2020-12-28
Case farmaceutiche blindate negli Usa. L’Europa ancora tace
Le clausole dei contratti firmati dalla Commissione sono state secretate, plausibile che i produttori abbiano uno scudo penale.Vaccinarsi contro il Covid, costi quel che costi. Nonostante l'Organizzazione mondiale della sanità si sia premurata più volte di avvisare che questa soluzione non rappresenterà la panacea, quantomeno nel breve e medio periodo, in ogni angolo del globo i Paesi si sono organizzati per ottenere il maggiore quantitativo possibile di dosi dell'ambitissimo farmaco. Dall'inizio dell'anno a oggi, Big Pharma ha ricevuto miliardi di dollari di finanziamenti per sviluppare la formula vincente. Solo negli Stati Uniti, l'operazione Warp Speed della Casa Bianca ha pompato nelle casse delle case farmaceutiche la bellezza di 8,9 miliardi di dollari (circa 7,2 miliardi di euro): 2,48 miliardi a Moderna; 2,1 miliardi a Sanofi-Gsk, ma il vaccino non arriverà prima del 2022; 1,6 miliardi a Novavax; 1,45 miliardi a Johnson&Johnson; 1,2 miliardi ad Astrazeneca, i cui risultanti però non sono incoraggianti; infine, 38 milioni di dollari a Merck.Questa pandemia ha causato più di 1 milione e mezzo di morti e causato la perdita di milioni di posti di lavoro, facendo sprofondare il mondo civilizzato in una crisi senza precedenti. Un vaccino funzionante rappresenta indubbiamente l'unica strada per riportare le nostre vite alla normalità. Tuttavia, la necessità di ottenerlo in tempi brevi ha inevitabilmente compresso i tempi della sperimentazione. Stando all'Istituto superiore di sanità la cosiddetta «fase 3», cioè quella in cui il «prodotto in studio viene somministrato a un numero assai più elevato di pazienti (migliaia)» rispetto alle due fasi precedenti, normalmente dura dai 2 ai 4 anni. Nel caso del coronavirus, questo step è durato appena una manciata di mesi. Se da un lato questa accelerazione non crea particolari problemi dal punto di vista dell'efficacia del vaccino, d'altro canto solleva particolari incognite circa la sua sicurezza. Più estesa e approfondita risulta la fase 3, infatti, più risulta probabile «identificare reazioni avverse al farmaco più rare di quelle già note».Nel caso del vaccino contro il Covid, questo aspetto riveste particolare importanza dal momento che ci si aspetta che gran parte della popolazione mondiale riceverà il vaccino. Gli esperti dicono che la probabilità di avere una reazione allergica grave è circa di 1 caso su 1 milione: anche ipotizzando che a metà degli abitanti del globo venga somministrato il farmaco, parliamo di 3.500 casi. Secondo i primi dati disponibili per il vaccino Pfizer-Biontech, però, la percentuale sale: sulle prime 250.000 vaccinazioni si sono verificate già 6 reazioni allergiche gravi, cioè circa 24 su 1 milione. Rapportate su scala globale, saliamo già a più di 80.000 casi. Senza parlare della possibilità di incorrere in altri effetti collaterali di una certa importanza.Quali tutele avranno le persone che incorreranno in un danno da vaccino contro il Covid? La situazione varia in base al Paese di appartenenza. Nel caso degli Stati Uniti, il «Prep act» conferisce di fatto un'immunità totale alle case farmaceutiche. Tradotto, in caso di effetti collaterali gravi i cittadini americani non potranno fare causa a Big Pharma per avere un risarcimento. Per prassi, i danneggiati da vaccino fanno appello al National vaccine injury compensation program (Vicp). Finanziato dal governo federale, dal 2006 al 2018 il Vicp ha risarcito circa 5.300 posizioni, mentre dal 1988 sono stati 7.700 i ricorsi accolti per una spesa totale pari a 4,4 miliardi di dollari. Ma sotto il Prep act esiste un programma apposito per i risarcimenti chiamato Countermeasures injury compensation program (Cicp), attivo dal 2010, che offre un assegno di 50.000 dollari l'anno come rimborso per la perdita di reddito e le spese mediche non coperte dall'assicurazione. Nessun ristoro viene previsto, invece, per le spese legali e per i danni morali. Come se non bastasse, gli esperti interpellati di recente dalla Cnbc sostengono che accedere al fondo è «estremamente difficile»: su un totale di 499 richieste, appena 29 reclami sono stati accolti per un totale di 6 milioni di euro.Passando al Regno Unito, primo Paese al mondo ad autorizzare il vaccino Pfizer-Biontech, il National health system ha fatto sapere che i danneggiati potranno fare appello al Vaccine damae payment, il quale offre un contributo di 120.000 sterline (poco più di 130.000 euro), tra l'altro una tantum. Che dire dell'Unione europea? Le clausole dei contratti firmati dalla Commissione sono state secretate, anche se è plausibile ipotizzare che le case farmaceutiche abbiano ottenuto la garanzia di uno scudo penale. In assenza di una legislazione comunitaria, la palla passa dunque ai singoli Stati membri. Nel caso dell'Italia, la legge garantisce il diritto al riconoscimento dell'indennizzo solo in caso di vaccinazione obbligatoria (anche se una recente sentenza della Corte costituzionale ha aperto a quelle raccomandate), e pare proprio che quella contro il Covid sarà facoltativa. Si rischia perciò di sprofondare in un limbo normativo, nel quale i cittadini oltre al danno finirebbero per subire anche la beffa.
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