2020-07-02
Cazzotti ed esplosioni senza tante parole. L’Inghilterra rianima il genere «action»
Nella serie Sky «Gangs of London» non c'è spazio per monologhi interiori alla «Gomorra». È solo lotta per la supremazia tra bande.Un uomo solo, intorno sette albanesi. Gangs of London, che l'Inghilterra ha celebrato come risposta locale alla violenza de Il Padrino, ha fatto del proprio incipit un manifesto programmatico. E, nella sua scena iniziale, dove solo il silenzio di un funerale avrebbe dovuto risuonare, chiamando a sé rispetto e timore, ha messo in piazza tutta l'azione di cui è stata capace. La serie televisiva, al debutto su Sky Atlantic nella prima serata di lunedì 6 luglio, ha la propria ragion d'essere nella morte di Finn Wallace, il boss malavitoso che per 20 anni ha presieduto la criminalità organizzata londinese. Wallace è stato ammazzato come un cane. Due colpi d'arma da fuoco gli hanno perforato il cervello, poi il torace. Ma l'omicidio e il raccoglimento religioso che ne è seguito hanno finito per essere il pretesto di altro: di una lotta tra gang, le cui prime avvisaglie si hanno il giorno del funerale. Il giorno in cui Sean Wallace, figlio del boss, impone ai delinquenti suoi sottoposti di interrompere ogni intrallazzo. Dovrebbe essere una punizione e, insieme, uno sprone a cercare la verità. Il piccolo Wallace, che i soci del padre credono essere un omuncolo viziato e incapace («Sarebbe disposto a radere al suolo l'intera Londra solo per dimostrare di essere un uomo», si dicono l'uno con l'altro), si dice determinato a scoprire chi abbia avuto il fegato di sparare al boss. Chi abbia premuto il grilletto e perché. «Albanesi», gli risponde la polizia corrotta, mentre fuori dalla chiesa una delegazione di criminali balcanici - rappresentati, grottescamente, con un eccesso di tute di acetato e nasi adunchi - giunge a porgere le proprie condoglianze. È un'apologia non richiesta, la loro. Si professano innocenti. «Non abbiamo sparato noi a Wallace. Avevamo buoni affari», giurano, facendosi motore di un'azione lunga quant'è lunga la serie.Gangs of London, diversamente da Gomorra, non ha pretese documentaristiche. Non ci sono lunghi minuti di silenzio né monologhi atti a spiegare quanto orgoglio, quanto onore e quanta cultura pseudo familiare aleggino nell'aria di Scampia. Gangs of London è un thriller frenetico, dove agli attori, prima della recitazione, è chiesta l'abilità di esibirsi in capriole, salti, in scontri uomo a uomo, la cui violenza ha un che di cinematografico. La serie televisiva non ripercorre pedissequamente la realtà. La romanza. E il risultato è una gioia per gli occhi - se di gioia è dato parlare davanti a una tale spettacolarizzazione delle brutture umane. Sul sagrato della chiesa, dove ogni criminale non piange Wallace, ma la chiusura di porti e traffici, è un disgraziato di basso rango a dare il via alle danze. È un pub, il primo teatro della mattanza. Elliot Finch, il volto teso di Sope Dirisu, aggredisce l'intera delegazione di albanesi. Senza armi. All'apparenza, senza speranza. Armato solo di una freccetta e animato dalla fame di potere che sa derivare dal proprio successo, costringe la banda a confessare di aver rapito un tale di nome Jack, autista del boss ormai morto. Lo avrebbero trovato sul ciglio di una strada, poco lontano dal luogo dell'omicidio. Moribondo, sarebbe stato salvato dagli albanesi che, anziché riconsegnarlo ai Wallace, avrebbero deciso di segregarlo in uno scantinato umido, uno dei tanti sparsi per il quartiere di Londra che prende il nome di Little Albania. Elliot Finch, le cui gesta rievocano le più grandi epopee americane, le imprese scanzonate di Chuck Norris e l'eroismo patriottico di Clint Eastwood, riesce presto a liberare Jack, estorcendogli un primo ricordo della tragica serata. Sarebbero stati gli zingari a uccidere Wallace, e questo Finch riferisce all'erede dell'immenso impero criminoso che si estende nel sottobosco di Londra, dando vita ad un intreccio di trame e bande, dove sono i gipsy gallesi e la mafia albanese, gli irlandesi e i signori della droga pakistani, dove organizzazioni curde e dinastie africane a controllare i traffici della capitale. «Figli bastardi dell'impero britannico», le gang, nel loro continuo sovrapporsi, restituiscono uno spaccato inedito di Londra. Ed è così che la città magnifica, di cui la televisione ha restituito sempre un'immagine dorata, di grandeur economia e sociale, si trasforma nell'anfratto buio nel quale strisciano uomini senz'anima, pronti con un machete tra le mani a fare a pezzi i propri figli. Gangs of London, che gli inglesi hanno detto poter essere degna erede di quel che Martin Scorsese ha raccontato in Quei Bravi Ragazzi, non è figlia dell'America o di Gomorra. È figlia di Top Boy e di Peaky Blinders, di una tradizione criminale di cui Joe Cole, Sean Wallace in Gangs of London, John Shleby nell'ultima delle due serie sopra citate, sembra essere ormai rappresentate esclusivo.
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