2022-11-08
Dal caso 25 aprile a San Patrignano. I compagni l’hanno sempre insultata
Letizia Moratti con il padre, contestata durante il corteo del 25 aprile 2006 (Ansa)
Cacciata dal corteo assieme al padre. Scuola e Cgil fecero le barricate per la sua riforma.L’amore della sinistra per Letizia Moratti è tutto in una foto. Milano, 25 aprile 2006. Lei ministro dell’Istruzione in impermeabile Burberry spinge la sedia a rotelle sulla quale è seduto papà Paolo, partigiano deportato a Dachau. Riconosciuta l’amorevole crocerossina, gli ultrà con bandiera rossa la minacciano e la insultano per il ruolo nel secondo governo Berlusconi, e in vista di piazza del Duomo la costringono a uscire dalla manifestazione come un’imbucata. Si fa presto a dire «è cambiato lo scenario» e fare gli occhi dolci a Carlo Calenda. La tua storia ti accompagna, ti pedina e diventa una scomoda pietra di paragone. Quel giorno della vergogna (per chi la cacciò dalla celebrazione) non è mai passato. Allora la colpa era d’aveva firmato una riforma della Scuola che - guardacaso - intendeva premiare il merito in cattedra e fra i banchi. La reazione di un mondo cristallizzato nella comfort zone sindacal-sessantottina fu feroce. La sinistra portò in piazza anche i bambini con tre slogan: «Moratti, Moratti, ti serve una lezione. Lo sai da dove inizia? Dalla Costituzione». «Ministro Moratti, va dietro la lavagna, così tutta l’Italia ci guadagna». «Moratti chiudi quella bocca, la scuola pubblica non si tocca». A scandirli c’era il gotha del futuro Pd: Walter Veltroni, Giovanna Melandri, il segretario Cgil Guglielmo Epifani, Piero Fassino, Francesco Rutelli. Più a sinistra il complottismo imperava e la «miliardaria con la scuola privata nel cuore» veniva accusata di voler intraprendere una crociata clerico-fascista contro l’evoluzionismo darwiniano. Il sistema informativo non l’ha mai sopportata e solo l’amicizia con qualche direttore l’ha salvata dal rogo mediatico (anche durante la campagna vaccinale). Il suo passaggio in Rai come presidente (1994) fu bollato dai giornalisti come «un periodo oscuro, caratterizzato da un clima irrespirabile». Le redazioni che oggi usano i violini per accoglierla nel Terzo Polo entrarono in guerra subito contro di lei, che da manager pragmatica aveva attaccato «la casta che guadagna troppo, fonte di sprechi. E poi sono tutti graduati». Colei che sarebbe diventata ad di Newscorp Europe, voluta espressamente da Rupert Murdoch, non poteva piacere al generone.C’eravamo tanto odiati. Fino all’altroieri lady Moratti era impresentabile anche ai riformisti per un altro motivo: da finanziatrice di San Patrignano ha sempre combattuto contro la filosofia dem dello spinello libero. Il giorno in cui fu nominata ambasciatrice dell’Onu contro la droga e il crimine è segnato per sempre sul calendario degli orrori dai campioni del progressismo etico. Ora le fanno la corte, ma a Milano l’unica Moratti sdoganata dai centri sociali guidati da Pierfrancesco Majorino rimane la cognata Milly, affezionata a Rifondazione comunista, simbolo del colonialismo compassionevole del Municipio 1. Quando, nella campagna elettorale milanese del 2011, praticamente accusò il competitor Giuliano Pisapia d’essere «un ladro d’auto», fu presa a schiaffi dall’allora segretario piddino Pier Luigi Bersani: «Il sindaco Moratti ha estratto la pistola e si è sparata sui piedi ma questa arroganza la pagherà». Ed Emanuele Fiano a ruota: «Ormai tra lei e Berlusconi non c’è più nessuna differenza. Ha imparato dal suo capo-padrone, ha rubato a Milano cinque anni di sviluppo e di buon governo».Assessore alla Sanità regionale durante la pandemia, era considerata il male dall’Ordine dei medici più a sinistra del pianeta. Quando disse che la distribuzione dei vaccini andava calibrata tenendo conto di «densità abitativa, mobilità, pil e diffusione del virus» fu accusata di voler lasciare senza dosi i poveri. Vincenzo De Luca commentò: «Quella donna ci porta a un passo dalla barbarie». Ora in cambio di qualche voto (e perché no, qualche finanziamento) le insegneranno a cantare Bella Ciao.