentano circa 30 calorie ogni 100 grammi, armoniosamente ripartite tra carboidrati, circa il 40%, e proteine vegetali, circa il 60%: le calorie sono davvero poche e ciò ne fa un ortaggio ideale per le diete, come sono anche le carote e il sedano. La falda, magari spalmata di formaggio magrissimo o in pinzimonio, di finocchio, di carota o di sedano è il caratteristico snack per chi vuol dimagrire, perché le verdure in questione richiedono anche lunga masticazione e ciò dà l’impressione di mangiare e mangiare, oltre a «sfogare» i muscoli mascellari, positivo se la fame che ha fatto ingrassare è nervosa. Oltre a un contenuto di acqua di 90 g ogni 100 g di peso, nel finocchio abbiamo 7,3 g di carboidrati, di cui circa 4 di zuccheri e 3 di fibre, abbiamo 1,2 g di proteine, 0,2 di lipidi e poi vitamine e sali minerali. Vitamine in primo luogo come la vitamina C, 5 mg ogni 100 g di finocchio (ricordiamo che il quantitativo giornaliero è 75 mg nell’uomo e 60 mg nella donna), che aiuta a sintetizzare il collagene e insieme alla vitamina A (963 UI) e il selenio (0,7 mcg) svolge un importante funzione antiossidante. Poi, le vitamine del gruppo B, utili per un corretto metabolismo cioè la trasformazione del cibo in energia. Poi abbiamo 414 mg di potassio (salute del cuore), 52 di sodio (corretto il rapporto che vede il potassio maggiore del sodio), 50 di fosforo, 49 di calcio e 17 di magnesio che aiutano la salute delle ossa. Il finocchio è utile contro la flatulenza e l’indisposizione gastrointestinale, dal vomito alla diarrea, non a caso compare, soprattutto lesso, nel menù di bambini, anziani e in generale di ammalati. Ma anche chi sta benissimo può giovarsi del suo gusto! Il finocchio contiene anche fitoestrogeni (come la soia) e perciò è di aiuto per il corretto equilibrio della produzione ormonale femminile e quello del ciclo mestruale. Il finocchio è considerato anche un preventivo del tumore al seno ed è un galattogeno, cioè aiuta la produzione del latte nella mamma. In più, disintossica il fegato e contrasta gli spasmi muscolari. Secondo alcuni, il finocchio contrasta anche la formazione dei calcoli renali.I semi del finocchio contengono oli volatili nelle misure dallo 0,8 al 4%. In particolare, contengono anetolo e fenicone, rispettivamente dolce e amaro, che hanno valenza carminativa cioè di stimolo sulla motilità di stomaco e intestino, con effetto digestivo e poi di contrasto a meteorismo e flatulenza poiché aiutano a eliminare i gas intestinali già sviluppati e a prevenirne la formazione (anche per questo, il finocchio è amico di chi soffre di colon irritabile). L’anetolo è considerato anche antibatterico e antimicotico e consigliato nelle patologie infiammatorie delle vie aeree, anche come espettorante. Non affidatevi, tuttavia, al fai da te nel caso di tinture ed oli essenziali. Via libera, invece, con la tisana di finocchio, che si trova anche nel normale supermercato, se cercate gli effetti appena descritti. Sapete da cosa deriva il verbo infinocchiare nel senso di gabbare? Dall’usanza dell’antico cantiniere di offrire pezzi di finocchio da sgranocchiare agli acquirenti di vino, poiché le sostanze aromatiche del finocchio influenzano temporaneamente il gusto e i furbi venditori sfruttavano questa facoltà per far non far percepire il sentore acido di un vino che magari era già diventato quasi aceto e volevano ugualmente vendere. Un po’ ciò che fa l’aceto alla carne, coprendone il brutto sapore che ha quando non è fresca. La produzione italiana di finocchi è viva: nel 2022 abbiamo raccolto 3.302.553 quintali di finocchi in piena aria da 13.668 ettari coltivati e nel 2021 5.070.543 quintali da 19.129 ettari. Sempre nel 2022, abbiamo coltivato a finocchio 7.984 are di serre per un raccolto di 32.612 quintali e nel 2021 35.068 quintali da 8.579 are. Come si vede, risulta diminuita la produzione di finocchi italiani sia in piena aria, sia in serra, quindi compriamoli rigorosamente italiani, al supermercato e lottiamo insieme a questa produzione e tutte quelle del nostro cibo vero e italiano. La stagionalità del finocchio è da ottobre a maggio, ma ormai li troviamo tutto l’anno, di serra.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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