2024-07-12
La Cgil usa Caf e patronati per i referendum
Maurizio Landini (Getty Images)
Maurizio Landini non ha ancora finito di raccogliere le firme per l’abolizione del Jobs act e già si butta in una nuova campagna tutta politica insieme al Pd e ai partiti di opposizione per cancellare l’autonomia. Gli strumenti: banchetti, adesioni online e centri per i servizi.Neanche il tempo di brindare per il milione scarso di firme raccolte a sostegno dei quattro quesiti referendari sul lavoro, che la Cgil riparte lancia in resta. A giorni, annunciano i suoi dirigenti, inizieremo a combattere una nuova battaglia, quella per portare all’attenzione dei cittadini un nuovo quesito finalizzato ad abolire la legge sull’autonomia differenziata di Calderoli. Si ricomincerà quindi con il battage pubblicitario, i banner sul sito, i cortei organizzati, il passaparola nei Caf, nei patronati e nelle fabbriche per raggiungere l’ennesimo risultato scontato. Considerate le forza di fuoco in campo, dalle Acli fino all’Anpi, Emergency, Greenpeace, Legambiente, Libera ecc, ci sono circa 100 associazioni in campo pronte a spalleggiare la posizione annunciata da tempo da tutti i partiti di opposizione, Pd in testa, esclusa Azione. Viene difficile pensare che non si raggiunga in tempo breve il mezzo milione di firme necessario, poi il difficile verrà dopo, quando si tratterà di arrivare al quorum. Ma poco importa, intanto lo spazio mediatico sarà stato occupato. «L’approvazione in via definitiva dell’autonomia differenziata alla Camera, in combinato disposto con il premierato, è una ferita profonda per la democrazia. In questo modo si ledono i diritti delle cittadine e dei cittadini, si compromette l’unità del Paese, si attacca la Costituzione nata dalla Resistenza antifascista», si legge in una nota de “La Via Maestra” che raggruppa appunto le sigle che stanno sponsorizzando il referendum anti-Calderoli, «La Via Maestra chiama alla mobilitazione cittadine e cittadini di tutte le Regioni contro la legge Calderoli».Che partiti o associazioni civiche vicine alla sinistra promuovano un referendum prettamente politico ci sta, ma che un sindacato decida di muovere tutta la sua potente macchina organizzativa per spingere un quesiti abrogativo contro l’autonomia, con carattere prettamente politico, è per tanti versi un unicum storico. A memoria, ci perderemo qualche pezzo, ma ricordiamo raccolte di firma della Cgil all’epoca di Susanna Camusso per ripristinare l’articolo 18 (si arrivò a superare quota 3 milioni di firme) e per appoggiare il quesito sollevato dal Pci sulla scala mobile nel 1985, ma si trattava di materie legate a doppia mandata con il mondo del lavoro. Sull’autonomia, invece, la deriva politica è evidente. C’è qualcuno che parla di radicalizzazione della Cgil, non nel senso di deriva verso l’estremo, quanto invece intesa come immedesimazione con il Partito Radicale e di un Maurizio Landini che gioca a fare il Pannella dei poveri. Ma battute a parte un ragionamento sul primo sindacato italiano che muove tutta la sua potenza di fuoco per appoggiare a stretto giro due battaglie fondanti della sinistra e del Pd (la lotta contro il Jobs Act e contro l’autonomia) va fatto. Era mai successo prima? In questi termini no. E fa ancora più specie se si pensa invece ai risultati non proprio lusinghieri che il più grande sindacato italiano sta riportando tra i lavoratori. Dell’emorragia di iscritti si è detto a più riprese e del resto i numeri della gestione Landini sono eloquenti: nel 2019 (il primo anno del suo mandato) la Cgil poteva contare su 5 milioni e 346.000 iscritti che oggi sono diventati 5 milioni 149.000. Ma per tanti versi la situazione è ancor più critica tra i delegati. I rappresentanti dei lavoratori che vengono eletti all’interno delle fabbriche e non solo. Un caso su tutti. Che all’ex Ilva di Taranto, la fabbrica più calda d’Italia, dove la questione occupazionale si lega da anni a doppia mandata con quella sanitaria, la Cgil non sia nemmeno sul podio delle rappresentanze sindacali fa impressione. Ma parliamo di un caso datato. Più recente è invece la scoppola rimediata sulla scuola e precisamente nel Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (Cspi).Il rinnovo del Cspi era atteso da tempo, ma, di rinvio in rinvio, la sua precedente composizione definita nel 2015 è arrivata soltanto ora, con risultati che ne modificano sostanzialmente i precedenti assetti.Alla Cgil-scuola, che nel 2015 aveva nove seggi ne sono stati attribuiti quattro, mentre gli altri sindacati avanzano. La Cisl era ferma a quota due seggi ed è arrivata a cinque. La Uil è passata da zero a quattro seggi.Piazze piene e urne vuote amano dire da tempo gli avversari di Landini per stigmatizzare la tendenza dell’ex leader dei metalmeccanici rossi a presenziare manifestazioni (e anche talk show) e ad essere invece poco presente nelle fabbriche. In compenso però adesso che si è «pannellizzato» non ha rivali nella raccolta di firme per promuovere referendum, soprattutto se sono a forte impronta politica.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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