2021-05-29
Causa Rcs-Blackstone: Marchetti appesantisce la posizione di Cairo
Piergaetano Marchetti (Ansa)
Le accuse di usura sulla vendita di via Solferino smontate dal capo di Fondazione Corriere: «Cattivo affare e basta».Dopo la richiesta di archiviazione da parte della Procura di Milano per le accuse di usura a carico di Blackstone nella vendita degli immobili di Rcs mediagroup, e dopo la decisione del collegio arbitrale di rigettare le istanze del gruppo di Urbano Cairo, si fa sempre più difficile la situazione del proprietario di La7 e del Torino. Il rischio che la causa di New York vada in porto, con una richiesta di danni da parte del gruppo immobiliare americano di almeno 600 milioni di dollari, si avvicina. Non a caso rimbalzano le notizie sul fatto che Consob potrebbe presto imporre a Rcs di fare gli accantonamenti necessari per far fronte a questa cifra che andrà a impattare sul conto economico. È evidente che si cercherà una mediazione.Allo stesso tempo, come anticipato da Mf la scorsa settimana, è stato presentato un atto di opposizione contro la decisione della Procura. Eppure nel loro decreto di archiviazione i procuratori Laura Pedio e Andrea Fraioli erano stati molto chiari. Avevano rilevato «riserve» sulle tempistiche e le condizioni economiche dell'operazione, ma allo stesso tempo non avevano ravvisato casi di usura. Del resto l'architrave delle indagini fu la testimonianza di Piergaetano Marchetti, sentito dai magistrati l'11 luglio del 2019. Marchetti non è un nome qualunque nel panorama del potere economico e politico italiano. Preferisce essere chiamato arbitro invece che uomo di potere, sta di fatto che da più di 20 anni «abita» in via Solferino, prima da consigliere di amministrazione di Rcs e ora come presidente della Fondazione del Corriere. È il notaio per eccellenza, quello che quando Carlo Azeglio Ciampi era presidente del Consiglio e Mario Draghi direttore generale del Tesoro, fu scelto nel comitato privatizzazioni. Nell'estate del 2019 la Procura di Milano ha deciso di aprire un'inchiesta per presunta usura sulla cessione della sede storica del Corriere della Sera, in via Solferino 28 a Milano, al gruppo americano Blackstone per 120 milioni di euro, poi riaffittata alla stessa Rcs a un canone di 10,4 milioni circa l'anno. L'esposto è stato presentato da un piccolo azionista, Paolo Francia. Nel giugno di quell'anno i militari del nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano si presentarono in sede e acquisirono i documenti sul passaggio di proprietà della sede avvenuto nel 2013. Contro la vendita degli immobili si schierarono i giornalisti e lo stesso Cairo, allora azionista di minoranza al 2,7%, prima di raggiungere il 60% dell'intero capitale sociale con la scalata partita nell'aprile 2016. Tra i più critici ci fu lo stesso Marchetti che nel 2013 faceva parte del cda che il 5 novembre approvò «a maggioranza la vendita a del Blackstone dell'intero complesso immobiliare di via San Marco e vis Solferino» sede storica del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport. Ebbene, di fronte ai magistrati che nel luglio del 2019 chiedevano conto a Marchetti di possibili reati di usura da parte di Blackstone, il notaio è stato chiaro. «Io l'ho vissuta come un cattivo affare e basta». Del resto nel novembre del 2013 il cda si era limitato a ratificare una decisione che era stata presa dopo una gara tra la stessa Blackstone e Hines, all'epoca di Manfredi Catella. Era agosto. E a spuntarla con l'offerta da 120 milioni di euro furono gli americani. L'operazione fu dannosa secondo Marchetti, ma non c'erano rilievi di usura. «Vendere Solferino significava impoverire senza avere una contropartita essenziale. Non c'è stato fairness. Prima dicevano solo San Marco poi anche Solferino. Ho giudicato i prezzi sempre troppo bassi». Se qualcuno aveva sbagliato semmai era l'allora ad Pietro Scott Jovane. «Io non mi sentivo e noi non ci sentivamo amministratori di una società decotta o quasi». Anzi, «per me vendere Solferino non era assolutamente necessario per risanare l'azienda. Onestamente non credo che queste vendite condizionassero l'esistenza di Rcs. Le vendite non erano necessarie per far uscire Rcs dalle difficoltà. Dopo l'aumento di capitale ritenevo che ormai la società fosse in sostanziale sicurezza. Non si viveva come mangia questa minestra o cadi dalla finestra».