2025-03-14
All’assemblea della Cei torna in auge la pace
Il segretario generale della Cei arcivescovo Giuseppe Baturi (Imagoeconomica)
Il consiglio permanente episcopale sottolinea l’importanza della diplomazia per porre fine alle ostilità, come chiesto dal Papa, contrario all’aumento delle spese militari. Lasciata libera scelta sulla partecipazione al corteo pro Europa (e riarmo) di domani.Meglio la pace, però liberi di sostenere l’Europa guerrafondaia, senza dimenticare le linee guida del Papa contro le armi. Grande è la confusione sotto il cielo cattolico alla vigilia del Serra Pride di domani a Roma. «La situazione è propizia» aggiungerebbe Mao Tze Tung, che se si fosse imbattuto in una chiesa l’avrebbe bruciata. Per i vescovi italiani in questo opaco frangente hanno ragione tutti, come si evince dalle parole del segretario generale della Conferenza episcopale, l’arcivescovo Giuseppe Baturi, al termine del Consiglio permanente della Cei a Roma. «L’Europa deve investire sulla diplomazia paziente a tutti i costi, il riarmo rientra nella logica dello scontro, ma alla manifestazione c’è libertà di partecipazione in nome del pluralismo».Un’esibizione di equilibrismo da medaglia olimpica alla trave, mentre quella nell’occhio della Cei continua ad essere considerata una pagliuzza rispetto alle parole di Papa Francesco, che durante tutto il pontificato non si è mai stancato di ripetere: «Le risorse sprecate negli armamenti distruggono vite e rovinano la Casa comune. Con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un fondo mondiale per eliminare finalmente la fame». Ma il Santo Padre è degente al Policlinico Gemelli e in queste settimane sono altri a dare le carte. Come il presidente dei vescovi cardinal Matteo Zuppi che all’inizio dei lavori aveva inaugurato la linea cerchiobottista sul riarmo Ue, trasformando nella narrazione la Caserma Europa da armare in un fumoso Cantiere Europa «sul quale investire». Quindi tutti a Piazza del Popolo con piddini, anticlericali, europeisti bellicisti e centri sociali? Monsignor Baturi preferisce non rispondere e lascia che il fiume scorra lento verso il suo destino, anche per non trovarsi sull’altra sponda rispetto allo Zuppi pensiero. «Il tema dell’Europa ci sta a cuore e non da oggi, è decisivo come quello della pace, le modalità di intervento possono essere le più plurali, l’importante è realizzarle in carità. Sulla manifestazione non abbiamo preso posizione, c’è una libertà legittima nelle nostre organizzazioni, associazioni e singoli fedeli. Alcuni hanno aderito, altri no. Fa parte del legittimo pluralismo che la Chiesa riconosce quando riguarda cose non essenziali. Certo, lo scontro di parole non aiuta la logica dell’incontro e del confronto, così come le polarizzazioni nelle posizioni non aiutano la pace».L’arcivescovo di Cagliari sembra avere una sola preoccupazione: stare in mezzo e non scontentare nessuno. Così, al termine di questa parata di parole, si intuiscono discrepanze evidenti e tre posizioni dei cattolici in sofferenza. Da una parte Papa Francesco con il suo grido di vergogna nei confronti di quei poteri e Paesi «che organizzano convegni di pace e poi investono in armi» (più o meno il Serra Pride). Dall’altra il gruppo dei vescovi del Comece - i delegati delle conferenze episcopali Ue sostenuti da Bruxelles - più associazioni come la comunità di Sant’Egidio pronte a sfilare (e questa è coerenza) sotto la bandiera della pace ma dietro a Ursula Von der Leyen con l’elmetto. In mezzo l’istituzione episcopale, che dopo aver dato un colpo al cerchio della diplomazia ne piazza un altro alla botte della «libertà di scelta», visto che in fondo si tratta di «cose non essenziali». Se si riferiscono alla pace, è così poco essenziale che Papa Francesco ne parla da 12 anni come «il valore assoluto dopo la vita umana». Il clima da convergenze parallele è deliziosamente democristiano e infatti non aiuta a fare chiarezza. Nell’illusione che il fumo di Londra occulti e stemperi le differenze in un momento così delicato per la Chiesa, la Cei sostiene chi va in piazza ma esprime la volontà, come spiega Avvenire, «di rilanciare la proposta del Papa di ridurre le spese militari destinando una parte a un fondo mondiale specifico per aiutare i più poveri e lo sviluppo sostenibile». Guarda caso proprio dal fondo di coesione gli euroburocrati hanno intenzione di pescare gli 800 miliardi per carri armati, missili e cacciabombardieri. Un particolare che non può sfuggire alle tonache a livello individuale. Ieri il vescovo di Mosca, Paolo Pezzi, ha infatti commentato: «Sarò sincero, sono rimasto molto amareggiato dalle parole volte al riarmo che ho sentito. Capisco le preoccupazioni che alcuni leader europei possono avere, però mi sembra che non abbiano imparato nulla dalla storia. Andare verso un riarmo non è la strada da percorrere». Nel documento finale della Cei viene sottolineato un segnale positivo: il ritorno dei cattolici in politica. «È bello il nuovo protagonismo, anche plurale», ha confermato il segretario Baturi. «Noi non siamo agenti politici, la politica necessita di cultura e di saper leggere gli eventi. Sono però convinto che i cattolici possano portare uno sguardo aperto della fede nella società». Così aperto da contenere tutto e tutti. Tranne il pensiero forte di quel signore vestito di bianco che giace in un letto d’ospedale.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)