Chiariamo una cosa: Letizia Moratti non ha alcuna seria possibilità di vincere le elezioni regionali lombarde. E anche se i sondaggisti ingaggiati dall’ex sindaco di Milano dicono il contrario, a testimoniare l’assenza di possibilità ci sono i numeri. A cui chiunque solleciti la candidatura con la sinistra di colei che per anni si è candidata con il centrodestra ovviamente evita di fare riferimento.
Carlo De Benedetti sproloquia in un’intervista al Corriere, dicendo che il Pd dovrebbe acchiappare al volo l’offerta dell’ex vice di Attilio Fontana. «Con Moratti il Partito democratico potrebbe farcela», ha sentenziato dopo aver rovesciato sul governo di Giorgia Meloni tutta la bile e la supponenza che aveva in corpo. Fortuna che, dal Banco Ambrosiano alle tangenti sui telex delle Poste, per finire con Sorgenia e l’addio a Repubblica e relativa lite in famiglia, l’Ingegnere non ci abbia mai preso, e anche se si atteggia a statista illuminato, ha il fiuto politico di un cetaceo. Con lui, a sollecitare la scelta di Moratti c’è il quartierino dell’intellighenzia milanese, tendenza Ztl: dalla ginecologa Alessandra Kustermann al sociologo Nando Dalla Chiesa, dall’archistar Fabio Novembre all’arcisnob Natalia Aspesi. Tutti animati dalla stessa identica voglia di una rivincita dopo la sconfitta alle politiche. Rovesciare il dominio del centrodestra sulla più importante e popolosa regione del Paese significherebbe, come ha spiegato De Benedetti, rovesciare il governo, perché secondo loro, se perdesse la Lombardia, Matteo Salvini perderebbe la guida della Lega e gli effetti arriverebbero fino a Roma. Teoria strampalata (non si capisce perché il fu Carroccio dovrebbe togliere l’appoggio a Giorgia Meloni se gli elettori lo togliessero al centrodestra in Lombardia: i Tafazzi di solito sono a sinistra), che oltre a essere bizzarra non tiene conto dei dati di fatto, ossia delle forze in campo.
A spiegarlo ci ha pensato Luigi Corbani, un passato da vicesindaco di Milano al fianco di Paolo Pillitteri, da assessore regionale in quota Pds, e una robusta esperienza nella corrente migliorista del Pci, dunque non sospettabile di intelligenza con il nemico. Corbani ha messo in fila i numeri, setacciando le elezioni degli ultimi vent’anni. Si parte con i risultati conseguiti da Letizia Moratti quando si candidò alla guida del capoluogo meneghino. Nel 2006, contro il prefetto Bruno Ferrante, Moratti vinse con quasi 34.000 voti in più; nel 2011, contro Giuliano Pisapia, perse con 42.000 voti in meno. Di solito, i sindaci uscenti hanno un vantaggio che lo sfidante non ha, ma nel caso dell’ex ministro dell’Istruzione, nonostante fosse riuscita a portare l’Expo a Milano, il beneficio di aver governato per cinque anni la città non ci fu. Anzi, ci fu lo svantaggio. Infatti, Pisapia prese 4.000 voti meno di Ferrante, ma Moratti riuscì a perderne 75.000 rispetto al 2006. In altre parole, non fu Pisapia a vincere: fu l’ex sindaca a perdere.
Ciò detto, guardiamo i risultati delle ultime politiche. In Lombardia, il centrodestra ha conquistato il 51 per cento, ottenendo 2 milioni e 560.000 voti, ovvero 1,2 milioni in più del centrosinistra e 2 milioni più del Terzo polo, mentre i 5 stelle si sono fermati sotto i 380.000 voti. In pratica, se anche tutta la sinistra e il Terzo polo si unissero dietro a Moratti mancherebbero circa 700.000 voti. E anche sommando i 5 stelle, per vincere servirebbero ancora più di 300.000 voti. È credibile un’ammucchiata che veda Calenda, Conte, Letta e Fratoianni uniti per battere, con Letizia Moratti, il centrodestra? Ovviamente no. E non solo perché l’ex sindaca è stata fino a ieri assessore della giunta lombarda guidata da Attilio Fontana e, per quanto stia cercando di tingere di rosso il suo passato, per lei parla il suo curriculum politico e familiare. Ma anche perché l’unità politica della rissosa compagnia di giro che ruota intorno ai «progressisti» è impossibile. Non a caso, per evitare una scissione in Lombardia, il Pd ha puntato su Francesco Majorino, europarlamentare milanese che, pur avendo tutte le carte in regola per perdere, è in grado di evitare le divisioni interne.
E allora? Se Moratti non ha alcuna possibilità di vincere, che senso ha parlarne? La risposta è semplice: la candidatura dell’ex sindaca è nata, oltre che per l’ambizione (legittima) della signora, per il desiderio di quella coppia di guastatori che risponde al nome di Calenda e Renzi, i quali mirano a fare più danni possibili nel campo di centrosinistra. Infatti, di guai già se ne intravedono. E De Benedetti, Kustermann, Aspesi e compagnia bella? Beh, quelli vedono il mondo dall’alto del loro complesso di superiorità e dunque faticano a comprenderlo. Sono convinti di essere i migliori ed è per questo che da anni gli italiani non li sopportano.




