2020-06-10
Cartabia, la corsa al Colle fa tappa in Bocconi
Marta Cartabia (Massimo Di Vita, Mondadori Portfolio via Getty Images)
La giurista ha in mente una road map per salire fino al Quirinale. A settembre, scaduto il mandato alla Consulta, pit stop all'ateneo guidato da Mario Monti. In attesa di defenestrare Giuseppe Conte nel 2021 e guidare un governo istituzionale. Trampolino per il salto carpiato finalePer chi aspira al più alto scranno della Repubblica, la scalata al Colle è già cominciata. Sarà una marcia accidentata, dall'esito incerto: uno su 1.000 ce la fa. Ma c'è chi, anziché ascendere per entrare al Quirinale dovrebbe solo attraversare la strada: il presidente della Corte costituzionale, Marta Cartabia. Tra un podcast e un libro (il prossimo, Un'altra storia inizia qui, scritto con il criminologo Adolfo Ceretti, è in uscita per Bompiani), lei, sbirciando dalle finestre della Consulta, può contemplare quella che potrebbe diventare, dal 2022, la sua dimora. La giurista, inseguita dai retroscena, un mese fa si schermiva: «È assolutamente inappropriato» attribuire «alla presidente della Corte costituzionale l'intendimento di scendere nell'agone politico». Sarà. Se però la Cartabia è quella che a settembre concluderà il novennio in toga, il discorso cambia. Tant'è che la presidente più «pop» della storia della Corte starebbe lavorando a un viaggio a tappe verso il 2022: da una cattedra alla Bocconi, passando per Palazzo Chigi, fino al Colle.La Verità lo aveva anticipato: in attesa che si apra ufficialmente la partita per la successione a Sergio Mattarella, alla Cartabia farebbe comodo un transito accademico, dopo che gli impegni istituzionali l'hanno allontanata dall'insegnamento di diritto costituzionale alla Bicocca di Milano. Ieri, l'ateneo meneghino ha pubblicato un bando: al dipartimento di giurisprudenza serve un prof di prima fascia che copra i settori disciplinari Ius/08 (diritto costituzionale, appunto) e Ius/09 (istituzioni di diritto pubblico). Ma se per la docente in aspettativa si chiudesse quella porta, s'aprirebbe un portone: una cattedra alla Bocconi. Magari come visiting professor, o con un contratto privato.Da uno dei piani alti dell'università non arrivano né conferme né smentite: «Non sono in grado di commentare questa notizia, anzi, ho sbagliato a rispondere al telefono, anche se lei è adorabile». Laconicamente, ci viene spiegato che la decisione spetterebbe al rettore, Gianmario Verona, e non al presidente dell'ateneo, Mario Monti, che invece sarebbe il più zelante sostenitore della Cartabia e il principale sponsor dell'operazione. Da svolgersi con tutti i crismi, sia chiaro: nessuna irregolarità in vista. In fondo, la parentesi fungerebbe essenzialmente da camera di decantazione per la riserva della Repubblica. È a questo punto che scatterebbe la fase 2 del piano della Cartabia: sostituire Giuseppe Conte.Che l'avvocato del popolo non sia più gradito all'establishment, era chiaro: l'ha criticato ferocemente il king maker della giurista, Sabino Cassese, peraltro esegeta semiufficiale degli umori del Colle. È stato lo stesso presidente della Corte a rimbrottarlo, durante il lockdown, suscitando così la reazione dei 5 stelle, ai quali La Stampa ha attribuito un virgolettato eloquente: «Si scordi il Quirinale». Il punto è che, nonostante l'accozzaglia giallorossa sia politicamente esausta, Mattarella sa di non poter liquidare Giuseppi. Non prima che la pandemia sia alle spalle e che l'approssimarsi del semestre bianco gli precluda l'ipotesi di urne anticipate. Sarà il 2021, dunque, l'anno della svolta: nei disegni della Cartabia sarebbero previsti l'uscita di scena dell'attuale premier e un esecutivo di unità nazionale, in quella fase irrinunciabile, ma non guidato da Mario Draghi. Sul quale, ormai, è piovuto lo stigma dell'endorsement leghista. Per traghettare il Paese, sarebbe funzionale il profilo della Cartabia: di Comunione e liberazione ma senza che alla Corte se ne sia accorto qualcuno (così commentò un suo collega di sinistra), gradita a Matteo Renzi ma priva di un'affiliazione partitica, comunque dotata delle indispensabili credenziali europeiste.È qui che il progetto si fa ardito, perché non è mai capitato a un presidente del Consiglio in carica di essere eletto capo dello Stato. Si tratterebbe, per la Cartabia, di sfondare un altro soffitto di cristallo: prima donna al vertice della Consulta, prima premier, primo presidente della Repubblica, prima persona a passare da Chigi al Quirinale. Non che manchino le condizioni storiche per simili record: in fondo, l'impasse del sistema dei partiti ha già partorito, nel 2013, un fino ad allora inedito bis di Giorgio Napolitano. È proprio quel precedente, paradossalmente, a costituire il più grande rischio per la giurista lombarda: è in ottimi rapporti con Mattarella, però un suo secondo mandato equivarrebbe, per lei, a un treno perso. Così come diventa fondamentale che non sfugga un'altra variabile: la tenuta di Conte fino all'anno prossimo.Per il momento, a dispetto delle schermaglie, nessuno ha interesse a disfarsene: non il Pd, in calo di gradimento, privo di una leadership, da mesi ostaggio del Bullo; non Italia viva, visti i sondaggi; non i grillini, disperatamente attaccati alle poltrone. Tuttavia, in una situazione in cui ognuno gioca una partita solitaria, un battito d'ali di Rocco Casalino può provocare uno tsunami nei sogni della Cartabia.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)